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Una storia in trenta parole

Creato il 15 marzo 2014 da Elgraeco @HellGraeco

The_Porkchop_Express_by_ThePorkchopExpress

Uno dei miei alter-ego è Jack Burton. I lettori di lunga data lo sanno.

Ci sono periodi in cui mi sento (e mi comporto) come Ash. Ma adesso, complice una certa rilassatezza generale, perché la vita (facendo gli scongiuri) mi sta andando a genio, sono caratterizzato da quella testarda convinzione di poter riuscire a fare tutto quello che voglio. Di più, di riuscire a farlo in maniera figa, perché al contempo sono un figo che dispensa perle di saggezza non richieste.

Jack Burton le dispensava alla radio, dal suo camion. Il Pork Chop Express.

Io le dispenso dal mio blog, che è un po’ come fosse il mio camion.

E quindi, al momento sono Jack Burton. E questo è un pork chop express.

Che poi, questa del pork chop express è una cosa che ci regala, di tanto in tanto, anche l’amico Davide.

E questo mio prende le mosse proprio da un articolo scritto da Davide. E dal fatto che, da qualche mese, sono diventato uno scrittore indipendente, pubblicato sul Kindle Store di Amazon. In pratica un anatema, in questa penisola dalla strana forma che ci troviamo ad abitare.

L’articolo di Davide, che poi sono due articoli, e entrambi mi hanno fatto pensare, sono i seguenti. Sbirciate QUI e QUI.

Da scrittore, perché anche previsto dal regolamento del Kindle Store, mi ritrovo, ogni volta che pubblico un libro, con una bella grana:

la (fottuta) sinossi.

Che poi è quell’insieme di parole che un autore (o chi per lui) si trova a comporre perché il libro venda. O conquisti, diciamo. Deve catturare con una sola frase. O con meno frasi possibili.

In breve, il riassunto del contenuto dell’opera dev’essere così intrigante (insieme alla copertina) che attragga il lettore medio (disattento, sfiduciato, diffidente, svogliato, in definitiva non tanto interessato alla novità, ma al manierismo di genere; poi, sul perché il lettore sia così se ne può anche discutere, la mia risposta è che è ANCHE colpa nostra, ma ne riparleremo) e lo porti all’acquisto dell’opera stessa.

In conclusione: la sinossi deve far spendere soldi.

Cosa difficile.

Ecco, per vendere Grosso Guaio a Chinatown ne bastano tre: kung-fu, coltelli, rossetto. Lo comprereste a scatola chiusa, vero?

Ecco, per vendere Grosso Guaio a Chinatown ne bastano tre: kung-fu, coltelli, rossetto.
Lo comprereste a scatola chiusa, vero?

La domanda, che è anche il mio tormento, è: come si può descrivere un libro in trenta parole?

Perché oggettivamente io non ci riesco. O non mi pare di riuscirci. E sì, forse avrei bisogno di esercizio. O forse è solo una mia illusione, e magari scrivo sinossi fighissime e non me ne accorgo

Però, poi, capita un fatto: ho scritto un libro e questo libro mi ha fatto conoscere la mia ragazza.

E la mia ragazza dice che è IMPOSSIBILE parlare di un mio libro in breve. Perché tali e tanti sono gli elementi che esso contiene a cornice della storia in sé, che non si riesce a riassumere.

È la qualità stessa delle mie storie a rendere impossibile la stesura di una sinossi efficace.

Un nodo gordiano di dimensioni bibliche. E non basta la spada di Alessandro a tagliarlo via.

Quindi, come fare?

Perché la sensazione che ho io è che, proprio in quanto i miei libri, e quindi le mie storie, contengono tantissimi elementi, parlare o anticipare anche uno solo di questi può costituire una sgradita anticipazione alla fruizione degli stessi.

In parole povere, dal momento che ho paura di fare spoiler, svelando elementi sorprendenti della trama, evito, finendo per scrivere sinossi poco efficaci.

