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Verso la Terza Guerra Mondiale: le origini [Parte 1]

Creato il 29 maggio 2011 da Coriintempesta

Verso la Terza Guerra Mondiale: le origini [Parte 1]

di: Andrew Gavin Marshall

Introduzione
Di fronte al crollo economico globale totale, le possibilità di un conflitto mondiale sono in aumento. Storicamente, i periodi di declino imperiale e crisi economica sono contrassegnati da un aumento di violenza e guerre internazionali. Il declino dei grandi imperi europei è stato segnato dalla prima e dalla seconda guerra mondiale e dalla Grande Depressione che avvenne nel periodo intermedio.
Attualmente, il mondo sta assistendo al declino dell’impero americano, in sé un prodotto della fine della seconda guerra mondiale. Come egemone imperiale del dopoguerra, l’America creò l’odierno sistema monetario internazionale regnando sia come leader che come arbitro della politica economica globale.
Per dirigere l’economia politica globale, gli Stati Uniti hanno creato la singola più grande e potente forza militare nella storia del mondo. Il controllo sull’economia globale richiede che ci sia una costante presenza e azione militare.
Ora che sia l’impero americano che l’economia politica globale sono in crisi e prossimi al crollo, la prospettiva di una conclusione violenta all’età imperiale americana sta aumentando drasticamente.
Questo saggio è suddiviso in tre parti. La prima parte riguarda la strategia geopolitica degli Stati Uniti-NATO dalla conclusione della guerra fredda all’inizio del Nuovo Ordine Mondiale, delineando la strategia imperiale occidentale che ha portato alla guerra in Jugoslavia e “alla guerra al terrore”.  La seconda parte analizza la natura “delle rivoluzioni morbide” o “colorate” nella strategia imperiale degli Stati Uniti, concentrandosi sull l’instaurazione dell’egemonia sull’Europa Orientale e l’Asia centrale. La terza parte analizza la natura della strategia imperiale per costruire un nuovo ordine mondiale, con particolare attenzione ai conflitti in aumento  in Afghanistan, nel Pakistan, nell’Iran, America Latina, in Europa Orientale ed in Africa; ed il potenziale che questi conflitti hanno per far iniziare una nuova guerra mondiale contro la Cina e la Russia.

Definire una nuova strategia imperiale
Nel 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica, la politica estera degli Stati Uniti-NATO ha dovuto ripensare il proprio ruolo nel mondo. La Guerra Fredda è servita a  giustificare l’espansione imperialista degli Stati Uniti nel mondo allo scopo di “contenere” la minaccia sovietica. La NATO in sé è stata creata ed esiste con l’ unico obiettivo di forgiare l’alleanza anti-Sovietica. Con la caduta dell’URSS, la NATO non aveva più alcun motivo di esistere e gli Stati Uniti hanno dovuto trovare un nuovo scopo per la propria strategia imperialista nel mondo.

Nel 1992, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, sotto la direzione del Segretario della Difesa Dick Cheney (successivamente vice di George W.Bush) e il Sottosegretario del Pentagono alla Difesa, Paul Wolfowitz (più tardi sarà Segretario delegato della Difesa di George Bush e presidente della banca mondiale) scrisse un documento guida della difesa per la politica estera americana nell’era post-guerra fredda, comunemente indicato come “il Nuovo Ordine Mondiale”.

Il documento guida di pianificazione della difesa venne rilasciato nel 1992 rivelando che “in un’ampia dichiarazione per una nuova politica che è nella relativa fase di elaborazione definitiva, il Dipartimento della Difesa afferma che la missione politica e militare dell’America nell’era post-guerra fredda sarà quella di accertarsi che a nessuna superpotenza rivale sia permesso di emergere nell’ Europa occidentale, nell’Asia o nei territori dell’ex Unione Sovietica” e che, “il documento classificato crea le condizioni per un mondo dominato da una superpotenza la cui posizione può essere perpetuata tramite un comportamento costruttivo e una forza militare sufficiente a scoraggiare qualsiasi nazione o gruppo di nazioni dallo sfidare il primato americano”

Inoltre “la nuova bozza delinea un mondo in cui c’è un potenza militare dominante i cui leader devono attuare i meccanismi per dissuadere i potenziali competitori persino dall’aspirare anche ad un ruolo regionale o globale più grande”. Tra le sfide necessarie alla supremazia americana, il documento “ha postulato le guerre regionali contro l’Iraq e la Corea del Nord” ed iindividua la Cina e la Russia come le maggiori minacce. Il documento inoltre “suggerisce che gli Stati Uniti potrebbero anche considerare la possibilità di estendere nell’ Europa centrale e orientale le operazioni di ‘contenimento’, similmente a quanto avviene per i paesi dell’Arabia Saudita, Kuwait e gli altri paesi arabi lungo il Golfo Persico.„ [1]

