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Verba volant / Salto

Creato il 01 dicembre 2013 da Margheritapugliese

Salto, sost. m.

Cosa sia un salto lo sapete tutti. Spesso per tirare avanti dobbiamo fare i salti mortali, ci è capitato di fare un salto in centro o di fare quattro salti tra amici. E forse i più furbi tra di voi hanno fatto il salto della quaglia.

Io però voglio raccontarvi una piccola storia di sport, da cui spero di ricavare una morale.

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Quando Richard Douglas Fosbury, detto Dick, nella seconda metà degli anni Sessanta cominciò ad allenarsi nel salto in alto, tutti gli atleti usavano lo stile ventrale; in questa tecnica il busto è rivolto verso il basso e rimane quasi parallelo all’asticella. Il più grande campione di salto in alto con questa tecnica fu il sovietico Valerij Brumel’, che vinse la medaglia d’oro nelle Olimpiadi di Tokyo del ’64, con il record olimpico di 2,18 metri. La corsa di Valerij era molto elegante, tanto che si meritò il soprannome di Lord Brummel.

Gli allenatori degli Stati Uniti andarono in Unione sovietica per cercare di capire qual era il segreto di Brumel’. Se Dick Fosbury avesse continuato a fare come facevano tutti gli altri probabilmente sarebbe diventato un buon saltatore, forse avrebbe anche vinto molte gare, però non sarebbe entrato nella storia. Così, nel campus dell’università dell’Oregon non continuò ad allenarsi come facevano tutti, ma cambiò modo di saltare.

Aggiunse una rotazione al salto, in modo da avere la schiena rivolta all’asticella. Con quel salto “strano” Dick Fosbury vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Città del Messico, con il nuovo record olimpico di 2,24 metri. Da allora, anche se con qualche iniziale resistenza, tutti i saltatori in alto adottarono lo stile Fosbury.

Forse non è un caso che Fosbury rivoluzionò il salto in alto proprio in quelle storiche olimpiadi, di cui ci rimane l’immagine del podio dei 200 metri maschili, con i pugni chiusi di Tommie Smith e John Carlos.

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Ci capita spesso di provare a fare una cosa a cui teniamo, tentando sempre la stessa strada. A volte riusciamo, molte volte no. Ecco dovremmo imparare a pensare che le cose si possono cambiare.

 

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