“L’anima non sarà mai morta, come non sarà mai pari il tre, né sarà il fuoco gelido” [Platone, 'L'anima']. 1889. Giugno. Era torbido il ricordo quella notte. Era l’isolamento. Un manicomio. Tremava l’anima. Gli astri. Cieli di blu e petrolio sparsi nell’esistenza, nelle forme e nei colori. Era l’inizio, mentre volgeva alla fine una vita eterna. Il cielo, concepito come una sorta di mausoleo personale, l’angoscia indomita nel tratto acceso, l’emarginazione.
Sul bianco della tela la drammaticità dell’esistenza, la memoria.
Van Gogh, in una stanza chiusa dipinge quello che solo lui può vedere, oltre la luna fino alle stelle, legge la partitura segreta dei colori del cielo. Vibra la mente indomita, si spezzano le sbarre dell’immaginazione, grida l’arte in una notte stellata, esplode, nella stanza di un frenocomio abbandona ogni tipo di contenuto formale. Si aprono le porte delle avanguardie del 900.
Prosegue il distacco interiore dallo stile impressionista da cui aveva attinto, ma che non aveva, mai, veramente amato. Mai. Pulsano i ricordi. Implodono. Si sfalda il cielo in un vortice cosmico sopra la quiete afona di un paese, le case, il silenzio, le colline immerse nell’oscurità dell’indaco, abbandonate dal giorno. Contrasto, innovazione; la genialità imprime sulla tela il forte-piano della pittura attraverso gli stilemi dell’immaginario, dove tutto sembra tranquillo ma solo in apparenza.
Vincent van Gogh, La notte stellata – Saint-Rémy : Giugno, 1889
Olio su tela – 73.7 x 92.1 cm
New York – Museum of Modern Art (MoMA)
Nell’osservazione attenta, incede la realtà interiore, attraverso la potenza del talento che dilaga insieme alle tenebre e all’ostentazione del dramma, visibile soprattutto nel tratto materico e convulso: il movimento glorifica il cielo, propaga virulenta l’anima rimestata nei colori profondi. La notte è efferata, il blu libra negli abissi della memoria: copre ogni cosa.
Il cielo si muove come mare, gli alberi, come fuoco interiore, assumono le sembianze di una fiamma mossa dal vento, straripa il silenzio, le stelle ruotano in un moto cosmico, perpetuo.
Arde virtuosa la genialità. La materia pittorica sostituisce il pensiero della forma in un estetismo convulso. L’arte, fine a se stessa, che tradisce le regole di contenuto.
Il dipinto che realizza non è una fedele riproduzione del paesaggio che vedeva, ma più di tutto una visione immaginaria, dove affiorano elementi lontani, intrisi nei torturati dettagli di un passato lacerato dalla follia. Dalla Francia vede la cupola di una chiesa olandese, un pino dalle fattezze di fiamma: nove, dieci, undici stelle che combattono in una guerra luminosa con luna che incede da un lato della tela come falce: tutto è violento, efferato, nell’eterno viaggio dall’anima al tratto.
Vincent van Gogh, La notte stellata
Particolare della trama pittorica
L’iconografia di un dipinto: diatribe inutili ed eterne: eminenze, appassionati e avventurieri dell’arte, perduti in congetture intorno a undici stelle. Molte le ipotesi che vagano sparse nella storia, dall’immensa Genesi alla piccolezza dell’uomo: all’inquietudine esistenziale.
Il binomio passione e ragione, la malattia nervosa. L’incomprensione. L’insoddisfazione.
E’ solo un paesaggio, ma non si può immaginare Picasso, Kandinskji o forse persino Chagall, anche se troppo diversi tra loro, senza il flusso impulsivo di Van Gogh. Sono tre le parti-chiave del dipinto; la volta celeste, un paesaggio terreno, un pino con le fattezze di fuoco gelido.
Il vortice del futuro in un dipinto ancora presente nei sogni sbandati di coloro che si cimentano nelle copie: facile da disegnare, impossibile da colorare.
Vedeva ovunque nella natura, una capacità di espressione, un’anima. La percepiva nei colori che inghiottiva insieme al petrolio per porre la fine a un’esistenza dilaniata dal tormento interiore. La notte, mai semplice, mai invana, sarebbe tornata, nell’ombra, sempre, non avrebbe mai ceduto il giorno a un altro.
Morirà suicida e sconosciuto un anno dopo. La sua opera vivrà nella gloria senza fine. La notte, lascerà il posto alla luce del giorno in cui decise di morire.
Il flusso impulsivo della genialità, nata da una vita in fiamme, avida troppo di colore; dopo le case la natura: undici stelle, la luna, il cielo e un pittore pazzo: tutto oltre il sipario del tempo.
La notte stellata; impressa come monito, indelebile: sull’anima.
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