NATO e Jugoslavia
Le guerre in Jugoslavia durante tutto il 1990 sono servite come pretesto per l’esistenza della NATO nel mondo e per l’ampliamento degli interessi imperiali americani nell’Europa dell’est. La Banca Mondiale e FMI hanno posto le basi per la destabilizzazione della Jugoslavia. Dopo aver a lungo vissuto sotto il dittatore Josip Tito, morto nel 1980, la Jugoslavia ha attraversato una crisi di leadership. Nel 1982, i funzionari della politica estera americana hanno organizzato un piano di prestiti da parte del FMI e della Banca Mondiale, indicati come Programmi di aggiustamento strutturale (SAPs), con lo scopo di gestire la crisi del debito che sfiorava i 20 miliardi di dollari. L’effetto di questi prestiti, nell’ambito dei SAPs, ha fatto si che essi provocassero “uno sconvolgimento economico e politico…La crisi economica ha minacciato la stabilità politica…ed ha inoltre rischiato di aggravare le già alte tensioni etniche”.[2]

Nel 1989, Slobodan Milosevic divenne presidente della Serbia, la più grande e potente delle repubbliche jugoslave. Sempre nel 1989, il premier della Yugoslavia viaggiò negli Stati Uniti per incontrare il presidente George H.W. Bush, al fine di negoziare un altro pacchetto di aiuti finanziari. Nel 1990, parti’ il programma finanziario della Banca Mondiale/Fondo Monetario Internazionale, e le spese dello stato jugoslavo andarono esclusivamente al rimborso del debito. Di conseguenza, i programmi sociali vennero smantellati, la moneta fu svalutata, gli stipendi congelati mentre i prezzi subirono un forte rialzo. Le riforme “alimentarono tendenze separatiste dovute a fattori economici  e divisioni etniche, praticamente garantendo de facto la secessione della Repubblica”, che condusse al distaccamento della Croazia e della Slovenia nel 1991. [3]

Nel 1990, fu rilasciato dalla comunità di intelligence degli Stati Uniti un rapporto intitolato ‘National Intelligence Estimate (NIE)’, che prevedeva la scissione della Jugoslavia e lo scoppio della guerra civile, attribuendo al presidente serbo Slobodan Milosevic la responsabilità della successiva destabilizzazione[4].

Nel 1991, scoppiò il conflitto tra la Jugoslavia e la Croazia, dopo che quest’ultima dichiarò la propria indipendenza. Un cessate il fuoco venne raggiunto nel 1992. Eppure i croati continuarono a mettere in campo piccole offensive militari fino al 1995 non che partecipando anche alla guerra in Bosnia. Nel 1995, la Croazia intraprese l’operazione Tempesta, per cercare di riconquistare la regione della Krajina. Un generale croato è stato recentemente messo sotto processo alla Corte Internazionale dell’Aia per crimini di guerra durante questa battaglia, che è stata fondamentale per guidare i serbi fuori dalla Croazia e “cementare l’indipendenza della Croazia”. Gli Stati Uniti sostennero queste operazioni e la CIA fornì attivamente informazioni di intelligence alle forze croate  provocando tra i 150.000 e 200.000 profughi serbi, in gran parte tramite omicidi, saccheggi, incendiando i villaggi e compiendo atti di pulizia etnica. [5]
L’esercito croato fu addestrato  da consiglieri americani, mentre gli uomini della CIA supportavano tutto il resto delle operazioni.[6].

L’amministrazione Clinton diede il ‘via libera’ all’Iran per armare i musulmani bosniaci e “dal 1992 fino al gennaio 1996 ci fu un afflusso di armi iraniane e consulenti in Bosnia”. Inoltre, “l’Iran e altri paesi musulmani contribuirono a portare i mujihadeen combattenti in Bosnia per combattere con i musulmani contro i serbi, i‘guerrieri sacri’ delll’Afghanistan, Cecenia, Algeria e Yemen, alcuni dei quali avevano anche sospetti legami con i campi di addestramento di Osama bin Laden in Afghanistan”.

Fu “l’intervento occidentale nei Balcani [ad] esacerbare le tensioni e contribuito a sostenere le ostilità. Riconoscendo le repubbliche e i gruppi separatisti nel 1990/1991, le élites occidentali – americani, britannici, francesi e tedeschi – minarono le strutture di governo in Jugoslavia aumentando le insicurezze, infiammando i conflitti ed inasprendo le tensioni etniche. Ed offrendo sostegno logistico alle varie parti durante la guerra, l’intervento occidentale sostenne di fatto lo stesso conflitto nella metà degli anni 1990. La scelta di Clinton di prendere le parti dei musulmani bosniaci sulla scena internazionale e le richieste della sua amministrazione alle Nazioni Unite di alleggerire l’embargo militare in modo che i musulmani e i croati potessero essere armati contro i serbi, deve essere vista in questa luce” [7].

