Magazine Astronomia

Una vocazione tardiva

Creato il 18 ottobre 2010 da Stukhtra

Fisici non si nasce: si diventa

di Marco Cagnotti

La vedi e pensi: “No, non lei”. Perché l’archetipo prototipo del fisico non è così. E’ sfigato, invece. Imbranato, bruttino, distratto. Non è una graziosa ragazza magra e alta e sorridente e solare. Poi parli con Anna McLeod e capisci che i tuoi erano solo pregiudizi. Non solo: che hai incontrato una persona con una storia interessante e bizzarra.

Una vocazione tardiva

Che cosa starà pensando?

McLeod: un cognome impegnativo. Immortale, perfino. C’è dietro una storia? Origini scozzesi? Ne resterà soltanto uno?

(Ride) Sì, origini scozzesi. Però tanti tanti anni fa. Nel Settecento i miei antenati emigrarono dalla Scozia in America. Quindi McLeod, sì, ma siamo americani da un sacco di tempo: mio papà è nato a Detroit e mia mamma viene dal Kentucky.

E tu? Nell’Ohio, a metà strada?

Io a Locarno, nel Canton Ticino.

Ah, ecco. Un bel salto. E sei cresciuta in Svizzera.

Parzialmente in Svizzera e parzialmente in Germania.

Possiamo immaginare un’esistenza cosmopolita, tante lingue…

Se conti anche il francese scolastico, quattro. Però in francese sono molto arrugginita. A casa ho sempre parlato tedesco, inglese e italiano.

Ma non fai casino?

A volte un po’. Di recente, per esempio, mi sono accorta che, studiando in Germania, il mio italiano è peggiorato e finisco per usare espressioni e modi di dire tedeschi. Mi capita di dover cercare le parole, specie se devo cambiare lingua velocemente. E poi rispondo come capita, così l’altro giorno al cameriere di un ristorante di Locarno ho detto “Danke schön”. Però penso in italiano e in inglese, perché leggo soprattutto in inglese. Ma in fondo è indifferente: l’importante sono i concetti, no?

Parliamo del tuo strano curriculum scolastico. Fino agli esami di Maturità in Ticino… e poi?

Poi un anno di biologia sanitaria all’Università dell’Insubria. Solo un anno, però. Ho sostenuto e passato tutti gli esami, ma non mi piaceva l’Italia e non avevo alcuna intenzione di andare ad abitarci. Tant’è vero che facevo avanti e indietro fra Lugano, dove abitavo, e Busto Arsizio, la città più brutta del mondo.

Questo forse non lo scrivo…

Chissenefrega: tanto lo sanno anche gli abitanti di Busto Arsizio quant’è brutta la loro città.

Perciò con la biologia sanitaria non è scoccata la scintilla.

No, non era quello che volevo fare davvero. Perciò dopo un anno ho smesso. Così ho pensato che avrei potuto studiare medicina a Berna e ho inoltrato la mia candidatura per sostenere gli esami di ammissione. Come riserva, mi sono iscritta alla scuola per infermieri a Lugano, che frequentava anche il mio ragazzo di allora. Solo che…

Che…?

…che a Berna la mia candidatura non è mai arrivata. E’ andata perduta.

Oh, cazzo! E allora?

E allora per colpa di uno stupido errore umano io non ho potuto studiare medicina. Ma ti rendi conto? Vabbe’, pazienza. Così ho frequentato la scuola per infermieri. Tre anni estremamente noiosi a livello accademico ma interessanti sul piano personale, perché si impara tanto su se stessi e sui propri limiti. Però l’ambiente ospedaliero è terribile. Perciò, quando mi sono diplomata, era già chiaro che avrei fatto altro nella mia vita.

Altro?

Fisica.

Fisica.

Già, fisica. All’Università di Monaco di Baviera.

Ma che senso ha? Hai in mano un diploma da infermiera, hai già 24 anni… e vai a studiare fisica? Ma come? Ma perché?