Tipo questa:

Jack e Jill possiedono facoltà uniche, ma il passare degli anni e la necessità di nascondersi hanno segnato la loro mente.
Voi cosa fareste, se foste convinti che il dio Thor sia vostro fratello e steste aspettando da lui un segno… Se nel frattempo strani e insoliti eventi, e creature incredibili incrociassero il vostro cammino? Sapreste distinguere cosa è reale, da cosa non lo è?

“Le odiava, le notti senza luna: era persa nel mondo della gemella, lei insieme ai mostri; i giganti del ghiaccio che si rannicchiavano, fingendosi colline innevate appena fuori dei villaggi, e quando tossivano facevano tremare le case; il troll grigio che dimorava sotto il ponte, legnando i viandanti e mangiandoli insieme ai cavalli, sventrava le donne per avere da loro figli deformi; e il demone dei campi, che entrava nelle case perché raccolto durante il giorno, a colpi di falce, e che si riprendeva i piedi tagliandoli di notte ai contadini, e poi tornava a mettere radici…”

Scopro, altresì, di essere un seguace della Teoria della Roba figa in Letteratura.

La Teoria della Roba Figa in Letteratura è la seguente: tutta la letteratura consiste di ciò che lo scrittore pensa che sia una figata. Il lettore gradirà il libro nella misura in cui egli concorda con l’autore riguardo a cosa sia figo. E questo funziona su tutto lo spettro, dagli orpelli esteriori al livello delle metafore, il sottotesto, ed il modo in cui uno usa le parole. In altre parole, io ad esempio non sono il tipo che pensa che le corazze di piastra e le grosse spadone massicce siano fighe. Non mi piacciono. Io preferisco i mantelli e i fioretti.  Perciò scrivo storie con dentro un sacco di mantelli e fioretti, perché è una figata. I tizi a cui piace la ferramenta militare, che pensano che la ferraglia militare d’avanguardia sia figa, non è che zampetteranno contenti avanti e indietro sui miei libri, perché hanno un’idea diversa di cosa sia figo.

Il romanzo deve essere compreso come una struttura costruita per accomodare la maggior quantità possibile di roba figa. (Steven Brust)

Più o meno una sintesi di questo genere.

Più o meno una sintesi di questo genere.

Da lettore, e soprattutto da autore, trovo fighissime le metropoli sporche e decadenti, i personaggi psicotici, ma con una forte personalità, il dramma, la violenza (non immotivata), le budella, la follia, il feticismo, le battutacce e in generale ogni forma di ridimensionamento dei valori sociali tanto esaltati oggigiorno. E le protagoniste bellissime.

E di tali ingredienti riempio le mie storie.

Per cui è ovvio che molti lettori fuggiranno via, non essendo d’accordo con la mia idea di roba figa in letteratura.

A ognuno il suo.

Al che, resta il problema della giusta sinossi, per attrarre i lettori che pensano che le mie storie siano appetibili, belle, struggenti. In una parola: fighe.

Forse, con una buona sinossi, sarei anche preso maggiormente sul serio da parte di chi, come voi, viene qui solo per leggere le frecciatine scritte contro The Walking Dead, le stroncature di altri film famosi e/o nuovi, e i miei articoli/saggi o quel che sono. Disinteressandosi della mia carriera parallela di scribacchino.

Non resta che lavorarci, credo. Tant’è che, la precedente, ora la riscriverei così:

Jill sogna, ferma il tempo alla sua volontà, costretta a vivere in una notte infinita. Jack non può morire.

Sfidano antichi miti del nord, orrori generati dalla carne dei mortali.

30 parole.

Meglio, peggio?

Che mi dite? Che ne pensate? Può una sinossi influenzare la scelta dell’acquisto? E dov’è finita la voglia di sperimentare dei lettori?

Buon fine settimana.


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