Durante la guerra in Bosnia, “ci fu atto un grande traffico di contrabbando di armi attraverso la Croazia,  organizzato dalle agenzie clandestine degli Stati Uniti, Turchia e Iran, insieme con una serie di gruppi radicali islamici, tra cui i mujihadeen afghani e il filo-iraniano Hezbollah”. Inoltre, “i servizi segreti di Ucraina, Grecia e Israele erano impegnati ad armare i serbo-bosniaci”.[8] Anche l’ intelligence tedesca,la BND,favorì i traffici di armi verso i musulmani di Bosnia e Croazia per combattere contro i serbi. [9] Gli Stati Uniti avevano influenzato la guerra nella regione in una  varietà di modi. Come  riportò l’Observer nel 1995, una parte importante del loro coinvolgimento avvenne attraverso la “Military Professional Resources Inc. (MPRI), una società privata con sede in Virginia composta da generali in pensione e funzionari dei servizi segreti. L’ambasciata americana a Zagabria ammise che la MPRI stava addestrando i croati su licenza del governo degli Stati Uniti”. Inoltre, gli olandesi “erano convinti del coinvolgimento delle forze speciali americane nell’addestramento dell’esercito bosniaco e serbo-bosniaco (UAV)”. [ 10]

Già nel 1988, il leader della Croazia incontrò il cancelliere tedesco Helmut Kohl per creare “una politica comune con l’obiettivo di spezzare la Jugoslavia” e portare la Slovenia e la Croazia nella “zona economica tedesca”. Ufficiali dell’esercito degli Stati Uniti sono vennero spediti in Croazia, Bosnia, Albania e Macedonia come “consulenti” e portati nelle forze speciali statunitensi per offrire aiuto. [11] Durante i nove mesi del cessate il fuoco della guerra in Bosnia-Erzegovina, sei generali degli Stati Uniti hanno incontrato i leader dell’esercito bosniaco per pianificare l’offensiva che ruppe il cessate-il-fuoco. [12] Nel 1996, la mafia albanese, in collaborazione con l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK), un’organizzazione militante di guerriglia, prese il controllo delle rotte di enormi traffici di cocaina attraverso i Balcani. L’UCK era legato ai combattenti mujaheddin in Afghanistan, compreso Osama bin Laden. [13] Nel 1997 l’UCK iniziò le ostilità contro le forze serbe [14] e nel 1998 il Dipartimento di Stato americano rimosse l’UCK dalla lista delle organizzazioni terroristiche. [15] Prima e dopo il 1998, l’UCK ricevette armi,addestramento e il sostegno dagli Stati Uniti e della NATO,con  il Segretario di Stato di Clinton, Madeline Albright, che aveva stretti rapporti politici con il leader dell’UCK Hashim Thaci. [16]

Sia la CIA che l’intelligence tedesca, il BND, appoggiarono,prima e dopo il bombardamento della NATO del 1999,i terroristi dell’UCK in Jugoslavia.Il BND aveva contatti con l’UCK sin dai primi anni ‘90, nello stesso periodo in cui l’UCK intratteneva rapporti con Al-Qaeda [17]. Diversi membri dell’UCK furono addestrati da Osama bin Laden in Afghanistan e persino l’ONU dichiarò che gran parte degli atti di violenza che si sono verificati provenivano da membri dell’UCK, specialmente quelli alleati con Hashim Thaci. [18] Nel marzo del 1999 i bombardamenti della NATO nel Kosovo furono giustificati dal pretesto di porre fine alla repressione serba degli albanesi del Kosovo, definita un genocidio. L’amministrazione Clinton dichiarò che erano almeno 100.000 gli albanesi del Kosovo dispersi e “ che potrebbero essere stati uccisi” dai serbi. Bill Clinton in persona paragonò gli eccidi in Kosovo all’Olocausto degli ebrei. Il Dipartimento di Stato americano aveva affermato che si temeva che fossero fino a 500.000 gli albanesi morti. Alla fine, la stima ufficiale fu ridotta a 10000 e dopo le relative indagine, è stato rivelato gli albanesi morti per mano dei serbi non  potevano essere più di 2500. Durante la campagna di bombardamenti della NATO, tra i 400 e i 1500 civili serbi rimasero uccisi, con crimini di guerra della NATO, compreso il bombardamento di una stazione televisiva serba e un ospedale. [19]
Nel 2000, il Dipartimento di Stato Usa, insieme con l’American Enterprise Institute, AEI, tenne una conferenza in materia di integrazione euro-atlantica in Slovacchia. Tra i partecipanti vi erano molti capi di stato, funzionari degli affari esteri e ambasciatori di vari paesi europei, nonché i funzionari delle Nazioni Unite e della NATO. [20] Una lettera di corrispondenza tra un uomo politico tedesco presente alla riunione e il Cancelliere tedesco rivelò la vera natura della campagna della NATO in Kosovo. Con la conferenza che chiedeva una rapida dichiarazione di indipendenza per il Kosovo, palesando il fatto che la guerra in Jugoslavia era stata portata avanti con per allargare la NATO, la Serbia sarebbe dovuta essere esclusa definitivamente dal piano di sviluppo europeo per giustificare una presenza militare americana nella regione e l’espansione territoriale nei Balcani è stata in ultima analisi progettata allo scopo di contenere la Russia [21].
Di importanza significativa è il fatto che “la guerra ha creato una ragion d’ essere per la sopravvivenza della NATO in un mondo post-guerra fredda, dato che che si è disperatamente tentato di giustificare la sua esistenza e il suo desiderio di espansione”. Inoltre, “ i russi pensavano che la NATO si sarebbe sciolta dopo la guerra fredda, ma essa non solo si è allargata, ma è entrata anche in guerra intromettendosi in una disputa interna di un paese slavo dell’Europa orientale”. Questo è stata vista come una grande minaccia dalla Russia. Così, “gran parte dei rapporti tesi tra gli Stati Uniti e la Russia negli ultimi dieci anni possono essere ricondotti proprio alla guerra del 1999 contro la Jugoslavia”.[22]

