Questo articolo è stato scritto per la rivista Beatbear e lo trovate a questo link.
Una artwork accattivante con un mezzo busto di una donna dallo sguardo ricoperta di pittura (con prevalenza di rosso); un buon primo album e la benedizione e la partecipazione di Jagz Kooner (produttore dei Kasabian) , Andrew Innes (Primal Scream) e Peter Hook (che negli ultimi tre anni ha portato malamente in tour i due album dei Joy Division) accentuano l'interesse iniziale per questo album.
Gli Autokratz sono uno duo londinese formato da David Cox e Russell Crank che si sono fatti notare nel 2008 grazie ad una serie di remix e l'ep Down & Out In Paris & London . Il loro debutto avviene nel 2009 con Animal che si inseriva bene nella scena elettronica ponendosi in una via di mezzo fra passato (con chiari riferimenti a New Order, Ultravox e soprattutto Human League) e modernità (più vicini a Justice e Digitalism).
Il nuovo album che è uscito per la Bad Life, giovane casa discografica che si sta concentrando sull'elettronica danzereccia, mantiene più o meno la stessa direzione: c'è sempre la componente del suono che vira sulla techno ma c'è anche un tentativo di “commercializzare il suono” proponendo un elettropop che risulta nell'insieme gradevole.
La prima traccia “Opposite of Love” mette subito in mostra questo aspetto: ritmo invasivo per tutta la durata del brano che si “scioglie” nelle parti cantati. La presenza di Peter Hook si sente immediatamente in “Becoming the Wraith”, pezzo classico di synth-pop anni '80 ma poco spigoloso e per questo poco convincente. “Fireflies” è sicuramente un bel pezzo ma pecca clamorosamente di originalità: sembra un brano dei New Order riarrangiato. Sulla stessa linea d'onda il successivo Last Light che risulta più poppeggiante nei ritornelli (risulterà molto più originale e convincente “Their Gun”, proponendo un synth-pop più elegnate e meno banale).
Dobbiamo arrivare al quinto brano, “The Seventh Seal” , per trovare qualcosa che convince del tutto: pulsazioni frenetiche, synth graffianti e voce sospirata creano un'ìimmagine di un carrarmato ad alta velocità: inarrestabile e potente. “Skin Machine” fa il paio con la precedente.
Piomba l'elettro-rock con “Kick” (che ammicca molto ai Depeche Mode di A question of Time) che vede la partecipazione della seconda Guest Star ovvero Andrew Innes, chitarrista dei Primal Scream. “The Fallen” prosegue il discorso iniziato con “Kick” ma vira più verso il synth pop e strizza l'occhio alla garage-techno.
Echi di glaciale dark.wave si ritrovano nella straordinaria “My own Black Heart”; la (quasi) strumentale “R.I.S.E.” invece rimette il piede sull'acceletatore facendo venire in mente anche i Kraftwerk che mancavano all'appello delle tanto odiate citazioni. Chiudono l'album la tarscurabile “Every Little Scar” e il pezzo dell'album più “ignorante”(come direbbe Bertallot), ma non per questo non apprezzabile A Train
E' un disco decisamente interessante che tocca vari lati dell'elettronica: i punti di forza si trovano soprattutto nei pezzi synth-pop e quelli più agressivi; al contrario nei pezzi di impostazione più pop c'è da rivedere qualcosa in quanto si tende alla banalizzazione del suono.
La seconda prova è decisamente superata: sarebbe interessante che per la loro terza fatica esplorassero le sonorità di My Own “Black Heart”, pezzo diverso da tutto il resto dell'album e una sorta di esperimento dark ben riuscito.
Nicola Orlandino
Voto: 7/10
Tracklist:
1. Opposite Of Love
2. Becoming The Wraith
3. Fireflies
4. Last Light
5. The Seventh Seal
6. Skin Machine
7. Kick (Feat. Andrew Innes)
8. The Fallen
9. My Own Black Heart
10. Rise
11. Their Gun
12. Every Little Scar
13. A-Train