Anna Lombroso per il Simplicissimus
Giornata esemplare per dedicarsi a una fenomenologia della Lega. Stamattina tal Maurilio Canton noto per aver ripristinato fasti bulgari essedno stato eletto segretario provinciale della Lega a Varese non per acclamazione ma per mugugno mal dissimulato ha fatto un proclama a Radio 24:
«Per Bossi ci sono milioni di persone con le armi pronte a lottare per la Padania? Io sono uno di quelli. Sono un militante, tutti i militanti giurano quando sottoscrivono un documento, l’articolo uno dello Statuto della Lega. Ci mancherebbe altro non fosse così. L’articolo uno è quello per l’indipendenza della Padania. Si ottiene anche combattendo? Siamo militanti, funziona così, io non mi tiro indietro. La Padania è un luogo del cuore, poi dei popoli, di conseguenza viene considerata patria da chi la abita. I confini non li decide nessuno ma sono insiti nel nostro essere».
Nel frattempo sulle intercettazioni il capogruppo del Carroccio alla Camera: “La legge serve ma va fatta tenendo conto delle richieste dei magistrati. Le priorità sono altre per questo spero che venga ritirato. Ma comunque non ci sono rischi per la tenuta della maggioranza e non ce ne sono sul voto finale”.
Si un partito di insurrezione e di governo, posseduto da una bilogica trilogica e anche di più e dominato dalla volontà di stare comunque al potere a Lecco, Voghera, sul Po e nell’oltrepo ma soprattutto nell’odiata e vituperata Roma che non deve essere poi così male, a bivaccare per trattorie del Pantheon, a – si sospetta – acchiappare qualche avanzo delle cene eleganti, a combinare qualche affare, oltre che maturare quelle garanzie negate anche ai suoi stessi figli a meno che come il Trota non godano dei privilegi dinastici.
È la loro astuzia terragna e rozza, Ma d’altra parte se sono stati così furbi da persuadere col loro pensiero debolissimo opinionisti, esponenti della sinistra invidiosa e tutti quei misteriosi analisti a metà tra “letteratura” e sociologismi, va riconosciuta loro una certa sapienza. Il loro segreto è consistito proprio nella raffazzonata e confusa combinazione di arcaismi, egoismo, misoneismo ben rappresentato dalla solita triade della destra più retriva ma ben viva, paura, xenofobia e razzismo e populismo, con le “visioni” illusorie della speranza tremontiana di una economia sociale di mercato.
Si, tutto insieme, rimescolato, localismo ottuso e provincialismo, assoggettamento alla visibilità mediatica, movimentismo e personalismo, familismo e consumismo. Con l’intento più o meno consapevole di mettere a frutto la totale assenza di principi, di valori, di idee per accontentare un elettorato che stava trasformando in virtù i peggiori vizi, la diffidenza, l’isolamento, la disaffezione dalla socialità e dalle istituzioni, l’antistatalismo, la disubbidienza fiscale e il primato del “privatismo”.
Nel processo di dissoluzione e disgregazione economica sociale e morale del Paese, la metamorfosi del conflitto di classe in conflitto territoriale, l’aggregazione intorno alla spoliticizzazione, hanno funzionato. Ma ora questo tremendo procedere tentoni, da ubriachi senza direzione, da insensati senza guida mostra la corda. E speriamo che si impicchino.