Posted on ott 24, 2013
Verso Monet – Mostra alla Gran Guardia di Verona
26 ottobre 2013 - 09 febbraio 2014
Palazzo della Gran Guardia – Verona
Dal 26 ottobre alla Gran Guardia un appuntamento imperdibile con l’arte: oltre novanta dipinti dei maggiori pittori tra Seicento e Novecento, fino all’Impressionismo di Monet.
Presentazione mostra
Il secondo capitolo delle esposizioni a Verona e a Vicenza, dopo il grande successo recente della storia del ritratto con 367.999 visitatori finali, è dedicato alla storia del paesaggio in Europa e in America dal Seicento al Novecento. Così, nell’analisi dei maggiori generi pittorici, alla prima esposizione riservata alla storia dello sguardo e dunque alla vicenda del ritratto ma anche alla descrizione del corpo, seguirà questa che intende raccontare lo studio della natura a partire dal XVII secolo, per giungere alle ninfee dipinte da Claude Monet nella prima parte del Novecento. Facendo ricorso a oltre novanta dipinti e a dieci preziosi disegni provenienti come sempre da alcuni tra i maggiori musei del mondo, e da alcune preziose collezioni private, la mostra sarà divisa in cinque sezioni, che descriveranno i momenti fondamentali legati alla narrazione della natura come fatto autonomo e indipendente rispetto all’inserimento delle figure. Insomma, quella sorta di emancipazione dell’immagine quando il paesaggio non è più visto come semplice fondale scenografico, ma campeggia quale divinità assoluta e dominante. Per questo motivo la mostra prenderà in esame i punti di snodo di una vicenda che diventerà sempre più centrale nella storia dell’arte, fino a giungere all’Ottocento, che a buon diritto è stato denominato “il secolo della natura”. Quindi, senza allargarsi a innumerevoli e frazionate esperienze, starà piuttosto stretta ai cardini fondamentali. E in questo senso il titolo dell’esposizione sancisce l’idea dell’enorme cambiamento attuato da Claude Monet a partire dalla seconda metà degli anni sessanta del XIX secolo, lui impegnato in quel momento a dipingere nella foresta di Fontainebleau e sulle coste della Normandia sulla scia di Boudin. Monet che trapassa dal senso pur nobile della realtà, che a Corot prima di lui giungeva da una tradizione secolare – evidenziata in questa mostra –, e si spinge con le ninfee finali, ma già con le “serie” dell’ultimo decennio dell’Ottocento, verso il campo aperto di un paesaggio che non dimenticando appunto la realtà si appoggia quasi totalmente ormai sull’esperienza interiore. Aprendo così ad alcune delle manifestazioni più belle e nuove della natura dipinta nel corso del Novecento. Monet dunque quale paradigma del nuovo paesaggio, il punto di attraversamento tra un prima e un poi. Per questo motivo, la sua presenza coprirà una parte ampia dell’intera esposizione, con venti dipinti. Una vera e propria mostra nella mostra. Come detto le sezioni saranno cinque, e così si succederanno: 1. IL SEICENTO. IL VERO E IL FALSO DELLA NATURA 2. IL SETTECENTO. L’ETA’ DELLA VEDUTA 3. ROMANTICISMI E REALISMI 4. L’IMPRESSIONISMO E IL PAESAGGIO 5. MONET E LA NATURA NUOVA Per cui la mostra trascorrerà dalle esperienze introduttive di Annibale Carracci e Domenichino, fino a quelle, dai primi due derivate e fondamentali, di Lorrain, Poussin e Salvator Rosa nel XVII secolo per documentare il passaggio dal falso al vero della natura, per andare poi nell’Olanda sempre seicentesca di Van Ruisdael, Seghers, Van Goyen e Hobbema tra gli altri, quando la verità del vedere fonda il paesaggio moderno. E una decina di disegni da Lorrain a Rembrandt, da Koninck a Van Ruisdael, segneranno l’importanza di questa tecnica nell’esplorazione diretta della natura. Per incontrare quindi subito alcuni artisti che sono stati pietre miliari per la nuova immagine del paesaggio. Come diranno bene talune vicende successive, nel Settecento e ancora nell’Ottocento. Per il Settecento si è scelta prima la sosta su Van Wittel, per la nascita del concetto di veduta, e poi un suggestivo, e importante, affondo veneziano tra Canaletto, Bellotto e Guardi a sintetizzare la meravigliosa età della veduta