1. Dai racconti sulle vicende leghiste, compresi quelli dell’inesausta segretaria, emergono due cose molto evidenti. In primo luogo, la stupidità di certo personale politico (che di politico ha ovviamente ben poco). E’ da vent’anni che si ripete sempre lo stesso “modello” di distruzione dell’avversario tramite scandali, possibilmente legati a soldi, e si mette tuttavia la testa sotto la mannaia. In secondo luogo, si tratta di fatti verificatisi da molti anni e quindi già noti a chi oggi li mette in piazza per motivi che nulla hanno a che vedere con la “giustizia”. Saltano sempre fuori al momento opportuno, né un po’ prima né un po’ dopo. E servono da buona prova di come la gente sia veramente ebete. Perché quando in un numero così alto di occasioni si verifica questa ripetizione ossessiva della “puntualità” dell’evento atto ad annientare un avversario, dovrebbe risultare evidente, oltre certo alla pochezza dei corrotti, anche la malafede di coloro che sostengono di voler fare pulizia e che sono invece manovrati da “chi di dovere”.
In ogni caso, ricordando il miliardo di Gardini seguito fino alla portineria delle Botteghe Oscure, ma poi perso di vista e reso inoffensivo perché non c’era prova di consapevolezza, e quindi colpevolezza, nei “piani alti” (che “potevano non sapere”, unica volta in cui tale principio fu ammesso) – e ricordando che, per non voler accedere a tale conclusione, fu estromessa dal “pool” di Milano il magistrato Tiziana Parenti – se ne può trarre l’insegnamento che non ha alcun senso dedicarsi ad operazioni come quelle leghiste messe ora in luce, se non ci si è prima assicurati precisi addentellati nei “corpi dello Stato” (ma forti, non qualche informatore). Se non si controllano magistrati, Servizi e quant’altro, è obbligatorio filare lisci e regolari come un orologio. La corruzione va lasciata a chi veramente sguazza con sicurezza nei “coni d’ombra” degli apparati dello Stato. Ovviamente può accadere che un gruppo, che per anni è stato pieno controllore di tali “coni d’ombra” (e, in genere, del potere nello Stato), perda tale potere ad opera di altri; e quindi venga eliminato politicamente fornendo al “poppolo” l’impressione che si sia fatta semplicemente giustizia. Qui non si tratta proprio di questo. Né Berlusconi néla Legahanno mai avuto adeguate infiltrazioni nei gangli decisivi dello Stato.
Anche per capire di quale impasto mefitico sia fatta la politica, è importante la storia degli anni ‘70-‘80. E’ molto utile prendere atto che il processo di “tradimento” del Pci si perfezionò sotto il controllo di quegli apparati che più erano sensibili ai “precetti” della Nato (cioè degli Usa); e tuttavia comportò pure l’assunzione di personale piciista che in essi dunque s’installò, pur se come esecutore di ordini altrui. Da tale processo si evince l’importanza di ciò che rivelarono a quell’epoca, ad alcuni settori diccì (ed io penso pure a Moro), determinati eventi: fra gli altri, il colpo di Stato in Cile e, in misura certo minore, perfino quello in Grecia. Nei rapporti tra il democristiano italiano e quello cileno (Frei), nella connivenza di quest’ultimo con gli Usa dopo la sconfitta da egli subita ad opera di Allende, e nei già stabilitisi contatti tra certi ambienti Usa e alcuni della ormai blanda opposizione (piciista) in Italia, va trovato non il motivo unico, nemmeno (almeno credo) il più rilevante, del rapimento e uccisione dello statista democristiano, ma comunque una serie di elementi di riflessione su quella tragica evenienza.