In realtà già molto prima avevo iniziato ad appassionarmi all’astronomia. Era un interesse che avevo da sempre, che era nato in me osservando le stelle. Per molti anni durante l’estate sono andata in Canada, dove abbiamo una casa di vacanza. Lì il cielo è straordinariamente bello, senza inquinamento luminoso. La visione della Via Lattea è mozzafiato. E io me ne stavo lì in barca, sul lago, a guardare il cielo. Era favoloso. Poi mi è stato regalato il mio primo telescopio: un piccolo rifrattore da 6 centimetri. Uno strumento modesto. Però con quello una notte ho visto le lune di Giove: è stata una rivelazione.

Molto galileiano, direi. E poi?

Poi una cosa tira l’altra e io sono passata da un telescopio all’altro, con strumenti sempre migliori. E adesso ho un Meade LX90 con GPS.

Ti tratti bene. Lo usi molto?

Da quando vivo in Germania molto meno. Anche perché in inverno, lì in montagna dove mio papà ha una casa, non lontano da Monaco di Baviera, fa un freddo becco. Non come qui, dove al massimo la temperatura scende qualche grado sotto lo zero. Lì arriva a -30! Quindi il telescopio lo uso proprio solo se c’è un evento particolare, lo osservo e poi rientro al caldino. Però lo strumento me lo porto dietro sempre, anche quando torno in Ticino. E allora scatto tante foto e guardo anche solo per il piacere di guardare o di condividere l’esperienza con qualcuno che non ha mai osservato con un telescopio: pianeti, nebulose, galassie… E’ buffo quando ti chiedono di vedere una stella: una comunissima, qualsiasi stella, nemmeno una stella doppia. Che c’è da vedere osservando una stella con il telescopio? (Ride)

Una vocazione tardiva

Con un telescopio così...

Una vocazione tardiva

...si ottengono foto così. (Cortesia: A. McLeod)

Perché hai scelto di studiare proprio fisica?

Perché per diventare un’astronoma dovevo studiare fisica per forza di cose.

Non avevi un po’ paura?

All’inizio sì, un po’. Sai, arrivavo da alcuni anni senza più aver studiato né matematica né fisica. Non mi ricordavo più niente, nemmeno le equazioni e le funzioni più semplici. Non sapevo neanche più estrarre una derivata, figurati il calcolo integrale. Quindi avevo poca fiducia in me stessa. Il mio ostacolo più grosso ero io. Mi dicevo: “Sei un’infermiera di 24 anni, che cosa ci fai in mezzo a questi ragazzi superintelligenti?”.

E poi?

Poi invece ce l’ho fatta. Adesso ho finito il quarto semestre e fra un anno arriverò al bachelor.

Questo dovrebbe magari farti pensare che anche tu sei superintelligente, no?

Beh, fra chi mi circonda qualcuno lo pensa. Sai com’è: “Studi fisica? Allora devi essere un genio!”. Però a me adesso basta aver fiducia, sapere che ce la farò e aver capito che non sono così stupida come temevo.

La critica mossa spesso alla fisica è che è fredda, arida. Che cosa ne pensi?

La fisica è estremamente elegante e può dare grandissime soddisfazioni. L’esperienza più bella è quando ti assegnano un problema e tu riesci a risolverlo senza applicare meccanicamente una formula, ma pensando, costruendo ragionamenti. Stai lì per ore in biblioteca, dimentichi perfino di mangiare e solo alla fine ti accorgi che è sera e la biblioteca sta per chiudere. Ma intanto tu hai risolto il tuo problema e hai trovato una soluzione semplice, compatta, elegante. E’ bellissimo!

La bestia nera di molti studenti è la matematica. E’ contro quell’ostacolo che vanno a sbattere. Tu non ti ci sei scontrata?

