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Sempre Isaac Florentine, ma stavolta il solo Scott Adkins a fare la parte del leone senza il grande Michael Jai White a fronteggiarlo. Il modello del prototipo di Walter Hill ha lasciato lo spazio al classico plot da Bloodsport, combattimenti ad eliminazione e solo uno dei concorrenti, prigionieri condannati all'ergastolo in carceri di massima sorveglianza, può ottenere l'agognata libertà.
Naturalmente quello che sulla carta sembra semplice non abbraccia i piani di avidi scommettitori, e di altrettanto crudeli secondini dalle punizioni disumane facili. In un quadretto tutt'altro che edificante (lavori forzati massacranti per spossare i concorrenti lanciati verso la sconfitta) arriva un incattivito Uri Boika (Scott Adkins), zoppo a vita dopo il combattimento che chiudeva il secondo capitolo, ma, grazie a questo, agguerrito come non mai in un mondo che fa le scarpe ai più deboli.
Undisputed 3: redemption è un signor seguito, diciamolo subito, forse non al livello del precedente segmento, ma si tratta soprattutto di un problema di deja vu dato uno schema vecchio come il cucco (i combattimenti ad eliminazione). Ma non è la storia a rendere speciale il film di Isaac Florentine, ma i suoi personaggi: ad un grandissimo Scott Adkins, che apostrofa con “Fottuti americani” un ergastolano troppo logorroico, si fronteggia un nuovo nemico dai toni bizzarri, il feroce combattente Dolor (Marko Zaror) che ama leggere Garcia Lorca mentre i suoi compagni sgobbano sotto il sole.
Ecco che allora un incontro non solo tra due diverse nazioni (la Russia e la Colombia), ma tra due scale sociali che la prigione non riesce ad annullare, il signorotto della droga dai gusti raffinati e il proletario rozzo e preso a calci dalla vita, diventa un modo per riaffermarsi come essere umano. Difficile non trattenere un applauso quando Boika cade a terra ferito, esausto mentre l'arbitro conta fino al dieci e, malgrado il mondo contro, si rialza e acquista proprio dalla sua miseria la forza di rinascere. Il superuomo niciano, ipotizzato dallo stesso Adkins in Undisputed 2, diventa per assurdo l'urlo di forza del proletariato, il Vamos a matar companeros che muoveva milioni di 68 fa Franco Nero contro il mondo, le armi per combattere i nemici non sono più fucili e pistole, ma i nostri stessi attrezzi di lavoro, i forconi, le zappe, gli scopettoni per pulire pavimenti e cessi, che se non a vincere ci servono per non farci cadere, a lottare fosse anche fino alla morte. Facce perfette da B movie di gran classe e regia quasi elegante di Florentine.
Il finale poi che abbraccia completamente il sottotitolo della pellicola ci fa tifare, dannazione, per quel grandissimo figlio di puttana che nel 2 odiavamo:
Boika! Boika! Boika!
Keoma
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