Rompe il silenzio della stanza all’improvviso un urlo lancinante
ruggisce di dolore la vedova carezzando la fronte del defunto
baciando le sue labbra bianche.
isteriche disperate invocazioni preghiere intercessioni e saluti
trema il ventre della grande madre conta vertebre ai suoi figli
scuote i muri dall’indifferenza
in pace e in guerra mani giunte al petto stringenti un rosario pronte a farsi
polvere.
morire è altra faccia della vita, fine di un futuro
inizio di un nuovo presente
osservare si fa terapia.
pagana fede sottile fatta di gesti
diventa teatro al sublimarsi di un rito
arcaico selvaggio forse unico
percorsi non lineari sfiorano l’assurdo
non è qui che si muore come tutti.
si muove il feretro fra due ali di folla plaudente
in segno di rispetto chiuse le imposte
drappi dai balconi sventolano neri al cielo
intonando tristi l’amaro addio.
“Réquiem ætérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis”
requiescat in pace.
amen.
Francesco Faraci
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