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Una risata ci seppellirà

Creato il 18 marzo 2012 da Albertocapece

Una risata ci seppelliràRosella Roselli per il Simplicissimus

Si sono conclusi ieri i festeggiamenti per il 150° dell’Unità d’Italia. E forse è il momento di fare un bilancio, per quanto probabilmente inesatto e parziale. Come ho già detto ho difficoltà ad elaborare dati e informazioni in modo analitico, ma godo del punto di osservazione privilegiato del mio balconcino affacciato sulla periferia romana. Dal primo piano della mia casa in affitto vedo passare gente con lo sguardo sempre più cupo. Troppo pochi i giornali e i libri fra le mani, troppi i giovani sfaccendati i giro a metà mattina che osservo quando, raramente, mi capita per qualche motivo di non andare a lavorare; molti i sacchetti della spesa con il logo dei triscount al braccio delle donne e moltissimi anziani, sempre più malandati, che percorrono senza scopo l’ampio spartitraffico, attrezzato con giochi per bimbi e pista ciclabile pochissimo utilizzati, che separa due schiere di palazzoni in questo immenso quartiere dormitorio in cui vivo.

Mi piace fare colazione al bar la mattina presto, un’abitudine che non so perdere a dispetto del fatto che non potrei più permettermela così come la lettura del giornale di carta, e lo scambio di qualche battuta con altri avventori mattinieri, per lo più studenti della vicina università di Tor Vergata, impiegati del Catasto che è a due passi, pensionati insonni.
Si discute di lezioni e di orari, di stanze affittate in nero, si commentano, ognuno con la sua copia di giornale – molta la free press – i principali fatti di politica o le trasmissioni viste in tivvù. E anche delle partite di pallone, disputate in differita ai tavoli degli anziani più agguerriti. I bar più che i ristoranti, a Roma sono molto affollati, ancor più in questo esplosivo inizio di primavera. La vita piccola dei tavolini di fuori è forse l’unica forma ormai possibile di resistenza.
Quasi tutti si lamentano. Non piaceva la deriva pecoreccia e sprecona che dominava l’Italia fino alla caduta di Berlusconi lo scorso dicembre. Non piace il nuovo governo Monti, la sgradita l’imposizione di nuove tasse, conti in banca, controlli, l’innalzamento quasi impossibile dell’età pensionabile, l’irrefrenabile ascesa del costo dei carburanti e dei prezzi in genere, la rinnovata intoccabilità di troppi privilegi.

E nei discorsi prevale ormai il qualunquismo, la convinzione ormai irrevocabile di essere senza più alcuna rappresentanza né possibilità di contrattazione, la constatazione dell’inutilità di tante iniziative locali per contrastare tra difficoltà sempre maggiori le troppa indifferenza. La resa. E la disperazione, talvolta.
Emerge drammaticamente la distanza tra coloro che gestiscono il potere politico e i cittadini normali, relegati in un ruolo sempre meno decisivo, impotenti e allibiti al cospetto degli abusi e delle ruberie commessi da questo o quel partito -o esponente di partito – che ormai sono l’unica cosa che davvero unisce il Paese, dal nord al sud.
Proprio ieri il presidente del Consiglio Monti, in visita lampo all’Aquila, pur non mostrando eccessivo sgomento, ha dovuto ammettere di non essere al corrente della situazione della città, delle sue macerie, del nulla che è stato fatto per consentire quanto meno l’inizio di una ricostruzione a fronte di un ladrocinio perpetrato ai danni di una città devastata, così, ancora una volta, da altre promesse che non avranno seguito nonostanze l’impegno di tanti cittadini.
Lo stesso ha fatto Napolitano, nella cornice sobria ma non troppo dell’evento a chiusura dei festeggiamenti per l’Unità d’Italia. E mi chiedo cosa ci sia da festeggiare se il capo dello Stato si trova ancora una volta a dover constatare, e rivolgere moniti formalmente accorati e forse proprio per questo inascoltati a coloro che indegnamente ci rappresentano, comportamenti ormai sprezzanti di ogni regola, protetti da sentenze incomprensibili, sostenuti da apparati di affari e di potere indistruttibili.

Prevale lo sconforto che annega la rabbia nell’impotenza o nella violenza, a volte, la sensazione che saremo presto ineluttabilmente sepolti dalle macerie di un sistema marcito nelle sue fondamenta che ci sta ormai crollando addosso.
A suggello di un anno impossibile resta la scelta cinica e quasi macabra, durante la cerimonia di chiusura del 150°, di affidare all’ex comico Benigni l’intervento al quale i media hanno voluto dare un amplissimo risalto. Il messaggio intrinseco è ormai chiaro: una risata CI seppellirà. Non ci resta che vendere cara la nostra pelle.


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