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Uniformare il testo

Da Marcofre

La faccenda solo a prima vista appare peregrina e di scarsa importanza. Qualcuno per esempio potrebbe osservare che con il self-publishing è un problema superato perché…
Già perché?

Uniformare il testo vuol dire dargli quell’omogeneità in grado di garantire al lettore una comprensione facilitata del testo. In modo anche da esaltare le sfumature dello stesso e di consegnare una pagina bella a vedersi, e davvero capace di comunicare. Questo significa anche che ogni editore ha le sue regole per uniformare il testo, ma se opto per l’auto-pubblicazione, devo badare a questo aspetto.

I più arzilli tra di voi si chiederanno a questo punto: di che diavolo parla? Perché non fa un esempio così capiamo?
D’accordo.

Se si scrive un romanzo, questo probabilmente sarà suddiviso in capitoli. Il titolo di ciascuno di questi deve avere una caratteristica tipografica precisa, e quella deve restare per tutti i capitoli. Se scelgo un font, quello sarà uguale dall’inizio, alla fine.

Si tratta solo a prima vista di una questione estetica mentre in realtà è una questione estetica fondamentale. Una pagina non è solo un “contenitore” di parole (e qui che sia digitale o cartacea non significa nulla). È un’esperienza visiva che avvicina o allontana il lettore in base a quello che l’occhio trova.
Perciò anche elementi in apparenza secondari come gli “a capo”, i paragrafi, l’occhiello, hanno una loro funzione.

Dopo questo, che deve essere tenuto in considerazione se si vuole fare da sé, c’è altro lavoro da portare avanti sul testo.

Il classico esempio scemo: Paese o paese? E qui mi riferisco all’Italia, non ad Abbiategrasso. E poi: 1200 Euro o 1.200 Euro? E se invece fosse Milleduecento Euro? O milleduecento euro?
Le date?
E cosa scrivete: Capitolo Primo o Capitolo I?

E infine l’argomento che scatena discussioni, conflitti e guerre: le virgolette! Quelle per introdurre i dialoghi, certo.

Qualunque sia la scelta che farete, ricordate che dovete per forza, una volta decisa la forma, mantenerla dall’inizio alla fine. Non è possibile passare da Paese a pagina 122 a paese a pagina 144. Occuparsi solo di scrivere bene una storia ha senso se alle spalle si ha un editore, e magari un editor, come è capitato a me con 40K, e il mio ebook “Starter Kit per blogger“. Le cose cambiano se si decida di procedere da soli: quello che fa un editor tocca all’autore. E le mancanze, le disattenzioni possono costare care.

Come? Se ne accorgeranno in pochi?

Se ragionate così avete una triste opinione della narrativa. Inoltre, i lettori non sono tutti uguali. Alcuni non distinguerebbero un racconto, dalle istruzioni per impostare un firewall sul proprio computer, ma chi scrive deve puntare ai lettori eccellenti. Quelli che badano ai dettagli, e se si accorgono che ne avete cura, parleranno di voi. Esiste qualcosa di meglio per un autore?

Inoltre: adesso siamo ancora agli inizi, almeno in Italia, e un po’ di sciatteria può essere perdonata. Tra un anno dubito che ci sarà comprensione. Liberarsi dell’editore vuol dire farsi carico dei doveri di un editore. Quindi: più cose da fare, maggiori competenze da acquisire, oppure se non si ha tempo o capacità: pagare qualcuno che lo faccia al nostro posto. Non è più facile.


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