veneziana, con una ventina di opere per lo più provenienti da musei americani e per questo esposte raramente o mai in Italia. Per entrare poi nel XIX secolo, con le figure imprescindibili di Turner, Constable e Friedrich, coloro che ridisegnano l’idea della natura entro il nuovo spirito romantico. I vari realismi porteranno quindi la mostra tra la Francia di Barbizon, la Scandinavia, l’Est Europa e l’America della Hudson River School. Fino a che giunge Monet a rovesciare, utilizzando dapprima gli elementi proprio del realismo, il concetto di paesaggio dipinto. E lasciandosi così affiancare dai compagni impressionisti e post impressionisti, da Renoir a Sisley, da Pissarro a Caillebotte, da Degas a Manet. Per giungere alle esperienze fondamentali di Van Gogh, Gauguin e Cézanne. Tutti presenti con nuclei di opere selezionate, a cominciare dalle sette di Vincent van Gogh, grazie alla usuale, preziosa collaborazione del Van Gogh Museum di Amsterdam e del Kröller-Müller Museum di Otterlo. Per dire solo di due dei musei prestatori, che poi vanno dalla National Gallery di Washington al Museum of Fine Arts di Boston, dal Philadelphia Museum of Art al National Museum of Wales di Cardiff, dallo Stedelijk di Amsterdam allo Szepmuveszeti di Budapest solo per citarne alcuni tra i tanti.Il Seicento
Il Seicento. Il vero e il falso della natura Alcune esperienze pittoriche nell’ultima parte del Quattrocento, e poi ovviamente nel Cinquecento, cominciano ad autorizzare ampiamente l’idea che la natura possa diventare elemento autonomo della descrizione. Il Seicento però, soprattutto in talune sue modernissime espressioni, è il secolo nel quale la natura emerge non più come fondale unicamente scenografico, ma si impone come centro della visione. Per questo motivo, la mostra pone il suo punto d’avvio da qui, costruendo un rapporto tra il vero e il falso della natura. Rapporto che continuerà a essere valido sino alla conclusione dell’Ottocento, nella relazione tempestosa che si instaurerà tra gli impressionisti e i pittori del Salon ufficiale. Ma nel XVII secolo questo rapporto tra vero e falso della natura vede da un lato le esperienze, monumentali e sotto il segno dell’Arcadia, di Poussin, Lorrain, straordinari artisti francesi che a lungo operano in Italia, e Salvator Rosa. Anticipati dalla presenza di due pittori, Annibale Carracci e Domenichino, entro il cui clima si sono formati. Una sezione con dieci disegni dal Lorrain a Rembrandt a Van Ruisdael, metterà in evidenza questa tecnica fondamentale. Dall’altro lato la sezione indaga quella stagione olandese sublime che aprirà alla modernità. Da Hobbema a Van Ruisdael, da Van Goyen a Seghers, sono pittori che anticipano la lunga stagione del realismo ottocentesco e poi del primo impressionismo. Ponendo la natura, con due secoli di anticipo, al centro della scena e dell’indagine dell’occhio fisico.Il Settecento
Il Settecento. L’eta’ della veduta
Una ventina di dipinti, alcuni anche di grande dimensione, illustrano in mostra una delle svolte maggiori che la pittura dedicata al vero della natura ricordi. Per cui si è scelto di concentrare il capitolo riservato al Settecento su quel momento storico che è ovunque conosciuto come l’età della veduta. E gli artisti veneziani, prima di loro Gaspar van Wittel, sono al centro di questo percorso, e soprattutto, con la loro grazia e il loro grado di anticipazione del futuro, Canaletto, Bellotto e Guardi. Molte di queste opere provengono da musei americani e quindi si tratta di prestiti normalmente poco accessibili per il pubblico italiano, che si troverà a scoprire meraviglie per la prima volta.Il Bacino tra piazza San Marco e l’isola di San Giorgio molto spesso domina la scena, e specialmente in Canaletto. Con la sua nitidezza di visione, dovuta anche all’uso della camera ottica, apre a un mondo che l’occhio fino a quel momento pareva aver tenuto nascosto. Canaletto spacca la linea della pittura e sulla sua scia si porranno, pur con accenti diversi, Bellotto e Guardi. Quest’ultimo anticipando quasi alcune soluzioni che verranno poi riprese nel secolo successivo.
