« Ancora adesso se debbo pensare al calciatore più utile ad una squadra, a quello da ingaggiare assolutamente, non penso a Pelé, a Di Stéfano, a Cruijff, a Platini , a Maradona: o meglio, penso anche a loro, ma solo dopo avere pensato a Mazzola. » (Giampiero Boniperti) Allora, chi è il più grande calciatore italiano di tutti i tempi? Bella domanda… Non è facile, ce ne son tanti: Baggio, Rivera, Meazza, Piola, Mazzola… Un momento! Mazzola? Sì, lui, Valentino Mazzola. Il primo grande numero 10 della storia del calcio, secondo alcuni addirittura il più forte di tutti… Un leader, un trascinatore, un calciatore completo, moderno nella concezione del gioco e dotato di capacità atletiche e facilità di corsa fuori dal comune; quello che chiameremmo oggi trequartista anche se in realtà non bastano queste parole per capire e farsi un’idea di chi fosse realmente il soggetto in questione. Capitano e simbolo assoluto del Grande Torino (la squadra più forte al mondo nella seconda metà degli anni ’40)e della Nazionale, anticipò l’idea del calciatore universale alla Alfredo Di Stefano. Padre di Ferruccio e del più celebre Sandro (anche lui gran calciatore,famosi i suoi trascorsi all’Inter di Herrera) la sua vita è stata tragicamente spezzata dalla tragedia di Superga, a soli 30 anni. Valentino Mazzola nacque a Cassano d’Adda, nel milanese. La sua, è una di quelle famose storie sportive: infanzia difficile, condizioni economiche disagiate ma un talento con i piedi che non poteva passare inosservato. Un ragazzo riservato, umile, di poche parole ma “dal cuore grande”: basti pensare che all’età di 10 anni gettandosi nelle acque del fiume Adda, salvò la vita ad un suo compaesano di quattro anni più giovane che stava annegando: si trattava di Bonomi, futuro calciatore e capitano del Milan. Nonostante, per ovvi motivi, avesse iniziato a lavorare sin dall’età di 12 anni (come fornaio prima, presso il linificio del suo paese poi) il giovane Valentino comincia a coltivare la sua passione per il calcio: è un grande tifoso della Juventus e ispirandosi ai suoi idoli di allora (uno su tutti, Orsi) giocava nei campetti fangosi e nei quartieri del suo paese con i suoi amici. E’ proprio tra il fango e la melma, che un dirigente della Tresoldi, squadra di Cassano d’Adda, vedendolo giocare e rimanendo sbalordito, lo porta nelle giovanili nel 1934. Il primo campionato lo disputa nella stagione 1935 – 1936,sempre con la Tresoldi, percependo 10 lire a partita come stipendio. Nel 1938, nello stesso periodo in cui l’Alfa Romeo gli fece la proposta lavorativa che includeva la possibilità di giocare in Serie C, ricevette, da parte del Milano, la prima vera offerta della carriera, intravedendo la possibilità di giocare in Serie A. Era molto indeciso e le sue riflessioni lo fecero optare per l’Alfa, perché quest’ultima gli garantiva anche un’occupazione. Lasciò la squadra nel 1939, dopo aver goduto del favore degli spettatori, che apprezzavano il suo ritmo e le sue giocate, per prestare il servizio militare a Venezia. Qui, in seguito, dopo essere entrato in Marina ed essere arrivato a pesare addirittura oltre 90 kg , viene sottoposto ad un provino dopo essere stato notato da alcuni osservatori del Venezia Calcio. E’ la sua grande occasione, e dopo aver fatto la trafila con la squadra riserve, finalmente l’esordio: il 31 marzo 1940 debutta in serie A a Roma contro la Lazio. Il talento innato e le prestazioni sono sotto gli occhi di tutti, e non è un caso che la sua squadra grazie a lui, riesce a vincere la Coppa Italia nel 1941 arrivando terza l’anno seguente in campionato. Ma per Mazzola, sono altri i palcoscenici. E l’occasione giusta arriva: naturalmente, il Torino. Egli vi approda nella stagione 1942-1943 e col tempo grazie alla sue imprese e a quelle di alcuni suoi compagni la squadra diventa il “Grande Torino”: con i granata vinse da capitano cinque scudetti (1943 e poi dal 1946 al 1949) disputando in totale 231 partite segnando 109 reti (29 nella stagione 1946-1947, con cui si laureò capocannoniere della serie A). Numeri da capogiro. Il 1º maggio, giorno seguente alla gara contro i nerazzurri, i granata volarono a Lisbona per disputare il 3 maggio un’amichevole contro il Benfica, conclusasi 4-3 per i lusitani, una gara quasi cavalleresca. Il Torino, in realtà a questa gara non doveva nemmeno parteciparvi: la partita fu organizzata da Mazzola per l’addio al calcio dell’amico Ferreira, capitano della Nazionale portoghese. I granata dovevano esserci perchè erano considerati a quel tempo “la squadra del Mondo”, per le vittorie e non solo. Quella fu, purtroppo, l’ultima gara del Grande Torino, una squadra intera rapita in cielo. Il famoso incidente aereo di Superga, infatti, avvenne dopo quella partita. I morti furono 31, e tra questi anche Mazzola, ma il suo ricordo rimane per tutti quello di un calciatore che non si è visto nè prima nè dopo.
”Potete vincere sempre nel calcio, l’importante è che non siate ostili ai cambiamenti“
(celebre, forse la più importante e significativa frase di Mazzola)