La Guerra al Terrore e il Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC)
Quando Bill Clinton divenne Presidente, i falchi neo-conservatori dell’ amministrazione di George H.W. Bush formarono un think tank  chiamato  ‘Progetto per il Nuovo Secolo Americano’, o PNAC. Nel 2000 pubblicarono una relazione dal titolo ‘Ricostruire la Difesa dell’America: Strategia, Forze e Risorse per un nuovo secolo’. Sulla base del documento ‘Defense Policy Guidance’, affermano che “gli Stati Uniti devono mantenere forze sufficienti in grado di organizzare e vincere in breve tempo guerre multiple e simultanee su larga scala”. [23] Inoltre “è necessario mantenere forze di combattimento sufficienti a combattere e vincere su più teatri di guerra contemporaneamente” [24] e che “è importante che il Pentagono inizi a calcolare le forze necessarie per proteggere, senza alcun aiuto esterno, gli interessi americani in Europa, Asia orientale e nel Golfo in ogni momento”.[25 ]
È interessante notare che il documento afferma che “gli Stati Uniti hanno per decenni cercato di svolgere un ruolo più permanente nella sicurezza regionale del Golfo. Mentre il conflitto irrisolto con l’Iraq fornisce una giustificazione immediata, la necessità di una presenza sostanziale di forze americane nel Golfo trascende la questione del regime di Saddam Hussein”.[26] Tuttavia, nel sostenere un massiccio incremento delle spese per la difesa e per l’espansione dell’impero americano in tutto il mondo, tra cui la distruzione forzata di numerosi paesi attraverso i principali teatri di guerra, il rapporto afferma che “il processo di trasformazione, anche se porterà a cambiamenti rivoluzionari, sarà probabilmente lungo e potrebbe comprendere anche un evento catastrofico e catalizzatore – come una nuova Pearl Harbor”.[27].Tale evento si verificò un anno dopo con i fatti del l’11 settembre 2001. Molti tra gli autori di quel rapporto e i membri del PNAC erano diventati funzionari nell’amministrazione Bush, trovandosi dunque nella posizione maggiormente conveniente per mettere in atto il loro “Progetto” dopo aver ottenuto la loro “nuova Pearl Harbor”.

Il piano di guerra era “già in fase di sviluppo da parte dei think tanks di estrema destra negli anni Novanta, organizzazioni in cui militavano i guerrieri della guerra fredda provenienti dai servizi segreti, delle chiese evangeliche, delle multinazionali industrie belliche e delle compagnie petrolifere forgiavano i loro piani per realizzare un Nuovo Ordine Mondiale”. Per fare questo, “gli Stati Uniti avrebbero bisogno di usare tutti i mezzi – diplomatici, economici e militari, anche guerre di aggressione – per garantirsi la possibilità di avere il controllo permanente delle risorse del pianeta e la capacità di controllare ogni possibile rivale, anche quelli deboli”.

Tra le persone coinvolte nel PNAC e nei piani per l’impero vi erano “Dick Cheney – Vice Presidente, Lewis Libby – capo dello staff di Cheney, Donald Rumsfeld – Ministro della Difesa, Paul Wolfowitz – vice di Rumsfeld, Peter Rodman – responsabile di “Questioni di Sicurezza Globale”, John Bolton – Segretario di Stato per il controllo degli armamenti, Richard Armitage – Vice Ministro degli Esteri, Richard Perle – ex Vice Ministro della Difesa sotto Reagan, oggi capo del Defense Policy Board, William Kristol – direttore del PNAC e consigliere di Bush, noto come il cervello del presidente, Zalmay Khalilzad, che divenne poi ambasciatore in Afghanistan e in Iraq in seguito ai cambiamenti di regime in quei paesi”. [28]

