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Verso la mitica Rimini

Creato il 11 agosto 2012 da Lundici @lundici_it
Verso la mitica Rimini

Il viaggio di cui sto per parlarvi risale a quel tempo in cui il pensiero va in vacanza e la vita, come d'incanto, si trasforma in sogno.

Quel momento - risalente al lontano 1987 - è affiorato circa tre anni fa, in seguito all'incontro con una sindacalista il cui accento mi trasportò d'un tratto indietro nel tempo, al punto che sentii il bisogno di vergare sulla carta quelle sensazioni.

Per il numero monografico di questo mese - agosto 2012 - avrei potuto estrarre il passo relativo a quel lontano agosto di venticinque anni fa ma, dopo aver riletto l'intero scritto, ho deciso di riportarlo senza sgombrare le nubi che, anziché offuscare quel tempo limpido, ne hanno esaltato le immagini... fino a ricolorarle nella mia memoria.

Verso la mitica Rimini
Quant'è bella giovinezza

Mi rifiutavo di credere che Miriam potesse appartenere a quella categoria che, più di tutti, ti lascia l'amaro in bocca, la categoria degli onesti apparenti[...]
Come accade per gli speaker radiofonici, di cui si immagina la figura della persona per grandi linee, allo stesso modo era avvenuto per la signora Miriam Deserti.

La sua voce, tendenzialmente stentorea e dal tono rassicurante, mi giungeva familiare nella sua inflessione emilio-romagnola, la stessa che mi si impresse a fuoco, nella memoria, come marchio sulla pelle di un bovino quando, pressoché adolescente, sbarcai, insieme al mio amico Francesco, in quello che nel nostro immaginario era il luogo del divertimento per antonomasia e che si dimostrò tale, la leggendaria Rimini, la città reale che affascinò Federico Fellini, alla quale la sua incommensurabile ed impareggiabile fantasia geniale non dovette aggiungere alcunché.

Eravamo in agosto, a Rimini, durante la tiepida estate del 1987. Nel periodo estivo la città è stracolma di turisti che la assaltano da ogni parte del mondo, popolando le immense spiagge dalla sabbia dorata e invadendo, di notte, le numerosissime discoteche.

Io abito in provincia di una metropoli, Napoli (che in fatto di stravaganza ed estro non teme rivali) ma non avevo mai visto niente di simile; discoteche strabilianti, nelle quali la trasgressione e la follia avevano trovato la loro dimora naturale.

Questi poli attrattivi, imponenti anche nell'immagine esterna, si presentavano come dei giganti. Tanti Polifemo, dato il loro occhio tipico, che ipnotizzavano noi giovanissimi, stupiti di fronte a cotanta imponenza.

Fu durante quei dieci giorni in quel luogo, a tratti surreale, che quell'accento mi si appiccicò addosso e che, ne sono certo, mi accompagnerà per tutta la vita.

In quel lontano 1987 non immaginavo che un giorno, dopo vent'anni, quell'accento mi avrebbe condotto a un pianto commovente. Il ricordo della giovinezza, quella vera, l'unica, quella dei vent'anni che in quella tiepida estate emilio-romagnola assunse il nome di Federica, la primogenita della signora Gilda, la bionda e mattiniera proprietaria del bar Malatesta, posto proprio di fronte alla graziosa pensioncina dove trovammo alloggio Francesco ed io, dopo aver peregrinato a piedi, per circa tre chilometri, con lo zaino in spalla.

Fu proprio la pimpante signora Gilda a procurarci quella camera, a improvvisarsi per noi intermediaria d'eccezione.

Entrammo in quel bar quasi trascinando le gambe, esausti e a pancia vuota ci lasciammo cadere su quelle solide sedie - tipiche degli anni Sessanta - dagli scheletri metallici, intorno ai quali lunghi fili di gomma di colore giallo erano avvolti ad arte, formando resistenti sedili e schienali. Dovevano star lì proprio da quei tempi, dato che quello era il bar di famiglia ormai da diverse generazioni.

Francesco ed io rimanemmo profondamente colpiti dal gesto così cortese della simpaticissima signora Gilda, la quale incarnava alla perfezione la cordialità e la disponibilità tipiche di quella straordinaria terra.

Il giorno dopo, rinfrancati dalle estenuanti fatiche, ci organizziamo per la prima giornata su quelle leggendarie spiagge brulicanti di stranieri, non prima d'aver degustato uno squisito bombolone alla crema - famoso croissant del posto - ovviamente di quelli preparati dalla signora Gilda.

Varcato l'uscio della pensione ci avviammo verso l'accogliente bar Malatesta, col sole in fronte e il sorriso sulle labbra.

Verso la mitica Rimini
Fu quella mattina che incontrai Federica per la prima volta, era di turno al bar insieme al padre Nando. Verso sera avrebbero ricevuto il cambio da Sisto e Tommaso, i fratelli, proprio come accadeva in tutti i bar di Rimini, dove i membri di una famiglia si avvicendano, per accogliere la clientela, durante l'intero arco della giornata.

Cominciavamo a conoscere questo affascinante e misterioso mondo, proprio come la debordante Federica che, dal primo incrocio di sguardi, scelse me come destinatario delle sue visite che prese a farmi con regolarità, ogni giorno, per l'esattezza prima che iniziasse il suo turno di lavoro ed al termine. Fui molto fortunato a fare la conoscenza di Federica, curioso com'ero di sapere quanto più possibile di quel luogo fantastico, unico al mondo. Lei me lo descriveva con dovizia di particolari. In tal modo, giorno dopo giorno ma soprattutto notte dopo notte, quel luogo straordinario diveniva sempre più mio.

Quei dieci giorni trascorsero in fretta, ma impressero in me il ricordo più bello della mia giovinezza.

Verso la mitica Rimini
Addio Federica, amica di quel tempo leggero, addio simpaticissima signora Gilda, addio spiagge dorate, discoteche post-moderne e bomboloni grondanti bontà, addio favolosa, indimenticabile Rimini, di te conserverò il sapore, dolce in quel tempo in cui, ancora adolescente, mi affacciavo alla vita e alle sue meraviglie e, trovandomi di fronte a tante bellezze tutte insieme, ne rimasi strabiliato.

Quel sapore sì intenso non lascerà che un banale, ancorché dirompente, "amaro in bocca" possa prendere il suo posto, che una misera, omologata signora Deserti possa raggiungere l'altezza di una favola.

Verso la mitica Rimini

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