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Ustica: chiusi in una scatola nera

Creato il 26 giugno 2010 da Bracebracebrace

Andrea Tornago

Ustica: chiusi in una scatola nera

tracciato radar del DC-9


Trent’anni dalla strage di Ustica, una delle tante stragi «in cerca d’autore» dell’Italia repubblicana. Sulla caduta del DC-9 dell’Itavia, precipitato nel mare Tirreno tra le isole di Ponza e Ustica il 27 giugno 1980, la verità storica si conosce da tempo: l’aereo civile italiano I-TIGI, in volo da Bologna a Palermo con ottantuno persone a bordo, è stato abbattuto da un missile aria-aria, probabilmente francese. Perché? C’è stata una battaglia aerea nei cieli italiani e il DC-9 s’è trovato sulla traiettoria di un missile sparato dai francesi? Chi doveva colpire in realtà quel missile? Perché a distanza di tanti anni ancora il «muro di gomma» non s’è sciolto? Per quali elementi questa strage si differenzia da Piazza Fontana, da Piazza della Loggia, dall’Italicus?

Per sollecitare una risposta politica ufficiale, e per rendere giustizia alle ottantuno vittime civili della strage, Radio Città del Capo di Bologna ha lanciato una campagna per la verità sull’abbattimento del DC-9: «Ustica 30 anni dopo: chi sa parli». Ecco l’annuncio diretto alle autorità italiane e francesi, e a chiunque intenda rompere il silenzio:

[Ustica: chi sa parli]

[Ustica: quelle est la verité?]

La campagna è stata presentata nel corso di una trasmissione di Radiopopolare – Popolare Network lunedì 21/06/2010, «Il Nodo»: il giorno dopo Bernard Valero, portavoce del ministero degli Esteri francese, ha dichiarato che la Francia è pronta a «cooperare pienamente» con la giustizia italiana per far luce su quanto accaduto nel cielo di Ustica. Dichiarazione storica, dato l’ostinato silenzio in cui i francesi si sono avvolti in tutti questi anni. Peccato che il giorno prima che andasse in onda la trasmissione, domenica 20/06/2010, un «virulento» attacco informatico incrociato proveniente dall’estero abbia messo fuori uso il sito della campagna su Ustica. A chi può dare fastidio ancora, dopo tanti anni, un’iniziativa di questo tipo?

[Radiopopolare, "Il Nodo" 21/06/2010]

Ustica: chiusi in una scatola nera

Di fronte alla strage di Ustica si ha l’impressione di intravedere qualcosa di ancora più orribile, di più indicibile di quanto già emerso: una caccia francese che spara un missile per abbattere un aereo libico che trasporta Mu’ammar Gheddafi, e colpisce invece un aereo civile italiano sotto il quale i francesi o i libici s’erano nascosti per non essere rilevati dai radar. Può bastare tutto questo (intendiamoci: già di per sé, di estrema gravità) a giustificare l’ostinato silenzio, le tante «morti sospette» che hanno interessato testimoni diretti e indiretti? In Italia, in fondo, da Portella della Ginestra a Piazza Fontana, da Piazza della Loggia al treno Italicus, non sono forse avvenute stragi la cui verità è altrettanto se non addirittura più grave, perché si tratta di stragi premeditate volte intenzionalmente a condizionare gli equilibri politici del nostro paese? E soprattutto può bastare tutto questo a legare Ustica alla più sanguinosa e inspiegabile delle stragi italiane, la bomba alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980?

Come per tutte le altre stragi di stato, è vano aspettarsi una risposta dalle istituzioni o una verità giudiziaria convincente. Ma resta il dovere di esigerla, e di continuare a tessere la memoria collettiva delle stragi italiane: ci aiutano i nostri artisti, dal film di Marco Risi «Il muro di Gomma» (1991) alla canzone di Francesco De Gregori «Sangue su sangue» (1992) a Marco Paolini con il suo spettacolo «I-TIGI. Canto per Ustica» (2000). Perché i passeggeri del DC-9 Itavia esploso in volo non siano soltanto «sangue su sangue» nella lunga scia di vittime degli anni ’70.



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