Abbiamo fatto due parole con Mariagrazia Pelizzari, una vita da mediano, gran cuore, una riflessiva e misurata lavoratrice in campo e fuori, che non si tira mai indietro quando c'è da scatenare l'inferno. Ma Mariagrazia, o Emmegi, come la chiamano le amiche, non è solo calcio, ma una bellissima ragazza che non si vergogna di mostrarsi anche in abiti ben diversi rispetto a t-shirt e pantaloncini del Cs Franciacorta, la squadra con la quale ha conquistato la permanenza nel campionato cadetto.
Vuoi raccontarci com'è nata la passione per il calcio?
Penso che me l'abbia innanzitutto tramandata mio padre che da giovane ha giocato a livello dilettantistico. Da piccola avevo provato anche altri sport: judo, pallavolo, nuoto, ma quando arrivavo a casa mi fiondavo in strada a giocare a calcio con i miei vicini, fino a quando non ho poi iniziato a giocare seriamente. Il primo anno con i maschietti e poi ho iniziato subito a cercare una squadra femminile prima a 7 e dopo alcuni anni a 11.
La tua famiglia ti ha appoggiato nella scelta del calcio come sport da praticare?
Mio padre si, mi ha sempre sostenuto ed accompagnato sin da piccola a tutti gli allenamenti, a tutte le partite, facendo tanti chilometri e sacrifici. Mia madre invece non era molto contenta, avrebbe preferito che facessi nuoto o danza, sport più femminili insomma, dove c'è meno pericolo di farsi male. Ciò nonostante sono entrambi i miei primi tifosi e raramente mancano alle nostre partite, anche se mia mamma ancora oggi ha sempre il timore che mi possa far del male giocando.
Tra le giocatrici del Franciacorta puoi vantare di aver assaporato la serie A e la maglia azzurra, puoi raccontarci qualcosa di quel periodo?
Si, ho giocato nell'ACF Bergamo, squadra nella quale militavano anche Melania Gabbiadini e Venusia Paliotti. Sono stati i due anni più importanti e belli della mia vita calcistica, soprattutto per l'esperienza che mi sono fatta e quello che ho imparato. Facevamo quattro allenamenti alla settimana e avevamo un tecnico molto bravo. Confrontarsi con le squadre di serie A mi ha permesso allora di crescere molto come calciatrice, tant'è che fui convocata un paio di volte in nazionale under 21 e quello penso che sia stato il punto più alto della mia carriera sportiva. Poi purtroppo la società fallì e le giocatrici finirono divise in altre squadre.
In quali altre squadre hai giocato?
Il primo anno che ho giocato a 11 è stato nel Segrate, nella squadra primavera, poi l'ACF Bergamo, dove anche lì ho fatto la spola tra la primavera e la prima squadra. Con la scomparsa della società andai alla Pro Bergamo, la società di Beppe Cesari che oggi è diventata Brescia Femminile. Poi Castrezzato in C e quindi Franciacorta dove ho fatto due anni in B. In seguito per sei mesi ho fatto parte del progetto Erasmus a Londra, dove ho avuto l'opportunità di giocare nella second division inglese con l'Anfield Town Ladies. Tornata dall'Inghilterra ho fatto mezza stagione a Urgnano e poi sono tornata al Franciacorta.
Che ricordi hai della tua esperienza inglese?
Un'esperienza unica, hanno una mentalità e un approccio all'allenamento e alla partita completamente diverso dal nostro. Là facevamo un allenamento alla settimana di un'ora, ma in campo le mie compagne sembrava si fossero allenate per due ore tutti i giorni. Le inglesi entrano in campo con una convinzione, una grinta, una determinazione incredibili. Le motivazioni le trovano interiormente, non perchè hanno svolto allenamenti particolari. Anzi spesso capitava che quelle che giocavano la partita non avevano partecipato neppure all'allenamento settimanale, eppure non c'era differenza in campo tra chi si allenava tanto o poco, in campo si dava tutto sempre e comunque.
Quali sono stati fino ad oggi i momenti più importanti della tua carriera, in positivo e in negativo?
Il ricordo più bello è stato la vittoria del girone lombardo di serie C dello scorso anno, anche perchè è stata per me la prima volta in cui ho vinto un campionato, un'emozione fantastica. Dal punto di vista personale, anche quando il presidente dell'ACF Bergamo mi chiamò al telefono per comunicarmi la prima convocazione in nazionale. Fu un momento unico. Il più brutto ricordo invece è legato ai sei mesi fatti con l'Urgnano due anni fa. Per me un periodo nero. Non riuscii ad integrarmi, non giocai praticamente mai e in più a novembre l'infortunio che mi bloccò per il resto del girone d'andata e che fu la goccia che fece traboccare il vaso. Fortunatamente nel frattempo ottenni il trasferimento al Franciacorta.
Hai degli interessi in particolare oltre al calcio?
Mi piace molto disegnare. Quando ho finito il liceo avevo intenzione di frequentare l'Accademia delle Belle Arti a Brera. Avevo superato il test d'ingresso, che tra l'altro è molto selettivo, ma nel frattempo avevo già deciso che non mi sarei iscritta. Il disegno è una grande passione, ma facendo due conti avrei avuto pochi sbocchi lavorativi in quel campo. Per questo motivo ho poi invece scelto farmacia, una facoltà molto impegnativa, sulla quale mi sono indirizzata sia per la passione verso le materie scientifiche, sia per mettermi alla prova e dimostrare a me stessa le mie capacità.
Quindi oggi lavori nel campo farmaceutico?
Si, due anni e mezzo fa mi sono laureata in farmacia con una tesi sul "Recettore Gaba A", un recettore bersaglio di farmaci come le benzodiazepine, gli ansiolitici ecc. Inizialmente ho lavorato nel laboratorio di ricerca di neuropsicofarmacologia dell'Università a Milano. Da ottobre dello scorso anno lavoro invece come responsabile dell'assicurazione della qualità per un'azienda cosmetica di Botticino. Gli studi sono stati molto importanti in questo senso.
Veniamo alle immagini che ti ritraggono in queste foto. Non hai certo l'aria del ruvido mediano o della integerrima dottoressa. Raccontaci la storia di questi scatti.
E' successo nell'autunno 2010. Un'amica conosciuta all'università aveva posato per degli scatti e delle sfilate. Fu da lei che incominciai ad avere il desiderio di provare qualcosa del genere. Mi piaceva l'idea di vedermi non solo brava, ma anche bella. Questo desiderio si concretizzò poco più tardi, tramite una compagna di squadra dell'Urgnano, che seguiva dei corsi di fotografia. Mi presentò al suo maestro, un fotografo professionista, che mi propose di realizzare un book personale. Attimi di imbarazzo ce ne furono, ma in fin dei conti era una cosa che volevo realizzare e pertanto accettai senza pensarci molto.
Questa esperienza è da considerarsi una parentesi o è tua intenzione proseguire questa strada?
Oggi la mia attuale occupazione e la mia vita in generale mi stanno dando tante soddisfazioni. Non voglio pertanto dare troppo peso a questa attività, ma certo se avessi delle offerte in questo senso potrei anche valutarle. Se un domani le mie passioni, e mi riferisco anche al disegno, mi dovessero portare dei riscontri economici, ben vengano, ma preferisco pensare a queste come dei diversivi alla mia vita e non come dei possibili sostituti a quello che sto realizzando.
Rudy Trolli
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