Tutto considerato, l’infortunio a Brandon Roy (fuori a tempo indefinito) potrebbe rivelarsi il trampolino di lancio finale per la carriera da All-Star di LaMarcus Aldridge. Infatti, dopo anni di promesse e paragoni a volte ingombranti (‘il nuovo Rasheed’: gli piacerebbe!), nelle ultime gare, in contumacia Roy, sta prendendo numericamente in mano i Portland Trail Blazers: nelle vittorie contro Minnesota e Milwaukee, 28 e 29 punti, addirittura 31 contro Miami, seppur sconfitti e 36 nella vittoria sempre contro i TWolves. In generale ha aumentato le sue cifre a partire dal 15 dicembre (ultima gara di Roy): 25.2 punti e 10.2 rimbalzi rispetto alla media stagionale di 20.7 punti e 8.8 rimbalzi, ed anche queste medie sono superiori alle sue in carriera che dicono 15.7 punti e 7 rimbalzi.
Già il fatto che la squadra non sia crollata dopo l’infortunio di Roy e resista con un più che dignitoso 9 vittorie e 6 sconfitte per un record di 21-20 - ottavi ad Ovest - dice qualcosa di positivo sulla tenuta del team e sul fatto che sia riuscita a trovare nuovi protagonisti per riempire in qualche modo il vuoto lasciato dall’ex Huskies. Il primo di questi è sicuramente LaMarcus Aldridge, diventato il principale terminale offensivo di Portland, anche sulla spinta alla corsa per l’All-Star Game. Per il primo anno infatti ha concrete possibilità, soprattutto per la mancanza di Roy che è solitamente il rappresentante dei Blazers alla partita delle stelle.
Il nuovo ruolo di Aldridge però non si è delineato in tre settimane: infatti quest’estate LaMarcus ha svolto un lavoro specifico con Bill Bayno, assistente allenatore di Nate McMillan, soprattutto sui movimenti a canestro con la mano sinistra. Tecnicamente questo si è notato in un gioco più completo, che non si accontenta più solo del classico jumper (buono strumento per aprire le difese, ma che troppo spesso è diventato il suo unico gioco offensivo); una maggior efficacia, tradotta in 19 doppie doppie in stagione, sei consecutive.
Curioso poi il paragone tra lui, 2^ scelta assoluta al draft 2006, con Andrea Bargnani, prima scelta assoluta: i due hanno avuto una storia nella NBA più o meno simile con grosse difficoltà nella prima stagione, dove commettevano molti falli e di conseguenza giocavano poco, con il risultato di fare fatica ad entrare in ritmo e mettere punti a referto; una crescita negli anni successivi, confermando il loro status di ottime seconde punte fino alla definitiva esplosione di quest’anno quando entrambi sono stati messi a guidare la propria squadra (Bargnani per scelta dirigenziale, Aldridge per scelta obbligata a causa degli infortuni).