Questo weekend ho conosciuto Venezia insolita, diversa da come l'avevo sempre vista. Nonostante un weekend affollato di turisti, mi sono ritrovata a camminare tra calli semi-deserte e campielli nascosti, mi sono imbattuta in piccoli angoli di pace e ho guardato alla città da un'altra prospettiva, scoprendo un Venezia nuova.
É successo in occasione della Festa del Redentore, la tradizionale festa (forse la più grande) che si tiene in città la terza domenica di luglio. La festa si concentra tra il sestiere (uno dei sei quartieri in cui è suddivisa Venezia) di Dorsoduro e la Giudecca per ricordare la costruzione, nel 1576, della Basilica del Santissimo Redentore, avvenuta come ex voto in seguito alla liberazione della città dalla peste.
Il sabato sera è molto caotico: turisti e veneziani si concentrano intorno alla Fondamenta delle Zattere, proprio di fronte alla Giudecca, a sud di Venezia, per ammirare lo spettacolo pirotecnico (45 minuti di straordinari fuochi d'artificio). I veneziani allestiscono grande tavolate all'aperto, fanno festa sui tetti, lungo le calli, mentre le barche affollano il canale della Giudecca.
Per la Festa del Redentore il fulcro di Venezia diventa la Giudecca, che diventa per altro facilissima da raggiungere: grazie a una passerella di legno che poggia su zattere galleggianti è possibile arrivare a piedi alla Chiesa del Redentore, dove si svolgono le funzioni sacre. La domenica pomeriggio, sempre nel Canale della Giudecca (non nel Canal Grande) si svolgono le grandi regate.
Sopravvissuta al trambusto del sabato sera, ho voluto tornare alla Giudecca la domenica per scoprirla con calma. Finalmente posso percorrere la passerella (la sera prima, con la folla, è stato impossibile) che collega la Chiesa del Redentore con le Zattere, in corrispondenza della Chiesa dello Spirito Santo. Cinque minuti a piedi ed eccomi lì, proprio sul sagrato della chiesa. La funzione religiosa è ancora in corso, ma una sbirciatina all'interno la do comunque. Scopro che è stata progettata niente di meno che dal Palladio e che al suo interno custodisce opere di Tintoretto, Veronese, Palma il Giovane.
In occasione della festa ci sono le bancarelle dei dolci, la pesca di beneficenza e le fondamenta della Giudecca sono addobbate a festa, con degli sgargianti (ma sobri) festoni gialli. L'atmosfera è festosa ma tranquilla; turisti pochi.
Percorro le fondamenta fino a incontrare un'altra chiesa palladiana, la Chiesa delle Zitelle (purtroppo chiusa), dove un tempo si accoglievano le giovanni donne per insegnare loro i lavori femminili. Vado avanti perché ho letto di un palazzo molto particolare che voglio vedere: la Casa dei Tre Oci ("dei tre occhi" per via delle sue tre grandi finestre tondeggianti). Il palazzo è uno dei migliori esempi di architettura neo-gotica di Venezia. Creato dal pittore Mario de Maria nel 1912, ha ospitato anche Renzo Piano e le riprese del film Anonimo Veneziano. Oggi è uno spazio espositivo di arte contemporanea.
Appena più avanti raggiungo la punta orientale della Giudecca, dove si trova una delle residenze più lussuose di Venezia, il Cipriani, il mitico hotel scelto dalle star di Hollywood in visita a Venezia. Ora che ho visto la Giudecca e ho colto la sua tranquillità, la sua bellezza e la sua eleganza, capisco perché un hotel così prestigioso si trova proprio qui.
Dall'altro lato del canale fa capolino Piazza San Marco, con la sua folla di turisti e il via vai dei vaporetti. L'atmosfera che si respira passeggiando per la Giudecca è completamente diversa, rilassata, pacifica e sa di tempi antichi. Sulle porte a specchio della Casa dei Tre Oci vedo riflessi Piazza S. Marco, il Campanile, il Palazzo Ducale. Rimirarli da qui, da una panchina rossa e silenziosa me li fa sembrare ancora più affascinanti. Come il fascino di una cosa che intravedi appena, che ti sembra di toccare e che eppure ti sfugge.
Al suo interno la Giudecca è una zona residenziale, fatta di caseggiati colorati, panni stesi al sole, tranquillità e vicoli silenziosi.
