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Va bene essere uccisi da Assad, ma non “dall’altro”. E ancora sull’attacco alla Siria e sul perché occorrerebbe sostenere Obama.

Creato il 01 settembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Bashar_al-Assad_(cropped)di Elie Chalala. Diffido delle guerre. A parte la loro immoralità, la mia formazione e i miei studi di politica internazionale mi hanno dimostrato l’impossibilità di predirne l’esito. Non ritengo che i risultati di un attacco contro le forze di Assad possano anticiparsi con la precisione di una diagnosi scientifica di una malattia. Detto questo, ho un’ulteriore preoccupazione: l’emergere della retorica pacifista tra i cosiddetti arabi progressisti. Avrei voluto che avessero iniziato la loro campagna subito dopo che Assad iniziò la sua guerra contro i siriani in risposta alla loro iniziale sollevazione pacifica durata 8 mesi.

Sono perplesso e confuso davanti al comportamento di questi cosiddetti progressisti, che sono rimasti in silenzio dopo il massacro chimico di Al Ghouta e che si stanno proponendo ora come campioni sciovinisti della causa pacifista. Uno di questi progressisti ha scritto sulla sua pagina Facebook che è contrario a qualsiasi attacco straniero contro un paese arabo e ha fatto una lista di questi paesi per dare man forte al suo pensiero, includendo alcuni stati del Golfo. La domanda che gli farei è questa: come si comporterebbe se un altro paese, per esempio il Bahrain, attaccasse con i gas la popolazione sciita che vive nel suo territorio, e la Francia, sempre per esempio, decidesse di punire il regime aggressore, sarebbe ancora contro un tale intervento? Dovesse decidere – per rimanere coerente – di opporsi all’intervento francese, nella stessa maniera in cui si oppone adesso ad un attacco contro le forze di Assad, la sua posizione progressista si rivelerebbe molto simile a posizioni estremiste e fortemente nazionalistiche. In altre parole, sarebbe come stesse dicendo: “il mio paese sta sempre nel giusto” non importa cosa fa.

Simili posizioni,  che stanno diventanto più vociate ultimamente, perdono il loro intento patriottico e finiscono per giustificare i massacri; finiscono col dire che l’assassinio è da difendersi fin tanto che viene perpetuato all’interno dei confini della “nazione” sia essa quella siriana o araba. È insomma accettabile per i siriani essere uccisi da altri siriani ma non dagli stranieri. Dicono: è una faccenda interna alla “nazione” e il resto del mondo dovrebbe chiudere gli occhi. Detto altrimenti, non importa se alla fine del conflitto le forze di Assad vinceranno uccidendo fino ad un milione di siriani con tutti i tipi di armi, convenzionali e non.

Le posizioni di questi progressisti – in virtù delle quali niente giustifica un intervento straniero che metterebbe fine al genocidio contro i siriani – è pericolosa. Sebbene alcuni di questi progressisti provengano dalle università, essi sembrano avere scordato l’asse russo-inglese-americano della seconda guerra mondiale, senza il quale altri milioni di vite sarebbero andate perdute. Assad non è certamente Hitler, ma le immagini dei corpi di centinaia di bambini siriani uccisi, disposti in file non può non farci pensare agli orrori passati, dall’Olocausto al Ruanda alla Bosnia.

Ho notato una tendenza significativa nella communità di negazionisti-progressisti arabi e libanesi, laddove alcuni dei loro più noti sapientoni vanno scambiando l’etica con l’interesse politico. Nel giugno scorso, la città di Abra vicina a Sidone, Libano meridionale, ha assistito agli scontri tra lo sceicco salafita Ahmad al-Asir e l’esercito libanese. Finita la guerriglia, un video ha mostrato dieci soldati libanesi che circondavano e deridevano un operaio siriano. Quando l’umiliazione dell’operaio disarmato è finita, hanno cominciato ad insultarlo e ad attaccarlo fisicamente. L’incidente ha innescato un importante dibattito tra i libanesi che si chiedevano se questi soldati sono al di sopra o al di sotto della legge. E, con mia grande sorpresa, quei negazionisti-progressisti non solo sono rimasti in silenzio davanti all’odioso accadimento ma hanno criticato chiunque osasse mettere in dubbio l’operato dell’Esercito.

È lo stesso comportamento tenuto nei confronti dei massacri di Assad: chi oserà dunque criticare o punire quello che costui va facendo?

Elie Chalala for Al Jadid Magazine
© Copyright 2013 AL JADID MAGAZINE

Translated into Italian by Rina Brundu, September 2013.

Libera traduzione Italiana di Rina Brundu.

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Postfazione di Rina Brundu - Ancora sull’attacco alla Siria e sul perché occorrerebbe sostenere Obama.

