Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM
PIERO GRASSO 03/09/2012 Eccolo qua. Avete di fronte a voi un uomo. Una persona adulta. Con ogni probabilità non un imbecille, patentato o meno. E invece anche Piero, come migliaia di pappagalli antimafiosi che tornano periodicamente e infallibilmente in su la via leopardiana a ripetere il loro verso, immeritatamente non ancora inserito nello zoo canterino del Pulcino Pio, di quando in quando si mette a gracchiare i due vocaboli di cui si compone l’espressione «mente raffinatissima», un tormentone che ci perseguita da vent’anni. «Mente raffinatissima» è una locuzione che in Italia è prerogativa esclusiva del contesto mafioso. E’ cosa sua, grazie all’antimafia. Un’intera generazione è ormai dentro quest’aberrazione. Nessuna «mente raffinatissima» potrebbe star dietro una tattica calcistica, una strategia di marketing, o una costruzione filosofica. «Mente raffinatissima» non ha mai sofferto di corruzioni lessicali. Una mente solo raffinata, una mente diabolica, un’intelligenza sopraffina, un cervello mefistofelico, un’abilissima regia, non sono formule accettabili: ne va dell’ortodossia del rito antimafioso. Perché in effetti si tratta di un atto di fede. Di solito «mente raffinatissima» esce dalla bocca di questi androidi della legalità dopo una sospirosa pausa ad effetto, come se si trattasse della scoperchiatura di un segreto «inaudito», per dirla alla Veltroni, e non già di una coglionata ripetuta compulsivamente un milione di volte. «Mente raffinatissima» nobilita chi da decenni dà la caccia alle menti raffinatissime che tengono le fila dei misteri d’Italia. «Mente raffinatissima» serve molto bene allo scopo di non spiegare un bel nulla, in quanto con menti raffinatissime non sai mai se sei giunto veramente nel più riposto, e sacro, stanzino segreto del Tempio. E serve meglio ancora, quindi, allo scopo di lasciare aperti tutti i giochi. Ed in campo tutti i protagonisti di questo circo.
OSCAR PISTORIUS 04/09/2012 E’ stato un errore farlo partecipare alle Olimpiadi. Ma la folla, che sa essere a volte stoltamente feroce ed a volte stoltamente sentimentale, lo voleva. L’atleta sudafricano lo ha spiegato involontariamente lui stesso. Giunto secondo nella finale dei 200 metri delle Paralimpiadi londinesi, si è lamentato a caldo delle protesi usate dal vincitore. Poi si è pentito di questa indelicatezza verso un suo – chiamiamolo così – fratello di sventura, ma ha ribadito che «il problema c’è». Il problema, ovviamente, è quello della standardizzazione dei materiali, almeno per il suo tipo di competizione. E su questo ha sicuramente ragione. Ma con ciò ha confermato quello che tutti sanno: che Oscar non corre interamente sulle proprie gambe; che ogni confronto sportivo con chi ha la fortuna di averle intere è tecnicamente improponibile; che un giorno, per esempio, chi corre con le protesi, grazie alla tecnologia, potrebbe andare anche più forte di chi è fisicamente integro. Oscar è stato un esempio e la sua è una bella storia. Ma la sua partecipazione all’Olimpiade dei «normodotati», che doveva esserne l’apice, l’ha come sgonfiata, lasciandosi dietro il retrogusto amaro delle cose superflue e futili.
IL FANO 05/09/2012 La squadra marchigiana ha perso in casa contro l’Alessandria per 6 a 0 nella prima giornata del campionato di seconda divisione di Lega Pro. Un risultato, converrete, straordinario. Dopo questa tragicomica disfatta l’Alma Juventus Fano 1906 ha esonerato l’allenatore, facendogli tanti auguri. Cosa comprensibile, se non fosse che l’allenatore si chiama Karel Zeman, ed è figlio di Zeman il Grande. E questo cambia tutte le carte in tavola. Perché è chiaro come il sole che un tale disastro non può essere figlio del caso, che solo uno Zeman autentico e certificato poteva riuscire a combinarlo. Provateci voi, se ne siete capaci! Nooo… il bolide di Karel, semplicemente, non era ancora perfettamente a punto, e quindi non è nemmeno partito. Ma questi sono segnali inequivocabili. Anche una demenziale sconfitta può essere un ottimo, esaltante auspicio: uno schema zemaniano, non dal punto di vista tattico, ma da quello strategico. Ma per riconoscerlo bisogna avere la vista lunga, lunghissima. E anche una voglia pazza di divertirsi.
KEVIN PRINCE BOATENG 06/09/2012 Il giocatore del Milan è stato operato per una frattura di non so che ossicino della mano destra. Starà fuori dai campi di gioco per la bellezza di due settimane. Salvo complicazioni. Ai messaggi dei tifosi su Twitter non ha risposto ringraziandoli e invitandoli garbatamente a pensare alle cose serie. Ha bensì ringraziate quelle anime trepidanti, ma ha voluto pubblicare una sua foto dal letto d’ospedale, con tanto di braccio fasciato, cappellino d’ordinanza, e rassicurante pollice della mano sinistra alzato. «Sto bene», ha scritto, non sappiamo con quale mano. Scampato pericolo, dunque. Tiriamo tutti un grosso sospiro di sollievo. Che fosse il chirurgo il pericolo?
ROBERT REFDORD 07/09/2012 Mi sembra di ricordare che un giorno Céline scrisse, più o meno, non so più dove, e con evidente disgusto, che «da vecchi siamo la caricatura di noi stessi». Osservazione crudele, ma vera. Perché in effetti con l’età non soltanto lo splendore della carne pian piano se ne va, ma pure i nostri tratti e la nostra figura vanno incontro ad una deformità generalizzata. E a quel punto è soltanto lo spirito a riscattare la nostra umanità. A settantacinque anni suonati – din don! – l’attore e regista americano è sempre un giovanotto. E’ sbarcato alla Mostra del Cinema di Venezia con la stessa faccia, gli stessi capelli, lo stesso taglio di capelli, la stessa lunghezza di capelli e le stesse basette di quando recitò ne “I tre giorni del Condor”: di quando, cioè, di anni ne aveva esattamente la metà. E’ invecchiato come un albero robusto, che il tempo ha segnato, ma non ha né piegato né deformato. Insomma, un uomo stagionato alla perfezione, all’aria aperta, senza aiutini chirurgici. Così, di primo acchito, si potrebbe pensare ad un meraviglioso esempio di salute, se non fosse che Robert il progressista si è messo pure a parlare della corsa alla Casa Bianca. «Se si guarda il dibattito politico, neanche lo si può definire dibattito, ma, insomma, se avete visto le convention, quella dei repubblicani è infarcita di bugie, rappresenta l’1% della popolazione», ha detto, con la commovente, e meritevole di comprensione, e tuttavia ebete faziosità di un teenager. E allora il dubbio che più di una splendida stagionatura si tratti di un caso di morbosa mummificazione ha cominciato a farsi strada nella testa degli osservatori più attenti. Teniamolo d’occhio.
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