“La Grande Scacchiera” di Brzezinsky
Il falco-stratega Zbigniew Brzezinski, co-fondatore della Commissione Trilaterale insieme a David Rockefeller, ex consigliere alla Sicurezza nazionale e il personaggio chiave nella politica estera dell’amministrazione di Jimmy Carter, ha scritto anche un libro sulla geostrategia americana. Brzezinski inoltre è anche  membro del Council on Foreign Relations (CFR) e del Gruppo Bilderberg, nonche del consiglio di Amnesty International, il Consiglio Atlantico e il National Endowment for Democracy. Attualmente è  amministratore fiduciario e consulente presso il Centro di Studi Strategici e Internazionali (CSIS), il più importante thinkthank politico americano. Nel suo libro pubblicato nel 1997, “La Grande Scacchiera” Brzezinski delineò una strategia per l’America nel mondo. Scrisse, “Per l’America, l’obiettivo geopolitico principale è l’Eurasia. Per mezzo millennio gli affari del mondo sono stati dominati da potenze eurasiatiche e da popoli che hanno combattuto l’uno contro l’altro per il dominio regionale tentando di allungare le mani sul potere globale”. “Il modo in cui  l’America ‘controlla’ l’Eurasia è fondamentale. Essa è il continente più grande del mondo ed è geopoliticamente assiale. Un potenza che domini l’Eurasia controllerebbe due delle tre regioni del mondo più avanzate ed economicamente produttive . Un semplice sguardo alla cartina suggerisce anche che il controllo dell’Eurasia comporterebbe quasi automaticamente la subordinazione dell’Africa”. [29]

Brzezinski continua a delineare una strategia per l’impero americano affermando che “è imperativo che non emerga nessuno sfidante euroasiatico in grado di dominare l’Eurasia e quindi di competere con l’America. La formulazione di una geostrategia eurasiatica globale e integrata è dunque lo scopo di questo libro”.[30] “Due azioni base sono necessarie: in primo luogo, identificare gli stati eurasiatici geostrategicamente dinamici che sono in grado di provocare un cambiamento potenzialmente importante nell’equilibrio internazionale del potere e decifrare i principali obiettivi esterni delle loro èlite politiche e le probabili conseguenze se riuscissero a raggiungerli. In secondo luogo, formulare specifiche politiche per gli Stati Uniti con lo scopo di compensare, cooptare e/o controllare quanto sopra”. [31]

Ciò significa che in primo luogo è di importanza primaria identificare gli stati potenzialmente in grado di uscire dalla sfera di influenza degli Stati Uniti e in seguito“compensare, cooptare e/o controllare” questi stati e i contesti in cui  agiscono. Uno di questi Stati  è l’Iran, essendo uno dei maggiori produttori al mondo di petrolio e che si trova in una posizione lungo l’asse  Europa, Asia, Medio Oriente. L’Iran potrebbe alterare l’equilibrio dei poteri in Eurasia se fosse strettamente alleato con la Russia o la Cina, o con entrambi, dando a queste due nazioni notevoli forniture di petrolio e nello stesso tempo esercitando una notevole influenza sul Golfo mettendo quindi in discussione l’egemonia americana nella regione.

Brzezinski a questo punto diventa più esplicito, scrivendo, “Per dirla con una terminologia che richiama il periodo più violento degli antichi imperi, i tre maggiori imperativi della geostrategia imperiale sono impedire la collusione e assicurare la sudditanza da parte dei vassalli, garantire i flussi tributari ed evitare alleanze tra i barbari”. [32]

Brzezinski definisce le repubbliche dell’Asia Centrale i ‘Balcani Euroasiatici’, scrivendo, “Inoltre, esse [le repubbliche dell’Asia Centrale],sono importanti dal punto di vista della sicurezza e delle ambizioni storiche, almeno quanto tre dei loro più potenti vicini, cioè la Russia, la Turchia e l’Iran, con la Cina che si sta facendo notare per un crescente interesse politico nella regione. Ma i Balcani Eurasiatici sono infinitamente più importanti come potenziale premio economico. Una concentrazione enorme di gas naturale e di riserve di petroli osi trova in quelle regioni , oltre a importanti minerali, compreso l’oro”. [33]

Continua dicendo che: “Ne consegue che l’interesse primario dell’America è quello di contribuire a garantire che nessuna singola potenza arrivi a controllare questo spazio geopolitico e che la comunità mondiale possa avere libero accesso finanziario ed economico”. [34] Questo è un chiaro esempio del ruolo che ha  l’America come motore dell’impero; con una politica estera imperiale destinata a  mantenere le posizioni stragiche degli USA , ma soprattutto e “infinitamente più importante” è quello di garantire “un vantaggio economico” per “la comunità internazionale”. In altre parole, gli Stati Uniti è una potenza egemone imperiale che lavora per gli interessi finanziari internazionali.