La matematica che si incontra all’inizio studiando fisica è piuttosto noiosa, molto assiomatica e formalizzata. Bisogna riprendere tutto, dai fondamenti fino all’analisi. Però poi, dopo tre semestri, ti rendi conto che è proprio quello che ti serve, che ti chiarisce le idee, che ti dà un ordine. E non è più un ostacolo. Basta impegnarsi con costanza.

Ma non ti senti un po’ nerd?

Dipende. Se mi confronto con chi non studia fisica, allora sì, sono un po’ nerd. Ma all’interno del mio ambiente naturale, cioè le aule e i laboratori di fisica, allora no, perché quanto a nerdità lì girano dei soggetti spettacolari. Pensa che fra i miei compagni di corso c’è un ragazzo che a 14 anni ha scritto un programma per una simulazione che poi è stata fatta girare sui computer del CERN. Ha iniziato l’università a 16 anni, frequentando due semestri alla volta, e adesso ha praticamente finito. Siccome aveva vinto molti primi per la ricerca giovanile, gli hanno lasciato iniziare l’università anche senza il diploma di maturità.

Insomma un genio. Sembra Sheldon Cooper

E’ terribile: ti senti stupido, quando parli con lui. Ma lui, da genio, non ha una vita sociale. Eppure sai una cosa? E’ anche simpatico! Solo un po’ pieno di sé. D’altronde sarebbe strano se non fosse così, no?

Consiglieresti a un liceale di studiare fisica?

Sì, assolutamente sì.

A chiunque?

Ma sì, dai, in fondo basta volerlo e poi ci riesci. E’ chiaro che, se la materia non ti interessa per niente, allora non ha senso. Tanti dicono che per studiare fisica bisogna essere portatissimi per la matematica. Ma non è vero: si può imparare strada facendo. Guarda me: io non penso di essere stata molto portata. Però ce l’ho fatta.

Come mai poche ragazze studiano fisica?

Non saprei. Le ragazze spesso riescono anche meglio dei ragazzi. Però penso che i ragazzi siano più portati per la tecnica, quindi per la fisica sperimentale. Un ragazzo sa dove mettere le mani nel motore di un’auto. Io no, anche se so spiegartelo in teoria. Allora molte ragazze si sentono un po’ spaventate da questo confronto sulle questioni tecniche.

Come vedi il tuo futuro a breve, medio e lungo termine?

A breve termine devo anzitutto finire il bachelor. Poi voglio assolutamente fare il master, anche se devo capire bene dove e su che cosa. Penso però che sarà su qualche argomento astronomico o astrofisico. Dovrò decidere se andare più verso la teoria oppure più verso la sperimentazione, anche se mi sento più attratta dalla teoria. E alla fine mi piacerebbe poter lavorare nell’ambito della ricerca, magari in un Osservatorio.

Una vocazione tardiva

Dice che si sente attratta soprattutto dalla teoria. Qui però sembra diversi anche smanettando con gli strumenti...

Sei fidanzata?

Sì.

E il tuo ragazzo come vive la tua passione per la fisica? Voglio dire: nei tuoi rapporti personali, affettivi, anche in famiglia, la passione per la scienza e in particolare per la fisica non è un handicap? Ti capiscono? Ti guardano in modo strano?

Sì e no. Molti pensano che, se studio fisica, allora devo essere mostruosamente intelligente. La gente resta sempre un po’ impressionata. Perciò, se vuoi, c’è questo vantaggio: sembrare molto intelligenti. D’altra parte alcuni te lo fanno pesare: “Mica tutti sono intelligenti come te che studi fisica!”. Il mio ragazzo vive in Ticino, quindi è già una relazione a distanza. Quando mi viene trovare, nel weekend, mi aiuta a staccarmi dalla fisica, perché spesso ne ho bisogno. Comunque tutti ritengono normale che io studi tantissimo, che mi chiuda in casa o in biblioteca per due settimane per studiare ininterrottamente. Insomma, più io studio e più agli altri sembra normale che io studi tanto.


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