Egualmente dicasi per quanto concerne alcune relazioni intrattenute tra ambienti del Pci e date componenti del Pc greco clandestino durante il regime dei colonnelli (1967-74; ma già nel 1973 era iniziata la sua agonia): questo è problema ormai dimenticato, ben occultato. Quel partito comunista era in maggioranza filo-sovietico, ma con alcuni gruppi sensibili a ciò che fu poi detto eurocomunismo, sinonimo di completo e mascherato “cambiamento di casacca”. Alla superficie del fenomeno, si poté constatare soltanto l’appoggio pieno del Pci a chi combatteva la dittatura militare, mentre questa era altrettanto pienamente sostenuta dagli Usa. La realtà “sotterranea” fu “probabilmente” meno limpida e netta. Il Pci si rapportava soprattutto ai settori dell’opposizione ai colonnelli più vicini a posizioni “democratico-occidentali” (compresa appunto la frazione minoritaria dei “comunisti” greci). E tale comportamento era un buon viatico per avviare contatti anche con le forze politiche italiane al governo e preparare quello che fu poi il “compromesso storico”. Gli Usa, d’altra parte, mantenevano aperti canali di opportuni (per loro) cambiamenti del regime militare, che durò in fondo abbastanza poco perché appunto fragile e soprattutto provvisorio.
Tutto sommato, era meno pericoloso di quanto apparisse “pubblicamente” portare sostegno, molto “materiale”, a determinate fazioni dell’opposizione clandestina greca (ivi compresi i suddetti comparti minoritari di quel partito “comunista”), in quanto utili a mantenere aperte prospettive di legami con l’occidente nel caso di ritorno alla normalità “democratica” (che avvenne nel 1974), lasciando invece quasi all’asciutto (da aiuti) quei settori che intrattenevano migliori relazioni con l’est “socialista” (e soprattutto con l’Urss dei settori brezneviani ancora al comando). Si pensi inoltre alla coincidenza (vera, non c’è da sospettare nulla di strano o di preordinato in fatto di successione dei tempi) per cui un altro colpo di Stato si produsse nel1973 inun’area lontana (in Cile). Quest’ultimo, secondo la mia convinzione, fu ancora più decisivo nel mettere in contatto gli eurocomunisti con gli Usa (pur nell’ambito di una necessaria polemica del Pci contro Pinochet e di solidarietà con il povero Allende, ucciso, e con le forze politiche a lui vicine).
Quel colpo di Stato mise piuttosto in crisi i rapporti tra certi ambienti diccì italiani e quelli cileni (Frei) conniventi con i golpisti e i loro mandanti. E’ probabile che, per certi versi, i democristiani cileni fossero abbastanza sensibili, in Italia, al Pci e un po’ meno a certi settori della nostra Dc (penso sempre a Moro; almeno ho questa sensazione). La politica è una cosa strana, vede cambi di alleanze impensabili, sempre però mascherate come si trattasse del suo contrario. Comunque sia, il colpo di Stato in Grecia e, molto di più, quello in Cile andrebbero meglio conosciuti anche per rendersi ben conto di alcuni andamenti degli anni ’70 in Italia: il cosiddetto “terrorismo”, il “compromesso storico” (e la “concertazione”), insomma tutti i vari eventi in qualche modo connessi con il cambio di campo del Pci (la sua parte eurocomunista, vanamente osteggiata da altre parti, indebolite dall’indebolimento dell’Urss), che diverrà manifesto nel 1989-91, ma che è punteggiato da tanti “tenebrosi misteri” ancor oggi occultati.
Tali misteri non sono per nulla svelati da stupidi film e da testimonianze artefatte. Non so se in buona o mala fede, ma sono convinto che si tratta di falsità o delle famose “mezze verità”, ben più ingannevoli e devianti rispetto al vero di ogni e qualsiasi menzogna. Come ho affermato più volte, ci sarebbe un gran lavoro da svolgere per disseppellire i “fatti”. Non lo saranno mai del tutto; almeno, però, contrastiamo le interpretazioni distorte come quelle dei corrotti capetti del ’68 (e successivi), e degli intellettuali del “ceto medio semicolto”, che si sono riciclati per raccontare appunto le “mezze verità”, quando non addirittura semplici bugie. Sanno di essere protetti dai ceti abbienti che sono, tutto sommato, quelli di allora o loro diretti eredi. Meschini individui: quelli che si credono “classe dirigente”, quelli che snocciolano frottole o alterazioni melense e vomitevoli dei fatti, e la “gente” che se le beve perché non vuole saperne di più.