Brzezinski ha anche avvertito del fatto che “per gli Stati Uniti può divenire necessario come far fronte al le coalizioni regionali che cerchino di spingere l’America fuori dall’Eurasia, minacciando in tal modo lo status dell’America come potenza mondiale.” [35] e  “spinge per concessioni a chiunque manovri e manipoli al fine di prevenire l’emergere di una coalizione ostile che alla fine sarebbe in grado di sfidare il primato degli Stati Uniti”. Quindi, “Il compito più immediato è quello di assicurarsi che nessuno stato o una combinazione di stati sia in grado di ottenere la capacità di espellere gli Stati Uniti dall’Eurasia o anche di diminuire significativamente il suo ruolo decisivo di arbitro”. [36]

La guerra al terrore e il surplus di imperialismo

Nel 2000 il Pentagono ha pubblicato  un documento chiamato ‘Joint Vision 2020′, che delineava un progetto per realizzare quello che hanno chiamato ‘Full Spectrum Dominance’. “Con ‘Full-Spectrum Dominance’ si intende la capacità delle forze militari Usa, operando da sole o con gli alleati, di sconfiggere ogni avversario e controllare ogni situazione in tutta la gamma delle operazioni militari”. Il rapporto “indirizza la ‘Full-Spectrum Dominance’ verso tutti i tipi di conflitto, dalla guerra nucleare alle guerre con un numero elevato di uomini fino a quellesu scala minore. Affronta anche le situazioni amorfe come le operazioni di mantenimento della pace e interventi umanitari”. Inoltre, “Lo sviluppo di una griglia globale di informazione fornirà il contesto per importanti decisioni”. [37]

Da economista politico, Ellen Wood spiega che, “Il dominio senza confini di una economia globale,e dei diversi stati che l’amministrano, richiede un intervento militare senza fine, in termini di tempo e obiettivi “. [38] Inoltre, “Il dominio imperiale in una economia capitalista globale richiede un delicato e contraddittorio equilibrio tra la repressione della concorrenza  e il mantenimento di condizioni di competitività economica per i mercati e generare profitti. Questa è una delle contraddizioni fondamentali del nuovo ordine mondiale”. [39]

Dopo l’11 settembre 2001, la “dottrina Bush” è stata messa in atto,richiedendo “un diritto unilaterale ed esclusivo di attacco preventivo, in qualsiasi momento, dovunque, libero da eventuali accordi internazionali, per garantire che le (nostre) forze militari siano abbastanza forti da dissuadere i potenziali avversari dal perseguire un potenziamento militare nella speranza di superare o eguagliare il potere degli Stati Uniti”. [40].

La NATO ha intrapreso,nella sua storia, la sua  prima invasione di terra di un’altra nazione con l’occupazione nel 2001 dell’Afghanistan . La guerra in Afghanistan è stata di fatto prevista prima degli eventi dell’11 settembre 2001, con la ripartizione degli  accordi  stipulati tra le grandi compagnie petrolifere occidentali e i talebani per l’oleodotto transafgano. La guerra è stata progettata durante l’estate del 2001 con il piano di entrare in guerra nella metà ottobre [41].

L’Afghanistan è  estremamente importante dal punto di vista geopolitico in quanto  “Il trasporto di tutto il combustibile fossile del bacino del Caspio attraverso la Russia o l’Azerbaigian potrebbe migliorare notevolmente il controllo politico ed economico della Russia sulle repubbliche dell’Asia centrale, che è precisamente quello che l’Occidente ha cercato di impedire negli ultimi 10 anni.. Le tubazioni attraverso l’Iran arricchirebbe un regime che gli Stati Uniti cercano di isolare. Il passaggio attraverso la Cina, indipendentemente da considerazioni strategiche, avrebbe invece costi proibitivi. Mentre i gasdotti  attraverso l’Afghanistan permetterebbero  agli Usa sia  di perseguire l’obiettivo di “diversificazione dell’approvvigionamento energetico” sia di penetrare nei  mercati più redditizi del mondo”. [42]

Come ha sottolineato il San Francisco Chronicle  due settimane dopo gli attacchi dell’11 settembre:“Al di la della determinazione americana di colpire gli autori degli attentati dell’ 11 settembre, al di là della possibilità di lunghe ed estenuanti battaglie con numerosi civili morti nei mesi e anni a venire, quello che si nasconde dietro la guerra contro il terrorismo può essere riassunta in una sola parola: petrolio”. Spiega ulteriormente: “La mappa dei santuari del terrorismo e degli obiettivi in Medio Oriente e nell’Asia Centrale è uguale anche, con uno straordinario grado di approssimazione, alla mappa delle principali fonti energetiche del mondo nel 21 ° secolo. La difesa di queste risorse energetiche – più che un semplice ’scontro tra Islam e Occidente – sarà il principale punto che infiammerà il conflitto globale per i decenni a venire”.

