Le novità di oggi sono che Formigoni non si dimette e che Matteo Renzi ha una straordinaria cultura in fatto di canzonette. La cronaca per una di quelle casualità che a volte sono incisive ci regala il ritratto di due generazioni di politici colti nella loro essenza: il vecchio cinico e baro, capo di una cricca affaristica a largo raggio, che messo di fronte ad accuse gravissime non ha più nemmeno il ricordo della dignità e rimane ancorato alla sua poltrona come una cozza pelosa. Il secondo tutto entertaiment, frizzante, dj del disco per l’estate, ma incapace di esprimere la ben che minima idea politica, non una, non mezza, proprio nemmeno una briciola di proposta.
Il primo indagato per corruzione e finanziamento illecito dichiara “Notizia falsa, non ne so nulla. E in ogni caso non mi dimetterei. Sono sereno”. L’uomo che si è fatto ritrarre in estasi come un santo, fa capire che dalla poltrona non lo scolla nessuno, che la sua lealtà non va a chi lo ha eletto, ma alla cricca che ha arricchito e che a sua volta lo fa vivere come un nababbo. E che quindi dal potere non si smuove per proteggere se stesso e gli altri: perché con le dimissioni a botta calda chissà che verminaio potrebbe venir fuori. Certo manca un santo protettore dei corrotti e degli arroganti e Formigoni il soggetto ideale ad esprimere entrambe le cose.
Ma l’arroganza si avverte anche al big bang organizzato da Renzi: l’arroganza

I vecchi rubagalline almeno le idee, superficiali, retoriche o incoerenti che fossero, le esprimevano prima di tradirle. I nuovi si evitano il disturbo di questi faticosi e poco moderno passaggi: tradiscono non avendole proprio le idee, ma solo la mezza idea di approfittare della situazione.
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