Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
FEMEN 03/07/2012 Le fonti antiche sono discordi, ma quel che è certo è che le Amazzoni avevano un rapporto in qualche modo speciale con le loro tette; e che venivano dalla Scizia, l’odierna Ucraina. Non è assolutamente un caso, quindi, che il movimento Femen sia sorto sulle terre bagnate dal Dnepr. Peccato che le cosacche abbiano perso quel tocco selvatico che all’inizio delle loro imprese ispirava simpatia. Adottate dalla parte più fatua dell’opinione pubblica occidentale, sono diventate una multinazionale, il cui scopo è esserci, sempre e comunque, da qualunque parte e per qualsiasi nobile, democratico e noiosissimo motivo. Ieri giocavano in casa, davanti allo stadio di Kiev, per protestare contro la presenza del ducetto bielorusso Lukashenko, armate di manganelli solo per rendere più pittoresca e sapiente la pantomima inscenata da cinque ragazze, ognuna fornita di quella figura smilza e flessuosa che la natura distribuisce indistintamente, con democratica generosità, a tutte le femmine del creato, intorno ad una cicciona imponente nelle vesti poppute, oscene e mezzo hitleriane del dittatore. A completare la sceneggiata sono arrivati loro, i poveri poliziotti, i figli del popolo di pasoliniana memoria, rassegnati a recitare in mondovisione la parte dei bruti, o meglio, dei coglioni, senza neanche poter togliersi la soddisfazione di torcere un solo capello – uno solo! - a nessuna di queste bellezze.
RICHARD BRANSON 04/07/2012 Nuova impresa del boss della Virgin: a 61 anni è diventata la persona più anziana ad aver attraversato la Manica in kitesurf. Si capisce che Richard l’ha fatto principalmente non perché gli piaccia il surf, non perché gli piaccia copulare serenamente con Madre Natura e svolazzare tra le onde come un autentico figlio del Pacifico, ma perché c’era un record da battere. Un record della minchia, d’accordo, ma sempre un record. E’ comunque consolante per l’invidioso uomo della strada, diciamo il panzone con la bici da corsa da diecimila euro che mai e poi mai si abbasserà a toccare l’asfalto di una pista ciclabile, scoprire che anche certi miliardari, esattamente come lui, non sanno divertirsi senza avvelenare il piacere con uno spirito agonistico da babbei.
RICCARDO GARRONE 04/07/2012 Nel calcio l’importante è vincere. Soprattutto in Italia. Da noi chi vince ha sempre ragione. Nel nostro bel paese il giornalista che si occupa di calcio, non credendo a niente e non vedendo niente, sovrabbonda con aria di chi la sa lunga su un mucchio di dettagli del kaiser e si allena quotidianamente a spiegare col senno di poi la sacrosanta giustezza delle vittorie. E delle sconfitte. A parlare sono le sentenze del campo. Questo ridicolo giustizialismo sportivo è in fondo figlio della superstizione: la ragione, e pure il machiavellismo, vorrebbe che ogni tanto si potesse parlare tranquillamente di fortuna, di caso. In Italia non è concesso. Con aria dottorale vincono credenze barbariche, che sono poi sorelle dell’inciviltà sugli spalti e della fiducia nelle proprietà miracolistiche di quel calciomercato il cui chiasso tedioso ci scassa gli orecchi ormai tutto l’anno. Si capisce allora perché questo mondo, quando si prende una vacanza dalla sua meschinità, magari perché il Presidente della Repubblica e pure quello del Consiglio sono andati nel pallone con patriottismo deamicisiano e ci si sente in dovere di seguire un così illustre esempio, tenda a indulgere, a parole, in romanticherie di segno opposto: «Il calcio» ha detto ieri, per esempio, un nuovo grande amico dell’umanità, il presidente della Samp, «è un grande esempio di capacità di integrazione e quindi è palcoscenico educativo e può avere un altissimo valore sociale». A riprova della sua serietà bisogna però dire che, lui, ad un allenatore vincente, che per miracolo gli ha riportato la squadra nella massima serie, ha appena dato il benservito. Bravo. Ma esagerato. Su ragazzi, rilassiamoci: est modus in rebus.
MARIO MONTI 05/07/2012 Non vogliamo mettere in dubbio che l’europeismo sia un nobilissimo sentimento. Ma vorremmo suggerire ai suoi cantori di essere coerenti in tutte le occasioni. Il Presidente del Consiglio, per esempio, s’incontra a Roma con la prima della classe e senza perder tempo si affanna a mettere in chiaro che l’Italia non sta nei banchi dell’ultima fila, quella degli zucconi: «L’Italia non ha bisogno di sostegni e non fa domanda per utilizzare i meccanismi di aiuto esistenti in Ue» dice, «perché fortunatamente non si trova nelle condizioni in cui si trovavano Grecia, Irlanda e Portogallo» Ma bravo! Che stoffa da leader! Primo, è una cosa pochissimo elegante e ben poco assennata politicamente smarcarsi dai confratelli più sfortunati del nostro amato continente, che tanto vogliamo coeso, e solidale, e sostenibile, e magnanimo! Secondo, queste roboanti attestazioni di autosufficienza fanno subito pensare al peggio. E soprattutto terzo – facciamo gli scongiuri – portano sistematicamente jella.
GLI INGLESI 06/07/2012 Ai tempi di Shakespeare i Britons erano ancora un popolo normale. Nella sferica umanità o disumanità dei personaggi creati dal Bardo ancora ci riconosciamo. Poi è successo qualcosa: sono caduti nel puritanesimo, che è una malattia nefanda e terribile. Per non morire puritani senza tornare all’ovile cattolico hanno partorito la democrazia moderna, che ha dato loro la gloria oltre che, s’intende, l’impero. Ma lo sforzo è stato immenso e li ha lasciati umanamente come ingobbiti. Soprattutto in tema di sesso, dove tutti – perfino i giapponesi, il che è tutto dire – li hanno sempre visti strani. Adesso, per esempio, si sono incapricciati in massa di un libraccio che celebra il «sesso estremo» e il sadomasochismo nella relazione fra una studentessa ventunenne ancora vergine (capite bene che nel Regno Unito, più che in tutto il resto del mondo occidentale, questo è un dettaglio piccantissimo nella sua statistica improbabilità) ed un tenebroso ma evidentemente intrigante milionario, alle cui voglie sottomettendosi, perinde ac cadaver, ella troverà infine la felicità. Nel settecento gli inglesi erano andati pazzi per un libro altrettanto disgustoso scritto da Richardson, “Pamela”. E’ la storiaccia pruriginosa di una giovane servetta bella e virtuosa che resiste eroicamente agli assalti del suo torvo padrone, il gentiluomo Mr B, fino a quando egli, estenuato, da tanta virtù sarà conquistato, ed ella, estenuata, in lui scoprirà un certo non so che di affascinante: questo rapporto mostruoso trionferà infine nel vincolo coniugale. Mutatis mutandis, è sempre la stessa storia. La stessa roba. Da malati.
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