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Questo mondo globalizzato non poteva che richiede un codice di comunicazione univoco, una lingua internazionale che rendesse gli scambi di ogni tipo – culturale, commerciale, sociale – possibili, qualcuno ci aveva provato con l’Esperanto (ai tempi della scuola me ne hanno parlato tanto...) ma poi tutto è svanito, e oggi la lingua internazionale è l’inglese.
Ci piaccia o meno – personalmente avrei preferito che questo codice internazionale fosse la lingua spagnola, anzi il castigliano, che poi è la seconda lingua al mondo dopo il cinese – è uno stato di cose irreversibile cui bisogna adattarsi per restare dentro certi meccanismi, dentro certi ambienti di lavoro, dentro certi sistemi d’interscambio culturale o sociale.
Nel mondo del lavoro attuale conoscere l’inglese non solo ci permette di lavorare in certi ambienti che al contrario sarebbero off-limits, ma permette di avere una marcia in più nella propria attività, permette di allargare il proprio panorama lavorativo, consapevoli purtroppo che in questo la Scuola com’è stata finora concepita non aiuta, ma dobbiamo essere coerenti. Fino a che punto conoscere questa lingua ci può giustificare rispetto al non conoscere la nostra lingua madre?
La conoscenza dell’inglese ha illuso molti, o forse ci si illude che la stessa sia la condizione necessaria e sufficiente ad affrontare il mondo del lavoro, il mondo degli studi (per chi ha avuto la fortuna di portarli avanti), e perchè no, la vita quotidiana.
Chi ha stabilito che si può conoscere l’inglese senza conoscere l’italiano? Sembra un paradosso ma le esperienze quotidiane sono piene di tali tristi esempi...
Ho sentito tanti Professori universitari conversare con un marcato accento e una forte inflessione dialettale, e dopo storpiare la nostra lingua madre durante le proprie lezioni... Ho sentito tanti Manager (con stipendi a sei zeri!) storpiare la nostra lingua madre... Ho sentito tanti Funzionari della Pubblica Amministrazione fare altrettanto...
La grammatica italiana e la sintassi urlano vendetta, i marcati accenti e le inflessioni dialettali vanno usate con moderazione e bisognerebbe essere in grado di gestirle, ma ancora di più bisognerebbe essere ingrado di parlare (e scrivere!) un italiano ad un livello accettabile, in particolar modo quando si sale in cattedra per insegnare ad altri una qualsivoglia materia o attività. E’ forse giustificato quel docente soltanto perchè (magari) insegna una materia tecnica o scientifica? E’ forse giustificato quel Manager soltanto perchè riesce a realizzare il fatturato che l’Azienda gli richiede? E’ forse giustificato quel Funzionario soltanto perchè nessuno gli chiede conto di mantenere uno standard di qualità della propria immagine perchè in nome dello Stato tutto è permesso? Basta sentir parlare i nostri politici per rabbrividire, ma non credo sia una giustificazione per scendere al loro livello, i politici non vanno presi a modello, mai!
Non sarebbe interessante sottoporre a tutti un bel test di lingua italiana insieme a quello d’inglese quando si sostiene un colloquio di lavoro? Non sarebbe interessante far sostenere un bel test di lingua italiana a tutti i managers nelle Aziende pena la perdita del posto di lavoro? Sono convinto che magicamente migliaia di posti di lavoro sarebbero subito disponibili per giovani e meno giovani con un inglese un pò zoppicante ma che parlano e scrivono un italiano corretto, o almeno più corretto.
Come diceva il grande Totò: “un punto e un punto e virgola, abundandis in abundandum”.
nanni
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