Magazine Lavoro
La domanda è inquietante: “Riunificare il mondo del lavoro è possibile oggi?”. E’ il titolo di un importante seminario che ha visto riuniti studiosi, dirigenti politici e sindacali e che ora campeggia su un volume Ediesse. L’iniziativa è dell’”Associazione per il rinnovamento della sinistra”, presieduta da Alfiero Grandi, ma in collaborazione con altre fondazioni e centri studi. Così si sono riuniti e hanno parlato donne e uomini non solo per darsi ragione l’un l’altro. Spiega Grandi nell’introduzione “Ognuno ragiona sulla sua sinistra, come la vede, come la vorrebbe, ma spesso senza interfacciare, senza confrontarsi con altri soggetti che conducono una riflessione parallela. Questo accresce la sensazione di impotenza”. Sono però evidenti “la frantumazione del mondo del lavoro, la sua perdita di potere e ruolo nell’assetto economico e sociale”. Da qui l’esigenza di una piattaforma atta a costruire una riunificazione.
Gran parte della discussione è dedicata all’analisi dei cambiamenti. C’è chi chiede, come premessa, (Piergiovanni Alleva) una “bonifica della palude malsana cui può essere paragonata l’attuale situazione del diritto del lavoro e lo stesso mondo del lavoro”. Altri come Pietro Barrera notano che “non sarà facile fissare il traguardo della riunificazione nel vivo di una crisi economica che riduce i margini di manovra per tutti”. C’è chi parte dal recente accordo sulla rappresentanza concordato tra i sindacati. Anche se bisogna osservare che le valutazioni sono espresse prima della stesura definitiva dell’intesa e quindi prima del forte scontro tra Fiom e Confederazione. Fatto sta che Fulvio Fammoni ne parla come un punto di forza possibile per un progetto di riunificazione, accanto al piano per il lavoro proposto dalla Cgil. E accanto alla cosiddetta contrattazione inclusiva adottata per allargare la rappresentanza ai precari.
Osserva Claudio Treves a questo proposito che “ogni trimestre si concludono in Italia circa 1,2 milioni di rapporti di lavoro, dei quali poco meno della metà ha avuto una durata inferiore ad un mese, e metà di questi dura un giorno”.
Treves tocca anche un tema sollevato da molti intervenuti “un tema delicato ma devastante per la sinistra: il rapporto tra reddito di garanzia e/o di cittadinanza, il salario minimo e il lavoro”. E’ una tematica ripresa da molti interventi (Gianni, Turci, Carra, Migliore, Leiss) con posizioni diverse. Per molti è un obiettivo prioritario, per altri un obiettivo pericoloso. A me piace ricordare le lontane parole di Bruno Trentin: “Un istituto del genere avrebbe alte probabilità di produrre effetti perversi, di congelare una fetta di aspiranti lavoratori ai margini del mondo produttivo…A chi non ha un reddito la società ha il dovere di offrire opportunità vere, non assistenza".
Una strada impervia, insomma, quella della riunificazione. Eppure per Mario Sai oggi c’è un elemento che unisce tutti i lavoratori “dal management al precario passando per l’operaio che lavora alla nuova catena di montaggio o al professional che lavora nella Rete”. Ovverosia “una capacità di utilizzare informazioni per risolvere i problemi”. Così come, dice Maria Luisa Boccia (una donna presente fra tanti uomini) "si dovrebbe fare dell’organizzazione dei tempi di lavoro una questione – se non la questione attorno alla quale riunificare conflitti e proposte”. Modificando, innanzitutto, “i rapporti tra uomini e donne”.
Molti altri gli approfondimenti (Landini, Fassina, Pizzuti, Garzi, Buttaroni, Ciofi, Gallino, Di Corinto, Borioni, Bulgarelli, Procaccini, Stirati, Morelli, Caserta), Numerosi i richiami a un soggetto politico adeguato e a una nuova unità sindacale. Con Pierre Carniti che sostiene come le differenze sulle politiche siano sempre esistite ed esisteranno sempre. L’ostacolo vero in realtà è dato dal “ceto sindacale” cioè dai dirigenti e dagli apparati che “difendono se stessi ed il proprio ruolo”. Mentre Mario Tronti sembra far riemergere l’”autonomia del politico”, sottolineando come sia necessario “ripartire dall’alto”. Perchè “riunificare il mondo del lavoro si può solo se si ricostruisce il soggetto capace di realizzare il compito”. Il Partito, con la P maiuscola, insomma.
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