Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
PIPPO BAUDO 30/07/2012 A mio avviso quella volta Sharon Stone era completamente sbronza, e lo avrebbe fatto anche col primo cameriere, ma che dico?, anche con la prima cameriera dell’albergo che avesse messo piede nella sua stanza, non solo con un irresistibile ancorché stagionato fustacchione come Pippo. «Guardami!» gli disse – a sentire Pippo, disse «Look me!», locuzione tipicamente inglesiana, segno che era proprio andata – «Guardami!» gli disse, gli occhi fiammeggianti, nuda distesa sul letto: la Maya Desnuda sputata, a parte gli slip. «Guardami di nuovo!» gli ingiunse ancora – a sentire Pippo, s’intende, disse «Look me again!» – dopo avergli tolto gli occhiali facendo atto di ripulirli o forse ripulendoli davvero, magari sugli slip, magari strofinandone le lenti con calcolata, torrida indolenza proprio …là, oh mio Dio! Pippo, sbalordito, ebbe la forza di fare finta di nulla. Accennò al programma dell’indomani. Ma l’indomani, prima della trasmissione, la diabolica, ebbra ed infoiata Sharon lo mise nell’angolo, gli ritolse gli occhiali, li ripulì di nuovo, e inchiodò il povero Pippo alle sue responsabilità con un «Guardami!», che ella, perché non restasse dubbio alcuno, volle ancora proferire in inglesiano! Be’, secondo me è una bella storia. Melville scrisse – più o meno, da qualche parte e non ricordo più dove – che grandi tragedie si dipanano in umilissimi palcoscenici: il mondo dimenticherà questi e quelle. Così, dico io, un grande romanzo d’amore può vibrare cosmico al suono di poche parole, anche in inglesiano, e durare lo spazio di poche ore. Solo che un gentiluomo, un vero discepolo del culto di Afrodite, certe cose le tiene per sé, per rispetto di se stesso e di Afrodite. L’oro di una fuggevolissima, casta e un po’ demenziale relazione non lo dà ai porci. A dieci anni di distanza Pippo invece ha capito solo una cosa: che ha «perso un’occasione». Perché si capisce: il vero ominicchio le donne le spupazza, una botta e via! Comunque stia tranquillo: l’occasione non la perse affatto. Glielo dica lei, Sharon.
VICTOR PONTA 31/07/2012 Il referendum che in Romania doveva confermare la rimozione dal suo ufficio del presidente della repubblica, il conservatore Traian Băsescu, non ha raggiunto il quorum. E’ la seconda volta che Băsescu si salva dall’impeachment col voto referendario. Alle urne si è recato circa il 46% degli elettori. Di questi l’87% (ossia il 41% circa del corpo elettorale) ha votato a favore della rimozione. Băsescu era stato sospeso dal suo incarico il 6 luglio scorso da una maggioranza di 256 parlamentari di centro-sinistra guidati dal premier Victor Ponta con l’accusa di aver violato la costituzione e di essere andato al di là delle sue prerogative istituzionali. La procedura di impeachment era stata parecchio muscolosa e disinvolta, suscitando dubbi in ambito internazionale. Per Băsescu, che aveva invitato all’astensionismo, i romeni hanno respinto un «tentativo di colpo di stato». Ponta, il difensore della costituzione, ha fatto spallucce: «il presidente potrà bensì rimanere a Palazzo Cotroceni» ha detto serafico, «ma senza più alcuna legittimità. Qualsiasi politico che ignora la volontà di milioni di elettori è tagliato fuori dalla realtà.» Io l’ho sempre pensato: gratta gratta, sotto il patriottismo costituzionale trovi sempre il populismo costituzionale.