Un tempo conosciuta come Spinalunga (forse per la sua forma a lisca di pesce), secondo alcuni la Giudecca ospitò per prima il ghetto ebraico di Venezia; secondo altri era la zona dei conciatori di pelle. Fatto sta che è sempre stata una zona tranquilla, fatta di orti e giardini, e quindi tradizionale luogo di evasione. Abbandonata e trascurata nel corso del tempo, nel '900 è stata recuperata e rivalorizzata, anche con la costruzione di complessi che incorporano i vecchi spazi industriali, come il Mulino Stucky, oggi un hotel.
Oggi non ho voglia di San Marco. Mi concedo qualcosa di diverso. Così riattraverso la passerella galleggiante e torno alle Zattere. Da qui mi concedo una passeggiata attraverso il sestiere di Dorsoduro, a est del Canal Grande, sotto i sestieri di San Polo e Santa Croce, fino alla sua propaggine più bella: Punta della Dogana. Ai tempi della Repubblica di Venezia la dogana era qui, all'interno di Palazzo di Dogana de Mar, oggi spazio espositivo di arte contemporanea.
Giro l'angolo e mi trovo da sola, in un campo (la "piazza" veneziana) pieno di sole e vuoto di gente. Oltre a me c'è solo un gabbiano che zampetta fino a una fontana per andare a bere. L'ho sempre detto: vai nei vicoli poco affollati e farai incontri insoliti.
Attraverso un piccolo ponte, percorro un vicolo a caso, mi lascio trasportare dall'ispirazione. Il vicolo mi porta a un altro piccolo campo e al sagrato di una chiesa. Un musicista suona l'arpa, solo qualche passante, solo pace e la brezza del mare.
A due passi da me una delle chiese più belle di Venezia: la Basilica di Santa Maria della Salute, anch'essa ex-voto alla Madonna per la liberazione dalla peste. Impossibile non scorgerla (e non restare affascinati dalla sua meravigliosa cupola), che svetta in fondo al Canal Grande, proprio di fronte al bacino di S. Marco. Visitare Santa Maria della Salute è d'obbligo (ingresso tra l'altro gratuito): al suo interno non ci si può perdere la Discesa dello Spirito Santo di Tiziano e altre sue opere negli interni della Sagrestia (pagando solo 3 euro).
Dorsoduro trasuda arte: questa zona di Venezia è particolarmente ricca di musei, quali ad esempio il Peggy Guggenheim, la Galleria dell'Accademia, il Museo del '700 di Ca' Rezzonico e la Galleria di Palazzo Cini. Tutto intorno botteghe d'arte, gallerie, spazi espositivi.
Io ho scelto di visitare il Peggy Guggenheim Museum, a 5 minuti a piedi da Santa Maria della Salute. Ospitato all'interno del settecentesco Palazzo Venier dei Leoni, acquistato dalla mecenate d'arte americana Peggy Guggenheim (ex moglie dell'artista Max Ernst), raccoglie la sua collezione d'arte privata. Una collezione d'arte contemporanea intima e concentrata, ma molto viva e suggestiva, diversa dalla classica visita a un museo.
Nelle sale che furono il salotto e le stanze di Peggy Guggenheim sono esposte le opere (pittoriche ma anche di scultura) di Picasso, Mirò, Ernst, Chagall, Dalì, Magritte, Pollock, Duchamp, Fontana, ovvero il meglio del modernismo americano, ma anche del surrealismo e del futurismo italiano. Le foto d'epoca mostrano come erano arredate le stanze quando Peggy ci viveva. Mi sento come un'ospite a casa sua e non mi stupirei di incontrarla girando l'angolo (purtroppo Peggy è morta l'anno in cui io sono nata).
Ciliegina sulla torta il giardino interno, intimo e suggestivo, che ospita sculture di arte contemporanea e dove si trova sepolta la stessa Peggy (oltre ai sui amati cani), e il cortile-terrazza che affaccia in posizione spettacolare, direttamente su Canal Grande.
Peggy (oramai mi permetto di chiamarla per nome) aveva ragione quando scrisse:
"Si è sempre dato per scontato che Venezia è la città ideale per una luna di miele ma non solo, ma è un grave errore: vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro."