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URBAN LITTLE FANTASY, capitoli 1 e 2

Da Fishcanfly @marcodecave

Non era un progetto annunciato ma a me piace venirmene fuori così. Proprio come una di quelle rockstar in pensione (sì, ho manie di grandezza) che in un caldo giorno di agosto, in mezzo alla settimana, ti lanciano il pezzone destinato a scalare le classifiche. Solo che io non sono una rockstar, e questo assolo non è destinato a restare nella storia del rock, men che meno della letteratura di genere. Urban Little Fantasy è un’opera urban fantasy che mi sono divertito a scrivere, non priva di molte imperfezioni, malgrado varie revisioni, di cui un’ultima ancora in corso. L’uscita dei capitoli non avrà una netta scadenza, ma sarà decisa a mia totale discrezione. Preparerò, quando avrò tempo, anche un pdf e vi prometto che sarà scaricabile per chi vorrà, gratuitamente, rilasciato sotto licenza CC. Questo lavoro richiama esclusivamente nel titolo il telefilm Little Pretty Liars: dico questo per i patiti di serie tv. Ma potrebbe richiamarne anche altri di titoli, a mia ignoranza. I capitoli saranno contrassegnati come gli episodi di una serie tv, a contrassegnare l’ormai evidente contaminazione tra serie tv e letteratura, della quale avremo modo di parlare successivamente. Ovviamente sono bene accetti critiche e suggerimenti riguardo correzioni da fare etc. Non voglio anticiparvi altro. Spegnete i telefoni, accendete il cervello. Buona Lettura.

ULF s01e01, Una noiosa premessa

Questa che sto per raccontarvi è la mia storia, ma è anche la storia di chi non si è arreso. I fatti che vado a riferire sono tutti veri. Francamente non capisco la ragione per la quale sto scrivendo. E già questo dovrebbe indurvi a chiudere il libro. Ritengo infatti che uno scrittore che non abbia ragioni per scrivere è anche uno scrittore che non ha rispetto dei suoi lettori. D’altronde ve lo dico molto liberamente. Io non ho rispetto di voi. Non ho rispetto di nessuno, dal momento che, come i fatti che andrò a narrare dimostreranno, non ne ho avuto per molto tempo nemmeno di me stesso.

Non vi aspettate nulla di eccezionale, per quel poco di eccezionale che possa esserci nella vita di un uomo. Questa è una storia noiosa. Io vi ho avvertito: fate ancora in tempo a riporre il libro nello scaffale, e a scegliere quello accanto al mio, così in modo del tutto casuale. Qualsiasi libro non può essere peggiore o più noioso o più detestabile di questo.

Bene, penso sia il momento di cominciare. Da questo momento in poi non si torna indietro, i soldi che avete speso non ve li ridarà nessuno, men che mai il sottoscritto.

Potrei dirvi che la mia storia inizia con la mia nascita. Cosa scontata, banale, non vera. Ho ragione di ritenere che la storia di una persona inizia, si interrompe e può persino riprendere solo ed esclusivamente a condizione che quella persona lo decida in modo del tutto autonomo. Proprio come un romanzo. Non assistete il più delle volte alla nascita biologica del protagonista, ma, se è un buon romanzo, alla sua nascita letteraria, di personaggio, più che di persona.

Parimenti, nel teatro della vita, una persona nasce in determinati punti del suo percorso. Penso anzi che ci siano persone mai nate che camminano in mezzo a noi, morti viventi, zombie, grigi automi che hanno fatto dell’abitudine e del cliché uno stile di vita, anzi un modo di morire.

Ora se sezionate la vostra vita vi renderete conto, se siete fortunati, se siete vivi, che ci sono stati dei capitoli assolutamente noiosi, che sembrano essere stati scritti solo per allungare il brodo tra un attimo e l’altro. La letteratura è una collezione di colpi di scena destinati a succedersi l’uno all’altro, la vita è molto più difficile da gestire: con la sua lentezza se non siete dei bravi autori rischiate di non vendere nemmeno una copia del vostro libro, di non vivere degnamente nemmeno un secondo del tratto che ci è concesso esistere.

Tuttavia, reputo ancora che il mio libro risulti tra i più noiosi. Odio le autobiografie. Chi le scrive di solito non sa di cosa sta parlando. Pensa che sta parlando della propria vita magari, invece sta parlando solo della vita di qualcun altro che ha creduto di essere. Se un’altra persona scrivesse di me, che vita mi attribuirebbe, quali ricordi, quali sensazioni? Pirandello ha già constatato l’amarezza di essere uno, nessuno e centomila al tempo stesso. L’identità è uno specchio destinato a frantumarsi.