Tra i molti stati dove si incrociano terrorismo e riserve di petrolio e gas di importanza vitale per gli USA e l’Occidente troviamo l’Arabia Saudita, Libia, Bahrein, Emirati del Golfo, Iran, Iraq, Egitto, Sudan e Algeria, Turkmenistan, Kazakistan, Azerbaigian, Cecenia, Georgia e Turchia orientale. E’ importante sottolineare che “questa regione rappresenta oltre il 65 per cento della produzione mondiale di petrolio e gas naturale”. Inoltre, “E’ inevitabile che la guerra contro il terrorismo sia vista da molti come una guerra per conto delle americane Chevron, Exxon Mobil e Arco; della francese Total Fina Elf ; della British Petroleum, della Royal Dutch Shell e delle altre gigantesche multinazionali che hanno  fatto investimenti di centinaia di miliardi di dollari nella regione”. [43]

Non è un segreto che la guerra in Iraq aveva molto a che fare con il petrolio. Nell’estate del 2001 Dick Cheney convocò una task force per l’Energia,  diverse  riunioni  segrete in cui è stata decisa la politica energetica  degli Stati Uniti. Nel corso di questi incontri e attraverso altri mezzi di comunicazione, Cheney e i suoi collaboratori si sono incontrati con alti funzionari e dirigenti della Shell Oil, della British Petroleum (BP),della  Exxon Mobil, Conoco e Chevron. [44] All’ incontro, tenutosi prima dell’11 settembre e prima che si facesse alcuna menzione alla guerra contro l’Iraq, vennero presentati e discussi documenti riguardanti i giacimenti petroliferi, oleodotti, raffinerie e terminali iracheni, e “documenti analogamente significativi sull’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti (UAE) con una mappa con ogni giacimento petrolifero, oleodotto, raffineria e terminale”.[45] Sia la Royal Dutch Shell che la British Petroleum hanno ricevuto i contratti più favorevoli per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi iracheni. [46]

La guerra in Iraq, così come quella in Afghanistan, servono essenzialmente  agli interessi americani e, più in generale, agli interessi imperiali-strategici dell’Occidente nella regione. In particolare, le guerre sono state strategiche per eliminare, minacciare o contenere le potenze regionali, come pure installare direttamente decine di basi militari nella regione, che istituisce praticamente una presenza imperiale. Lo scopo di tutto ciò è  mirato essenzialmente verso gli altri attori nella regione, accerchiando la Russia e la Cina e minacciando il loro accesso al petrolio ed alle riserve di gas. L’Iran è ora circondata, con l’Iraq da un lato e l’Afghanistan dall’altro.

Considerazioni conclusive

La prima parte di questo saggio ha delineato la strategia imperiale dell’ USA-NATO per l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale dopo lo smembramento dell’Unione Sovietica nel 1991. L’obiettivo primario è  circondare la  Russia e la Cina e prevenire  il sorgere di una nuova superpotenza. Il compito degli  Stati Uniti è di agire come potenza egemone imperiale e servire gli interessi finanziari internazionali ed imporre un Nuovo Ordine Mondiale. La prossima parte di questo saggio esamina le rivoluzioni ‘colorate’ in tutta l’Europa orientale e Asia centrale, continuando la politica degli Stati Uniti e della NATO di contenere la Russia e la Cina e il controllo dell’accesso alle grandi riserve di gas naturale e delle rotte di trasporto. Le ‘rivoluzioni colorate’ sono state una forza centrale nella strategia geopolitica imperiale , e la loro analisi è la chiave per comprendere il Nuovo Ordine Mondiale.

LINK: An Imperial Strategy for a New World Order: The Origins of World War III

DI: CoriInTempesta

http://work.colum.edu/~amiller/wolfowitz1992.htm

http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=370

http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=370

[4]   David Binder, Yugoslavia Seen Breaking Up Soon. The New York Times: November 28, 1990

[5]   Ian Traynor, Croat general on trial for war crimes. The Guardian: March 12, 2008: http://www.guardian.co.uk/world/2008/mar/12/warcrimes.balkans

[6]   Adam LeBor, Croat general Ante Gotovina stands trial for war crimes. The Times Online: March 11, 2008: http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/europe/article3522828.ece

[7]   Brendan O’Neill, ‘You are only allowed to see Bosnia in black and white’. Spiked: January 23, 2004: http://www.spiked-online.com/Articles/0000000CA374.htm

[8]   Richard J. Aldrich, America used Islamists to arm the Bosnian Muslims. The Guardian: April 22, 2002: http://www.guardian.co.uk/world/2002/apr/22/warcrimes.comment/print

[9]   Tim Judah, German spies accused of arming Bosnian Muslims. The Telegraph: April 20, 1997: http://www.serbianlinks.freehosting.net/german.htm

[10]   Charlotte Eagar, Invisible US Army defeats Serbs. The Observer: November 5, 1995: http://charlotte-eagar.com/stories/balkans110595.shtml

[11]   Gary Wilson, New reports show secret U.S. role in Balkan war. Workers World News Service: 1996: http://www.workers.org/ww/1997/bosnia.html

