Quando mesi fa mio fratello Copeland mi chiese di fargli da testimone di nozze, la generale contentezza che mi suscitò la proposta fu però tarlata immediatamente da tre obiezioni di un certo spessore. In altre parole, benchè fossi molto felice di quanto mio fratello ci tenesse e bla bla bla, dentro di me si fecero avanti impetuosi e non evitabili tre retropensieri specifici, che qui andrò ad analizzare:
1) L’obiezione economica.
Fare il testimone è, economicamente, una inculata magistrale. Sei chiamato a fare un regalo più importante della restante massa di invitati eppure, volendo fare un’analisi dei costi e dei ricavi, non è che mangi di più di loro alla cena o al pranzo. Forse ti tocca un tavolo più esclusivo, ma nessun optional o esclusiva che legittimi lo sforzo economico supplementare. Ora non fate tutti quanti le dame candide o i signori d’altri tempi. Essere invitati ad un matrimonio dovrebbe essere una vicenda guidata da un preciso calcolo che ti consenta quanto meno di non rimetterci un sacco di soldi (come ho consigliato non molto tempo fa ad una ex-blogger, il budget per il regalo non dovrebbe mai superare il supposto costo del pranzo, in modo da risultare quanto meno in pari alla fine della fiera). Analogamente, gli sposi dovrebbero calcolare bene chi si scelgono come testimone, cercando di beccare gente solvibile, con grana a pacchi, che possa aprire il portafoglio e farlo cantare a piacimento.
Riportando tutto al caso specifico, mio fratello con quell’annuncio improvviso, da una parte si è scelto un pezzentone perennemente senza una lira, mentre io ho saggiato il gusto pieno della bancarotta causa regalo coatto oltre le mie possibilità. Forse è stato il sesto senso fraterno, o forse il mio sguardo terrorizzato, ma Copeland ha subito aggiunto alla frase “vorrei che mi facessi da testimone” l’altrettanto importante “non preoccuparti, so che sei un braccine corte spiantato senza una lira, non mi aspetto da te nulla di più che la presenza“. Al che io, quasi commosso, l’ho abbracciato ubriaco dalla felicità.
2) L’obiezione religiosa.
Quando Copeland mi ha fatto l’offerta che non si poteva rifiutare, e dopo aver risolto il prioritario problema economico, mi ha detto anche che il matrimonio si sarebbe celebrato col rito cattolico. Allorchè si è fatta strada l’altra obiezione potente: io testimone di nozze in un matrimonio religioso?
“Diamine, perchè non chiedermi di concelebrare un rito vodoo allora? Perchè non sgozzare una gallina e bere il suo sangue, visto che ci siamo, o danzare attorno ad una vergine ignuda e legata, adorare un vitello d’oro, ululare alla luna in braghe di tela col viso trasfigurato del licantropo e….”
“Non devi fare nulla di diverso dal testimone di un matrimonio civile, trimone“, mi ha risposto secco il nubendo.
“Si ma stai attento, se lo stregone in tunica viene da me e mi chiede se mi voglio confessare, io gli risponderò questa testuale frase: “il concetto cattolico di peccato è una ossessione ridicola e pericolosa, questo continuo senso di colpa che voi palandrane bianche instillate sin da piccoli nelle persone è una tara da cui ci liberiamo a fatica e nemmeno tutti crescendo, e questa spietata vergogna che dovremmo cercare dentro noi stessi e provare a più non posso ha fatto più danni dell’atomica di Hiroshima. L’idea stessa che io confessi ad un uomo i miei peccati è insultante, perchè l’atto non è sincero e perchè se credessi in dio chiederei a dio perdono, e non ad un uomo che si arroga il diritto di sostituirlo senza che nessuna sacra scrittura lo legittimi a farlo. E poi...”
“Cazzo, non preoccuparti, penserò io a che non ti chieda un bel cazzo di niente“, mi ha rassicurato Copeland.
Ma io, non domo: “Si, e se durante la messa si volta di fronte a me e mi porge la comunione? Guarda che io gli risponderò che le cialde le mangerò dopo durante il rinfresco e col gelato...”
“Porca puttana“, rabbrividisce il promesso sposo al solo pensiero dell’infarto procurato al prete, “stai tranquillo, mi metterò sempre tra te e il prete, in ogni momento, tu solo stai zitto, ti prego per una volta stai zitto...”
“Presenzio, firmo ed esco, allora? Nessun inghippo, nessuna magia, nessuna professione di fede estorta, nessun concupimento dell’anima?“
“Mi sa che è da un po’ che non vai ad un matrimonio cattolico, magari avesse una trama così avventurosa…“
3) L’obiezione dell’abbigliamento
I soldi e la libertà di coscienza sono minchiate, rispetto al vero spauracchio che, come una visione orripilante, mi si è parato davanti quando mi è stata fatta la proposta indecente: come si vestono i testimoni? Dovrò per caso mettere la giacca? E la cravatta? E i pantaloni lunghi? Nemmeno i jeans? Le scarpe da ginnastica le posso tenere? Se ho caldo in chiesa mi posso sbracciare? E’ consono per un testimone indossare i bermuda? Mi devo fare la barba? Mi devo fare la doccia la mattina prima di andare?
Pare che a tutto questo ci sia una risposta, e sia del tutto sfavorevole alle mie scelte in tema di vestiario. Se metterò una cravatta, e pare mi tocchi metterla, sarà credo la terza volta in vita mia. Sulla giacca, forse siamo sulla ventesima. Le scarpe da gangster, comprate solo a fini matrimoniali, saranno usate per la 5 o 6 volta. Dovrò fare la barba curata. Mi fotograferanno vestito da pinguino. Ho ottenuto di poter mettermi a mio agio dopo la messa, ma non ho ottenuto i pantaloncini e la maglietta al rinfresco. Eppure avrei messo la mia maglietta preferita e miei pantaloni corti più belli. Se il problema sono i peli alle gambe, posso fare la ceretta, ho detto. Ma con certa gente non si può ragionare.
Comunque non temere Copeland. Sabato ci sarò, al massimo della forma, e se il prete non mi provocherà non ti farò sfigurare. Firmerò quel che c’è da firmare, anche se non serve attestare in nessun registro che sei sempre stato un successo spettacolare, e se questa ne è l’ennesima dimostrazione, stai tranquillo che lo testimonierò con una speciale quanto inattesa dignità.