Ma ancora, quando si scrive, scegliere un punto di vista è importante, fondamentale. Da quello dipenderà la bilancia degli eventi, un loro grado di giudizio, una loro inclusione o esclusione dal corso della Storia. Nondimeno in un’autobiografia non è scontato che il punto di vista sia quello di chi scrive. Il cervello sa sviluppare argute macchinazioni, disoneste raffigurazioni, mezze verità interscambiabili tra loro. Dunque: quale versione scegliere degli infiniti me che sono stato? Da quale universo parallelo della mia immaginazione andrò a pescare la mia vita? M’illuderò in qualche modo di essere vissuto, erigendo un monumento, una tangibile testimonianza dei fatti che mi hanno attraversato, dai quali, spesso, mi sono lasciato attraversare. Nello stesso tempo la scelta comporterà, come sempre, dei sacrifici, infiniti sacrifici. Per una strada che si sceglie, infinite altre vengono scartate dalla mappa, percorsi che non esploreremo mai, persone che non abbiamo conosciuto perché quella sera eravamo impegnati a fare altro.

Magari abbiamo vissuto la nostra vita a fianco dell’anima gemella. Ma potrebbero esserci state molte altre anime gemelle, magari peggiori, magari migliori, certamente diverse, che non abbiamo mai incontrato. Il solo pensiero delle “occasioni necessariamente perdute” può dare un senso di vertigine, per il semplice fatto che questo ragionamento conduce a una sola, inequivocabile, conclusione: il destino non esiste.

E se il destino non esiste, voi non state effettuando nessuna scelta (predestinata), ma state obbedendo a una casuale connessione di causa-effetto. Le persone sottovalutano quanto la sorte governi la loro esistenza. Questa è la mia storia. Storia di una sottovalutazione della fortuna.

URBAN LITTLE FANTASY, capitoli 1 e 2

ULF, s01e02, Sorpresa!

Ve l’avevo detto che non sarei stato onesto. E finirete questa lettura completamente gabbati dalla mia disonestà. Tuttavia, se siete arrivati al capitolo due, e io ancora non vi ho detto nulla di me come vi avevo promesso di fare allora o siete degli sciocchi, o siete degli sciocchi curiosi. Ad ogni modo questi restano affari vostri.

Io sono nato quando qualcun altro è morto. È allora che ho aperto gli occhi. Ma prima di quelli ho aperto la porta della mia dimora, sono entrato, ho poggiato l’ombrello, mi sono tolto l’impermeabile e mi sono diretto verso la stanza dove dormo. Avevo fame, ma ero anche stanco. Le lezioni universitarie mi avevano stressato. E prima di cenare mi sarei concesso un breve sonno ristoratore, almeno queste erano le mie intenzioni poco prima di aprire la porta della stanza.

La prima cosa che ho visto era una zampa. Una zampa bianca, enorme, appoggiata sul letto. Bianca e rossa. Una zampa insanguinata. La zampa di un coniglio agonizzante. La zampa di un coniglio agonizzante, con la lingua in fuori, che blaterava qualcosa. Vestito di tutto punto, con un cilindro blu e un soprabito color oro sgargiante.

Il coniglio blaterava, emetteva dei suoni, parlava. Ho richiuso la porta. Ho tentato di capire se mi fossi fatto di acido. Ma no, la giornata era trascorsa tranquillamente. O forse era un’allucinazione, certamente dovuta alla stanchezza eccessiva. Riaprii la porta, cautamente, lentamente, mentre con lo sguardo mi affacciavo piano verso l’interno. La zampa era ancora lì.

“Vieni…avanti…” – sbigottito trovo il coraggio di posare lo sguardo su quello del coniglio. La sua testa è grande almeno quanto la mia: mi fissa con i suoi occhi rossi. Arretro.

“No…lo so che ti sembra strano che io parli…ma non c’è tempo per questo…ho bisogno che tu faccia una cosa per me!” – ecco, lo sapevo! – mi sono detto – ho letto troppe storie fantasy e ora le conseguenze si fanno sentire tutte insieme. Potevi fare anche qualcosa di meglio che sognare un coniglio sul punto di morte che chiede all’eroe di poter fare qualcosa per lui! Insomma, andiamo, abbastanza ridicola come allucinazione.

Già, ma l’allucinazione si muove. Con la zampa destra, quella sana, solleva un bastone e si porta il pomello sul soprabito.

“Io sto per morire…Qui c’è un indirizzo…Prendilo e vai subito lì. Dì che ti manda Zach il Nero. Dì che sei il Passante. E dì anche…”

Non fa in tempo a riferirmi il resto. Mi sono chiuso la porta alle spalle e scappo, lascio l’ombrello e l’impermeabile e sono fuori. La pioggia mi bagna da capo a piedi, mi appoggio al muro. Respiro a fatica, le mie gambe tremano, ho bisogno di sedermi. Aspetto. Non so cosa, ma aspetto.

 

URBAN LITTLE FANTASY, capitoli 1 e 2


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