Belgrado è una città bellissima. Uno di quei pochi posti in Europa che sanno ancora profumare di autentico, portandosi dietro con orgoglio le ferite di un tempo, alla faccia delle politiche comunitarie e delle rigide regole globali.
Lo si nota camminando per strada, guardando con un occhio le case bombardate negli anni 90, ancora lì in piedi, a pochi passi dal centro, oppure entrando nei tanti locali dove ancora si fuma all’interno.
Una capitale magica, incastonata nella penisola balcanica, acclamata per la sua scalmanata vita notturna a poco prezzo che ormai richiama turisti da tutto il mondo.
Ma l’incolumità di Belgrado da qualche tempo è messa in pericolo; da un lato infatti le Yugo e le Zastava socialiste stanno sparendo dalle strade, dall’altro l’ombra di un potente sceicco potrebbe oscurare il fascino della capitale serba. Ed il perché è tutto legato ad un progetto faraonico che da qualche mese turba le teste dei residenti: si chiama Waterfront ed è il nome con il quale i politici locali vorrebbero trasformare lo storico quartiere di Savamala nella Miami dei Balcani. O una cosa del genere.
Savamala è una delle parti storiche della città, colma di edifici antichi che si affacciano sulla Sava, uno dei due fiumi che circondano la parte nord della città (l’altro è il Danubio).
In una zona un po’ degradata e a volte dimenticata hanno preso vita buona parte dei movimenti artistici e culturali della città: il prezzo ribassato di alcuni edifici quasi abbandonati ha permesso a tanti giovani artisti di fare di Savamala il cuore dei loro impulsi creativi. Così sono nati locali, pub, club e gallerie d’arte, attirando turisti e addetti ai lavori, stuzzicati da concerti e serate alternative.
Oggi sarebbe fin troppo facile chiamarlo il quartiere “hipster” di Belgrado, ma è impossibile attribuire etichette ad una città dai tratti incredibilmente particolari.
Per avere un esempio, basta dare un occhio a come è stato ricavato un locale come il Kc Grad, uno dei posti più in voga di Savamala.
Ed in cosa consiste il progetto Waterfront?
L’idea non è certo innovativa, ovvero sfruttare “meglio” la parte più commercialmente appetibile della città, vicina al centro, che si affaccia sulla Sava.
La questione riguarda ovviamente le modalità: da qualche tempo, all’interno di un’antica banca abbandonata di Savamala (Geozavod, uno degli edifici storici più significativi dell’intera città) è stata allestita un’esposizione continua del progetto Waterfront, dove eleganti hostess accompagnano l’osservatore in giro per le stanze, mostrando il plastico della nuova Belgrado, oltre a diversi pannelli che illustrano il futuro e lussurioso stile di vita dei cittadini serbi.
L’esposizione è firmata Eagle Hills, azienda leader di Mohammed Alabbar, figura espertissima del ramo immobiliare internazionale, lo stesso che a Dubai ha eretto Burj Khalifa, l’attuale edificio più alto del mondo: nello specifico la sua azienda è partner e finanziatrice dell’impresa, anche se nessun cittadino serbo è in grado di spiegare chi sia realmente coinvolto in questa faccenda (alla conferenza stampa di presentazione non era infatti presente alcun architetto e non è stato fatto alcun nome: inutile dire quanto tutto sia avvolto da parecchio mistero).
In pratica si parla di una superficie di 90 ettari, dove sorgeranno abitazioni, uffici, il centro commerciale più grande dei Balcani, edifici scolastici, teatri, cliniche mediche, parchi giochi e giardini, hotel di lusso e un porto riservato agli yacht.
Il tutto sormontato da una spettacolare torre di 180 metri, la Belgrade Tower. Per costruirlo ci vorranno dai 5 ai 7 anni, e un investimento globale di poco inferiore ai tre miliardi di euro.
Il premier serbo Aleksandar Vučić ha assicurato che il progetto Waterfront darà lavoro a migliaia di compatrioti, trasformando Belgrado nella nuova Dubai (o Miami, vista la presenza dell’acqua) dell’Est Europa.
La maggior parte della popolazione, che avrebbe preferito una riqualificazione intelligente e volta al restauro e al recupero degli edifici storici, nutre dubbi fortissimi e condivisibili: in un paese dove lo stipendio medio si aggira intono ai 380 euro e dove non esistono autostrade, come si può pensare che costruire il nuovo parco giochi di un emiro possa risollevare la situazione?
Questa volta neanche la rakija ci salverà.
Davide Agazzi
@twitTagli