Ho deciso di tradurre questo articolo di Elie – che come sempre ringrazio per la cortesia nell’inviarmi i suoi scritti e nell’intrattenersi su questi argomenti – perché lo condivido completamente. A quanto ha già detto Elie, forse occorrerebbe aggiungere soltanto che simili comportamente da “ignavi” (per non usare una terminologia più decisa che descriverebbe meglio lo status-quo!), si vanno manifestando sempre più anche sul fronte occidentale, l’Italia docet! Le guerre interventiste e pacifiste a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, sembrerebbero essere anche queste sempre più soggette all’interesse geo-politico e a quello economico-interno (vedi fatica nel racimolare la pecunia che serve a mantenere una promessa elettorale, nella speranza che porti il risultato, sempre politico-interno, alla prossima occasione); soprattutto, ciò che meraviglia è che il loro valore etico (non è un ossimoro), sembrerebbe “dipendere” da questi fattori. Non vi è da stupirsi dunque se in nome della moralità ambigua imperante si riesca a chiudere così facilmente gli occhi davanti ai massacri dei bambini e dei civili siriani, e davanti agli altri massacri perpetuati quotidianamente in ogni angolo del globo (vedi le follie di Kim Jong-Un in Corea del Nord che solo pochi giorni fa ha fatto fucilare per ragioni ridicole la sua ex-fidanzata e altre 11 persone e ha mandato ai lavori forzati le loro famiglie).

Se davvero non abbiamo il coraggio dei nostri ideali, e la memoria storica è corta, proprio come scrive Elie, almeno sosteniamo chi ha il coraggio delle sue idee e dei suoi ideali, o comunque non rendiamogli il compito più difficile di quanto non lo sia già.

In Dublin, 1sth September 2013

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Here follows the original article by Elie Chalala.

OK to be Killed by Assad, but not by “the Other”

I am always leery of wars. Aside from the immorality of war, my training and reading in international politics has shown me the inability to predict its outcome. I am not confident the expected results of a strike against Assad’s forces can be accomplished with the great precision of scientifically diagnosing an illness. That said, I have an additional main concern: the emerging anti-war rhetoric among supposedly Arab “progressives.” I wish they started their anti-war campaign after Assad started his own war on the Syrian people in response to their initial eight-month peaceful and popular uprising.

I am bewildered and confused by some of the so-called progressives, who were silent after Al Ghouta’s chemical massacres, are now championing a chauvinistic anti-war cause. One exceptional progressive wrote on his Facebook that he is against all foreign wars directed at any Arab country, and he listed several countries to bolster his case, including some Gulf states . My question to him is what if another country, say Bahrain hypothetically, started to gas its Shiite population on a grand scale, and France (also hypothetically) goes to war to punish the “aggressor” Bahraini regime, would he still be opposed to an intervention? Should he decide, for the sake of consistency, to oppose French intervention, like he opposes the possible strike against Assad’s forces now, his position ends up showing affinity for extreme and narrow nationalistic arguments. In other words, he would be saying “my country is always right,” never mind what it does.

Similar positions, which are becoming more vocal as of late, lose their intended patriotic resonance and end up justifying killing; they come to say murder is OK as long as it is within the borders of the “nation,” be it the Syrian or the Arab nation. It is acceptable for Syrians to get killed by other Syrians but not by non-Syrians. They say: it is an issue for the “nation” to decide among its constituent elements and the rest of the world should turn a blind eye. In other words, it does not matter if in the end of the conflict, Assad’s forces culminate their “victory” in killing one half to a million Syrians by all types of weapons, conventional and non-conventional.

The position of some of these progressives, where nothing justifies a foreign intervention to end the genocide against the Syrian people, is a dangerous one. Though some of these progressives are academics, they seem to have forgotten the “Grand Alliance” in WWII, without which many more millions would have been wasted. Assad is certainly not Hitler, but the images of hundreds of young Syrian children laid out dead and piled up in rows cannot but remind the world of the past horrors from the Holocaust to Rwanda and Bosnia .

I have been noticing a significant trend in the rejectionist-progressive Arab and Lebanese community, where some of its celebrated pundits have been trading off moral standards for political interests. Last June, the town of Abra near the southern Lebanese city of Sidon witnessed clashes between the Salafist Sheikh Ahmad al-Asir and the Lebanese Army. After the clashes subsided, a video was released of 10 Lebanese soldiers surrounding a Syrian worker laughing at and mocking him. When their humiliation session of the unarmed worker ended, he was subjected to insults and vicious physical attacks. This incident sparked an important debate among some Lebanese as to whether these soldiers are above or under the law. And to my surprise, those rejectionist-progressives were not only silent over the shameful incident but criticized anyone who dared question the Army.

It is the same attitude toward the Assad massacres: who will dare to question or even punish what Assad does.

Elie Chalala for Al Jadid Magazine
© Copyright 2013 AL JADID MAGAZINE

www.aljadid.com

Featured image, Assad.

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