E’ estate , tempo di vacanze al mare, ma se ancora non siete partiti per località esotiche o locali ecco che su Y&S Sky canale 430, è possibile insieme a Syusi Blady compiere un’avvincente navigazione sulle rotte degli antichi Popoli del Mare. A bordo di Adriatica, la simpatica conduttrice ci guida alla scoperta dei misteri che si celano dietro i resti delle antiche popolazioni del Mediterraneo, partendo da Santa Maria di Leuca e puntando la prua verso Castro Marina. Un viaggio ricco di storia, misteri, interrogativi e, soprattutto, di luoghi fantastici, un viaggio nel Mediterraneo per scoprire il nostro passato. Una serie televisiva con puntate da 15 minuti l’una per raccontare la rotta di Adriatica, il veliero di 22 metri sul quale Patrizio e Syusy navigano da anni attorno al mondo, la loro casa galleggiante, il loro rifugio dalle intemperie, una compagna fedele pesante 50 tonnellate ma che ha concesso ai simpatici comici di trasformare una passione in professione.
Si parte dunque da Santa Maria di Leuca per ammirare le ville moresche, le grotte marine, il paesaggio dominato dal faro, che segnala l’unione fra Jonio e Adriatico. Fa caldo e non c’è vento ma Adriatica costeggia la Puglia dove nell’era glaciale vivevano i pinguini e i mammut. Questa parte dell’Italia mediterranea è ricca di resti mastodontici di animali preistorici che hanno dato origine alla leggenda dei giganti. Fossili di pachidermi con crani, comunque molto più grandi di quelli umani che presentano un grosso foro della cavità nasale dove si attaccava la proboscide, interpretati come quelli di giganti con un solo occhio; ed ecco svelato il mito dei ciclopi che “suggerirono” le antiche storie di eroi e mostri di Omero. Una bella testimonianza del legame tra mito e paleontologia.
A Castro che almeno 2500 anni fa, si chiamava Castrum Minervae ci attende il percorso speleologico nella grotta della Zinzulusa, ricca di stalattiti e stalagmiti, anch’essa frequentata fin dalla preistoria, come dimostrano i resti di ossa umane. E’ tra le grotte più affascinanti del Salento, sia per la posizione, sia per la spettacolarità della roccia. Deve il suo nome alle particolari formazioni calcaree che pendono dal soffitto, come degli stracci appesi (in dialetto Salentino, zinzuli), è la più importante grotta del Salento, si apre sul mare come un’enorme bocca che si staglia su di una scogliera alta ben quindici metri. Enormi formazioni calcaree, stalattitiche e stalagmitiche, originano delle strane forme e anche i colori che ne scaturiscono le danno un aspetto particolare. In questa grotta sono stati rinvenuti i resti di moltissime specie animali, dall’elefante all’orso, testimonianti le varie forme di vita animale che nei secoli vissero in questi luoghi ed è qui che Enea è riuscito ad arrivare dalla Grecia, qui sulla sommità della roccia c’era il tempio della dea Atena per i greci e Minerva per i romani. Ed è dalle rovine del tempio di Minerva, la prova che l´eroe mitologico al suo approdo in Italia sbarcò a Castro, dagli elementi della fondazione di questo edificio, dagli oggetti dedicati alla divinità, dalle coppette impiegate per le libagioni e frammenti di vasi di marmo provenienti dalle Cicladi, dal terreno ricchissimo di ceneri e ossa di animali, senz´altro resti di sacrifici. Ma l´elemento che ha permesso di saldare le fonti archeologiche e quelle letterarie di Virgilio è il ritrovamento dei resti della statua che raffigura una divinità femminile. Il fatto poi che il tempio si trovasse in posizione visibile dal mare, circondato ai tempi dalle mura messapi che detengono ad oggi il primato di mura più alte e quindi meglio conservate nel territorio dell’antica Messapia ha confermato le ipotesi.Ma per finire in bellezza approdiamo nella Stonehenge salentina con dolmen e menhir che l’esperto Oreste Caroppo non esita a definire “veri megalitici”. Testimoni silenziosi delle prime espressioni del sentimento umano, di un passato che ancora non conosceva la civiltà messapica. I dolmen (dal bretone “tol”, piatto, largo e “men”, pietra) e menhir (dal bretone “men”, pietra e “hir”, lungo) sono disseminati lungo la costa salentina, a loro’ origine e funzione restano avvolte da un’aura di mistero. L’ipotesi più accreditata li vede come il risultato di migrazioni di popolazioni asiatiche, che durante il loro passaggio hanno lasciato traccia di sé nel Mediterraneo. Simboli precristiani che rappresentavano dei catalizzatori di energie cosmica per propiziare la fertilizzazione dei terreni.
I menhir incanalavano l’energia e la portavano sottoterra per poi dare la vita, una sorta di fallo di pietra che penetrava la zolla, qualcosa di magico che ha fatto scattare l’intelligenza umana capace di allineare le distanze e spostare pietre enormi con abilità nascoste. Una forma di paganesimo incredibile che unisce cielo e terra in un bellissimo tramonto italiano.