"Caro estortore
Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al 'Geometra Anzalone' e diremo no a tutti quelli come lui".
Con queste parole l'imprenditore Libero Grassi sul giornale di Sicilia denunciò quella mafia che gli chiese il pizzo, il 10 gennaio 1991. Lasciato solo dalla società civile e dalle istituzioni che non supportarono il suo gesto coraggioso, venne ucciso con tre proiettili la mattina del 29 agosto di venti anni fa: i sicari gli spararono alle spalle, senza guardarlo in faccia.
Cosa è rimasto dopo vent'anni? Ancora una volta, a raccogliere la testimonianza di un onesto cittadino con fatti concreti è un'associazione non governativa, "AddioPizzo", che si propone di sostenere quei commercianti che si ribellano ai meccanismi mafiosi e di emarginare gli imprenditori collusi. Tra le azioni dell'associazione c'è l'utilizzo del consumo critico, che invita i consum-attori a boicottare quei prodotti provenienti da aziende con un comportamento poco limpido.
Interessante l'intervista sull'Espresso alla moglie di Libero Grassi, Pina, ancora attiva e impegnata nella lotta alla criminalità organizzata in Sicilia.
Da rivedere l'intervista di Michele Santoro a Libero Grassi pochi mesi prima dell'assassinio, che Santoro poi ritrasmise nella serata contro la mafia a reti unificate condotta in coppia con Costanzo.