L’INDIA MISTERIOSA 01/08/2012 Nei bei tempi andati accadeva spesso che dall’India misteriosa arrivassero notizie che nella loro tragicità conservavano qualcosa di esotico, curioso, pittoresco. Notizie del tipo: «scontro tra due treni nell’Uttar Pradesh, quattrocento morti»; «piogge torrenziali nell’Assam, il monsone causa diecimila morti»; «esonda un torrentello nel Gujarat, mille morti»; «crolla il tetto di una scuola nel Maharashtra, trecento morti»; «elefante impazzito tra la folla nel Bengala Occidentale, centocinquanta morti»; «vacca impazzita tra la folla nel Bihar, trenta morti»; «scontro frontale tra due automobili nell’Andhra Pradesh, venti morti»; «scontro frontale tra due biciclette nel Kerala, quattro morti»; e via dicendo con questi fantasmagorici tassi di fatalità. Che però in fondo, a pensarci bene, si potevano spiegare coi spaventosi tassi di densità demografica di molte aree dell’immenso formicaio indiano, anche se qualcosa di arcano continuava ad aleggiare sulla strabiliante contabilità di questi sinistri. Ma poi l’India cominciò pian piano a fare notizia per i suoi successi economici. E oggi l’India è ormai una delle grandi potenze del mondo, anche nell’inconscio collettivo dei figli di coloro che un tempo leggevano Kipling, e comincia a fare persino un po’ paura. Tuttavia ogni nazione conserva il suo genio particolare, che è tirannico e ogni tanto rivendica il suo tributo, restituendoci un popolo in tutta la sua irripetibile umanità. Capita agli italiani, capita agli indiani, capiterebbe pure ai marziani. Prendete la notizia di questi giorni, per esempio: «Blackout elettrico in India, seicento milioni di persone al buio.» Seicento milioni. E’ inutile, in certe cose non li potrai mai battere.
NICHI VENDOLA 02/08/2012 Non si sa quando voteremo, ma una cosa sappiamo già: vincerà chi saprà conquistare il voto della massa degli indecisi. Con l’estro poetico che gli è proprio, il subcomandate Vendola ha avuto in merito una formidabile idea: conquistare il voto dei decisi, quelli disposti a tutto, anche a correre sotto la bandiera del «Polo della Speranza». Il nome di un partito o di una coalizione politica dovrebbe trasmettere fiducia: magari perché serioso e tradizionale; magari perché è nuovo ma veicola un’idea di efficienza o di dinamismo; o magari perché è un nome da operetta, ma è una barzelletta che le spara grosse, con convinzione e ottimismo, com’è il caso dei parti immaginifici del berlusconismo. Concettualmente ed esteticamente parlando, il «Polo della Speranza» è un berlusconismo da ammosciati, una cosa contro natura, raccapricciante. Io pensavo che certe croci le dovessimo portare solo noi, «intellettuali» di destra. Vorrà dire che quel giorno voteremo «Grande Italia» con sollievo. Be’, quasi, diciamo.
STEFANO FOLLI 03/08/2012 Stringendo un patto alla sua sinistra con Vendola, Bersani ha dato il benservito a Monti. E in ogni caso ciò significa che alle prossime elezioni la premiership montiana non si potrà più proporre come forza autonoma in grado di coagulare attorno a sé il consenso dei partiti che oggi la sostengono, con la speranza segreta di fonderli al fuoco dell’emergenza, facendosi essa stessa forza politica. Questo era il disegno dei retori del «fare presto», meglio conosciuti nel passato col nome più calzante di «utili idioti». Con questi chiari di luna è chiaro come il sole che al massimo Monti potrà aspirare al ruolo non del tutto onorevole di premier fantoccio del centrosinistra de sinistra. Dite che in quel caso rifiuterà? Io non ci metterei la mano sul fuoco: un grand commis è naturaliter più un caporale che un uomo. Che la situazione sia da allarme rosso, lo dimostra uno degli uomini di punta della squadra del «fare presto», il caporalmaggiore Folli – una delle mie vittime preferite, ormai l’avete capito – il quale scopre improvvisamente che il centro di Casini è una barzelletta come contrappeso alla forza della sinistra, e riscopre l’importanza dei berlusconiani; purché costoro, naturalmente, abbandonino definitivamente una certa sguaiata demagogia anti-europea che ha ancora, decisamente, troppa cittadinanza fra di loro. Questo comunque è solo il primo passo della ritirata strategica. Cosa credete? Un passetto alla volta si può arrivare molto lontano, ve lo dico io, ordinatamente e in tutta naturalezza, finanche al ticket Monti-Caimano.
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