La trasmissione di Nicola Caracciolo, La grande storia in onda su Rai 3 esamina nell’inchiesta dal titolo: Verso la guerra, fermate Mussolini i tentativi dell’opposizione interna al regime di bloccare sul nascere il conflitto mondiale. Badoglio, Maria José di Savoia, Balbo, Ciano e un misterioso avvocato tra i “congiurati” provarono senza successo a cambiare il corso della Storia, a evitare una tragedia di cui non erano neppure in grado di prevedere la portata.
La guerra di Hitler e Mussolini si poteva forse fermare, vediamo come.
Perché pur essendo un totalitarista meno esasperato, non si è opposto?
L’Italia è in difficoltà con la guerra in Abissinia e con la guerra civile spagnola. È impossibile mettersi contro contemporaneamente Germania e Inghilterra, troppo pericoloso. Mussolini è scontento, non vuole la guerra ma decide, di inghiottire il rospo. L’Italia dunque è ricattabile dai tedeschi. Gli italiani partono per la Libia, Mussolini saluta lo squadrista Balbo che è stato messo a capo della spedizione proprio per allontanarlo dal cento del potere romano. Mussolini non vuole rivali.

1938 Hitler torna a Roma, l’atmosfera è calorosa, lo spettacolo ben organizzato. Lo spiegamento delle forze militari italiane mette in scena la nostra magnificenza, ricevimenti, appuntamenti mondani, che raggiungono l’effetto desiderato: Hitler è entusiasta. Mussolini gioca con fuoco anche se non vuole l’incendio. Hitler invece procede spedito verso la conquista dei suoi sogni di gloria e invade la Cecoslovacchia. L’angoscia attanaglia l’Europa, mentre il nazismo spinge a fondo l’acceleratore dando inizio al piano di cancellazione della razza ebraica.
Mussolini non vuole la guerra ma, tiene all’amicizia di Hitler, forse, era convinto che, il suo alleato bluffasse ma non osava staccarsene temendo di perdere i vantaggi del probabile trionfo, ed è un uomo che prende le sue decisione da solo. Parla per la prima volta del “problema razziale” considerato un nemico del fascismo. Tutti col fiato sospeso, aspettavano che una qualche “provvidenza” esterna fermasse il disastro, ma pochi avevano il coraggio di fare o dire davvero qualcosa che suonasse troppo critico nei confronti dei dittatori.

Il piano, che coinvolgeva anche il capo della Polizia, Arturo Bocchini, prevedeva l’arresto del Duce, l’abdicazione di Vittorio Emanuele III e la rinuncia di Umberto. Al trono sarebbe salito il piccolo Vittorio Emanuele figlio dello stesso principe ereditario e di Maria José che sarebbe diventata Reggente. Badoglio, Ciano e altri gerarchi come Balbo, De Bono e Grandi e lo stesso Amedeo d’Aosta tentarono fino all’ultimo di evitare la guerra. Ciano non riuscì nell’intento a causa delle sue incertezze e del terrore che aveva del potentissimo suocero, ma finì, più tardi, per partecipare al tentativo di colpo di Stato del Gran Consiglio del 25 luglio 1943 che lo portò alla rovina e alla fucilazione dell’11 gennaio 1944 a Verona.
Dall’inchiesta emerge un ambiente politico consapevole ma letteralmente “impotente” a cambiare un’inerzia che appariva ai più inevitabile. Quasi tutti, anche quelli che si rendevano conto del rischio che il mondo correva, non osavano mettere in gioco se stessi e i privilegi che il regime garantiva. Forse chissà, se ciò fosse successo, tutto avrebbe potuto essere diverso.
Un fenomeno purtroppo già visto e sempre molto attuale e che ha “strani” collegamenti con l’attualità…