Su Libriconsigliati.it abbiamo recensito il suo Sangue di cane, edito da Laurana editore. Ora Veronica Tomassini rivela qualcosa di sé e approfondisce con noi tematiche e suggestioni del suo ottimo romanzo d’esordio.
Veronica Tomassini
Sciancalepore Benvenuta, Veronica. Il suo primo romanzo, Sangue di cane, è stato molto apprezzato da critica e pubblico, due “entità” che non sempre camminano con lo stesso passo. Sono dell’idea che sia proprio quel sapiente mescolarsi di scrittura alta e personaggi umili ad aver messo d’accordo tutti. Lei quale pensa sia il “segreto del successo” del libro?
Tomassini Non saprei. Posso provare a immaginare che questo libro, come peraltro qualcuno mi ha già detto, ha un potere, una forza che non dipende da me, che va al di là delle qualità letterarie del testo. È quel che c’è dentro, quel che si racconta, forse, il senso di pietà e di misericordia, che permane nelle pagine, ad aver nutrito una strana, straordinaria empatia. Le stazioni del dolore del personaggio narrante hanno incontrato una sensibilità pronta, corale direi, quella dei lettori e di certa critica.
Sciancalepore Sangue di cane racconta una storia attualissima, ambientata ai margini di una Siracusa indifferente, tranne poche belle eccezioni, ai propri “ultimi”. Qualcuno ha scritto che avrebbe potuto ambientarsi in qualsiasi città italiana. Io trovo, al contrario, che Siracusa sia un elemento imprescindibile e che la storia non sarebbe stata la stessa in una altra città. Lei cosa ne pensa?
Tomassini Anche questo è possibile. Tuttavia Siracusa è un elemento funzionale alla storia, compare molto pallidamente, molto noiosamente, lontana da connotati meridionalistici, come d’altro canto la mia scrittura. Siracusa si staglia insicura e fragile, dietro il mondo marcio che i personaggi, gli amanti del romanzo, attraverseranno insieme fino alla fine.
Sciancalepore Il suo non è un libro che lascia indifferenti. È commovente, nel senso che davvero muove qualcosa dentro. È la storia di una passione. Quella della protagonista per Slawek ma anche quella dell’autrice per gli emarginati, ed è straordinaria la sua capacità di raccontarci tutto un mondo fatto di “vuoti a perdere” e di metterci di fronte a una realtà scomoda.
Come mai la scelta di rendere i “polacchi” protagonisti della sua storia, un popolo fiero, capace di grandi slanci ma vittima della sua Storia. Da dove nasce questa attenzione agli ultimi, come nasce, in definitiva, il suo romanzo?
Sangue di cane
Tomassini Sono una slavofila. Ho amato gli scrittori russi da ragazzina, amo i film di Kusturica (ho pianto fino a rovinarmi gli occhi sulla fine di Perhan, il rom de “Il tempo dei gitani”), amo la musica balcanica, tutto questo in tempi non sospetti. La Polonia l’ho scelta perché nella mia vita ho incontrato un uomo fiero, coraggioso, segnato col fuoco, in tutto simile a Slawek di “Sangue di cane”, ed era un uomo polacco. Racconto di eroi capovolti che ho conosciuto davvero, immigrati, clochard, malati di alcol e nostalgia, molti polacchi, dell’Est Europa. Erano i primi anni ’90, incocciavo un fenomeno epocale, un fiume di uomini, provenienti dai paesi dell’ex Cortina, era appena caduto il muro, la democrazia sopraggiungeva rapidamente, trovando impreparato un popolo di proscritti, i polacchi di Walesa. Riconobbi un uomo del tutto simile a Slawek, dovevo raccontare di lui, un giorno. Amo le differenze, amo i vuoti a perdere, i fiori nel fango. È così. Ho cominciato ad amarli dopo aver letto “Christiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino”, avevo solo nove anni. La mia vita da allora cambiò profondamente.
Sciancalepore In un’intervista lei ha detto: “la letteratura non mente, per questo deve sporcarsi le mani”. C’è qualche autore che ha avuto come punto di riferimento per questo romanzo e per la sua scrittura in generale?
Tomassini Ce n’è più di uno. Su tutti però, Marek Hlasko, scrittore polacco degli anni di Gomulka. La sua Polonia disumana e straziata si mostrava dentro un dolore laconico, ed era un dolore storico, un ghigno col suono del singhiozzo, come nelle storie di Cechov.
Sciancalepore Era circolato il suo nome quale possibile candidata al Premio Strega. Immagino sarebbe stata una bella soddisfazione per lei e per Laurana, la casa editrice che l’ha sostenuta. È delusa che tale possibilità sia sfumata? Qual è la sua idea riguardo ai premi letterari?
Tomassini Mi piacerebbe vincere un premio. Non ho mai vinto un premio. E i premi servono, secondo me. Lo Strega era un desiderio troppo esigente, troppo alto, avevo paura persino ad esprimerlo. Ci ha pensato Giulio Mozzi per me.
Sciancalepore Le hanno fatto molte interviste di recente. C’è una domanda che non le è stata posta a cui le piacerebbe rispondere?
Tomassini Sì: da uno a dieci, quanto sei felice?
Intervista a cura di Mariella Sciancalepore per Libriconsigliati.it
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