Tolte le parentesi di poesia, che alleviano le complessità del quotidiano, richiamano piuttosto alla realtà e fanno invece riflettere su problemi seri, come quelli legati alla condizione degli adolescenti in Africa, tutti i numeri dell’ultimo Rapporto Unicef, presentato alla stampa giorni fa.
Sul che fare e, soprattutto, sul come fare per dare una soluzione al “garbuglio” non è certo cosa semplice e agevole perché, nonostante i progressi degli ultimi vent’anni,che l’Unicef ovviamente sottolinea in ogni pagina del testo, per la gioventù africana c’è ancora molto da fare.
L’Unicef , o meglio i suoi esperti,considera età adolescenziale la fascia compresa tra i 10 e i 19 anni e nel nuovo Rapporto (“Progress for Children. A Report Card on Adolescents”) evidenzia le conseguenze allarmanti del permanere di un progresso diseguale tra il Nord del mondo e i Paesi in via di sviluppo(PVS).
Nulla di nuovo certo,perché non c’erano dubbi che così fosse,specie in termini d’istruzione e di salute, prerequisiti per poter vivere, in prospettiva, una vita normale. E potersi costruire anche un avvenire certo.
Semmai il nodo da sciogliere è quello di come attuare un corretta inversione,ormai intramandabile persino in Africa.
E c’è da chiedersi però, prima d’iniziare l’opera, e lo farebbe anche l’uomo della strada non particolarmente esperto di questioni africane, com’è possibile una qualsivoglia soluzione in un’Africa che è sempre, o quasi sempre, in guerra con potenze straniere, che rubano ad ogni passo, ancora oggi che il colonialismo militare è finito da un pezzo.
E, se proprio non prendono con destrezza e a mano bassa, è più che evidente che soffiano sul fuoco per alimentare conflittualità, mal sopite, appena l’occasione si presenta loro propizia.
Penso infatti, nell’immediato, ai rapporti, tra Cina e i due Sudan, per esempio, e all’ultima guerra del petrolio.
E mi vengono in mente i disastri e i morti,di cui è stata teatro ,e lo sarà ancora per molto probabilmente, la zona petrolifera e la città fantasma di Heglig.
Se comunque rimane ed è sacrosanto diritto dei giovani africani avere un’istruzione e per giunta di qualità, al fine di poter partecipare alla vita sociale e politica del proprio contesto di riferimento, com’è normale che sia, perché l’Africa cresca sul serio camminando sulle proprie gambe, e avere al contempo la giusta protezione e assistenza sanitaria, occorre attivarsi con strategie efficaci,che non siano però solo parole o libro dei sogni e, nemmeno cicaleggi ,e che rispondano ai bisogni.
L’ottica con cui rispondere deve essere in definitiva, la loro e non la nostra, fermo restando che nulla va lesinato in termini d’innovazione specie per quanto concerne le nuove tecnologie.
Ritornando ai numeri del Rapporto Unicef si legge, e spaventa, di almeno un milione e mezzo di giovani che in Africa muoiono, all’infuori delle note guerre e guerriglie, per incidenti stradali, complicazioni di parto, suicidi, Aids, e/o violenze varie.
A proposito delle violenze ,nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio il 70% delle giovani donne sposate sono quotidianamente oggetto di violenze domestiche. E i parti, non solo in Congo, frequenti e numerosi, avvengono spesso in età precedente ai diciotto anni così come i matrimoni , in età precoce, e cioè prima dei quindici anni.
Se complessivamente maschi e femmine frequentano nei Paesi poveri quasi al 90% la scuola primaria, la secondaria è disertata o quasi dalle femmine, che sono dalle famiglie deputate al lavoro domestico oltre che a quello dei campi.
E sempre l’Africa sub sahariana continua purtroppo attualmente ad indossare la maglia nera nell’istruzione.
Questo significa che nell’ Africa-subsahariana ,come in altri Paesi in via di sviluppo , quelli “difficili” (vedi Asia meridionale), globalmente, sul totale censito, 127 milioni di giovani, tra i 15 e i 24 anni, risultano ancora essere, ai nostri giorni, degli analfabeti.
Se è vero che l’istruzione adeguata può battere la povertà morale e materiale e offrire anche una vita più sana, grazie alla corretta informazione e formazione, l’unico percorso da compiere è trovare le modalità per il raggiungimento dell’obiettivo. Senza mai cedere allo scoraggiamento e provandole proprio tutte.
Ma non dimenticando mai chi sono gli autentici agenti del cambiamento e ricordandosi sempre che nessun sapere, calato dall’alto, se non condiviso, può essere efficace. E specie lì dove s’è creato, nel tempo, per l’egoismo e per la supponenza dell’uomo, un enorme divario storico-temporale.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)