[12]   IAC, The CIA Role in Bosnia. International Action Center: http://www.iacenter.org/bosnia/ciarole.htm

[13]   History Commons, Serbia and Montenegro: 1996-1999: Albanian Mafia and KLA Take Control of Balkan Heroin Trafficking Route. The Center for Cooperative Research: http://www.historycommons.org/topic.jsp?topic=country_serbia_and_montenegro

[14]   History Commons, Serbia and Montenegro: 1997: KLA Surfaces to Resist Serbian Persecution of Albanians. The Center for Cooperative Research: http://www.historycommons.org/topic.jsp?topic=country_serbia_and_montenegro

[15]   History Commons, Serbia and Montenegro: February 1998: State Department Removes KLA from Terrorism List. The Center for Cooperative Research: http://www.historycommons.org/topic.jsp?topic=country_serbia_and_montenegro

[16]   Marcia Christoff Kurop, Al Qaeda’s Balkan Links. The Wall Street Journal: November 1, 2001: http://www.freerepublic.com/focus/fr/561291/posts

[17]   Global Research, German Intelligence and the CIA supported Al Qaeda sponsored Terrorists in Yugoslavia. Global Research: February 20, 2005: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=431

[18]   Michel Chossudovsky, Kosovo: The US and the EU support a Political Process linked to Organized Crime. Global Research: February 12, 2008: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8055

[19]   Andrew Gavin Marshall, Breaking Yugoslavia. Geopolitical Monitor: July 21, 2008: http://www.geopoliticalmonitor.com/content/backgrounders/2008-07-21/breaking-yugoslavia/

[20]   AEI, Is Euro-Atlantic Integration Still on Track? Participant List. American Enterprise Institute: April 28-30, 2000: http://www.aei.org/research/nai/events/pageID.440,projectID.11/default.asp

[21]   Aleksandar Pavi, Correspondence between German Politicians Reveals the Hidden Agenda behind Kosovo’s “Independence”. Global Research: March 12, 2008: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8304

[22]   Stephen Zunes, The War on Yugoslavia, 10 Years Later. Foreign Policy in Focus: April 6, 2009: http://www.fpif.org/fpiftxt/6017

[23]   PNAC, Rebuilding America’s Defenses. Project for the New American Century: September 2000, page 6: http://www.newamericancentury.org/publicationsreports.htm

[24]   Ibid. Page 8

[25]   Ibid. Page 9

[26]   Ibid. Page 14

[27]   Ibid. Page 51

[28]   Margo Kingston, A think tank war: Why old Europe says no. The Sydney Morning Herald: March 7, 2003: http://www.smh.com.au/articles/2003/03/07/1046826528748.html

[29]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Pages 30-31

[30]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page xiv

[31]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 41

[32]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 40

[33]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 124

[34]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 148

[35]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 55

[36]   Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 198

[37]   Jim Garamone, Joint Vision 2020 Emphasizes Full-spectrum Dominance. American Forces Press Service: June 2, 2000:

http://www.defenselink.mil/news/newsarticle.aspx?id=45289

[38]   Ellen Wood, Empire of Capital. Verso, 2003: page 144

[39]   Ellen Wood, Empire of Capital. Verso, 2003: page 157

[40]   Ellen Wood, Empire of Capital. Verso, 2003: page 160

[41]   Andrew G. Marshall, Origins of Afghan War. Geopolitical Monitor: September 14, 2008:

http://www.geopoliticalmonitor.com/content/backgrounders/2008-09-14/origins-of-the-afghan-war/

[42]   George Monbiot, America’s pipe dream. The Guardian: October 23, 2001:

http://www.guardian.co.uk/world/2001/oct/23/afghanistan.terrorism11

[43]   Frank Viviano, Energy future rides on U.S. war. San Francisco Chronicle: September 26, 2001:

http://www.sfgate.com/cgi-bin/article.cgi?file=/chronicle/archive/2001/09/26/MN70983.DTL

[44]   Dana Milbank and Justin Blum, Document Says Oil Chiefs Met With Cheney Task Force. Washington Post: November 16, 2005:

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/11/15/AR2005111501842_pf.html

[45]   Judicial Watch, CHENEY ENERGY TASK FORCE DOCUMENTS FEATURE MAP OF IRAQI OILFIELDS.Commerce Department: July 17, 2003: http://www.judicialwatch.org/printer_iraqi-oilfield-pr.shtml

[46]   TERRY MACALISTER, Criticism as Shell signs $4bn Iraq oil deal. Mail and Guardian: September 30, 2008: http://www.mg.co.za/article/2008-09-30-criticism-as-shell-signs-4bn-iraq-oil-deal

Al-Jazeera, BP group wins Iraq oil contract. Al Jazeera Online: June 30, 2009: http://english.aljazeera.net/news/middleeast/2009/06/200963093615637434.html


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