L'Ottocento
Romanticismi e realismi
Una sezione molto importante, perché si colloca in un punto di svolta ormai definitivo dell’intero percorso dedicato alla descrizione della natura. Raccogliendo gli esiti delle esperienze dei due secoli precedenti e proiettandosi verso la rottura definitiva ed epocale dell’impressionismo. Ampio anche nel numero delle opere, una trentina, il capitolo occupa i decenni che vanno dall’apertura del secolo fino agli anni sessanta dell’Ottocento. Lasciando che in sequenza si mostrino prima le sublimi prove romantiche di Friedrich, Turner e Constable tra Germania e Inghilterra, e poi i diversi realismi sia in America che in Europa.Uno strepitoso, e quasi impossibile, prestito dalla Kunsthalle di Amburgo mette Caspar David Friedrich nella posizione di colui che apre l’età romantica in pittura, dentro una luce che è mentale e della natura insieme, mentre tende al senso dell’infinito. Turner e Constable poi modulano il sentimento romantico tra dispersione nel cosmo e invece concentrazione nel quotidiano mille volte percorso e indagato. E il senso del quotidiano, che Constable offre a Corot, segna il punto di passaggio, attraversando il canale della Manica, tra Inghilterra e Francia, nel punto di avvio della cosiddetta scuola di Barbizon. Che assieme a Corot vede in mostra anche gli altri due principali esponenti, Millet e Courbet. Ma in questa parte dedicata ai realismi, si inserisce uno dei motivi di novità dell’intera esposizione: il rapporto che è stato costruito tra le contemporanee esperienze dei pittori meravigliosi della Hudson River School in America – da Church a Bierstadt, da Kensett a Heade – e quelle di vari pittori europei non francesi. Dalla Scandinavia di Von Wright fino all’est Europa di Lotz e Grigorescu, solo per fare alcuni nomi. Nel rapporto tra lo spazio sconfinato americano e quello europeo talvolta più domestico.
Impressionismo e paesaggio
L’impressionismo e il paesaggio
Fino a che giungono i pittori impressionisti. A radicalizzare del tutto, e definitivamente, il cambio di passo nella visione, che i realisti avevano tratto dalle esperienze degli olandesi del Seicento e dei veneziani del Settecento. In Francia, a partire dalla metà degli anni sessanta del XIX secolo, accade uno di quei miracoli come poche altre volte si è visto nella storia della pittura. E il paesaggio, la sua descrizione, è il terreno, e il teatro, di questa inarrivabile novità. Attraverso venticinque opere sceltissime, sulla scena stanno artisti del calibro di Renoir e Pissarro, Degas e Sisley, Van Gogh e Gauguin, Cézanne e Caillebotte. Insieme, a evidenziare come tutto sia cambiato in Francia, attorno a Parigi, in quegli anni. Dapprima, negli anni sessanta, per il contatto con i pittori della generazione precedente, soprattutto Corot e Courbet, e il loro lavoro nella foresta di Fontainebleau. Poi il pieno decennio impressionista, quegli anni settanta che vedono le prime, sofferte affermazioni dei pittori del gruppo, quando si aprono le esposizioni nuove dal 1874 nello studio di Nadar. E poi gli anni ottanta, il decennio più indagato nella mostra, poiché è quello della crisi proprio del paesaggio impressionista, dovuto a una sorta di rigetto, per alcuni, verso la pittura en-plein-air. Da questo segno, che dischiude l’avvicinarsi del Novecento, e l’introspezione anche legata all’immagine della natura, nasceranno cose diverse. Ugualmente in Monet, protagonista assoluto dell’ultima sezione.
Monet e la natura nuova
Monet e la natura nuova
Una vera e propria mostra nella mostra, con i caratteri dell’eccezionalità. Il progetto espositivo, firmato da Marco Goldin, individua nella figura di Monet il punto di arrivo di questa grande storia dedicata alla natura dipinta. Monet che porta a compimento le lunghe stagioni della “bella pittura” e poi trasforma quella stessa pittura in esigenza della visione spirituale e interiore. A cosa tende, infatti, quel suo lungo tempo conclusivo a Giverny? A cosa, se non alla trasformazione della natura vista nella natura interiore? In questo modo, anticipando mirabilmente alcune delle ricerche più alte e innovative dell’astrazione novecentesca. Facendo ricorso a oltre venti opere di Monet, in arrivo da musei sia americani che europei, la sezione traccia l’intera sua parabola artistica, a partire dai quadri che nascono sulla scia di Boudin sulla costa di Normandia, per giungere al decennio canonico dell’impressionismo, quello legato alla sua permanenza ad Argenteuil fino al 1878. Ma sono gli anni ottanta a essere particolarmente rappresentati, per segnare quello scatto verso la modernità nel descrivere il paesaggio. E poi, assieme al tempo finale di Giverny appunto, con le ninfee in primo piano, tutti quegli spostamenti che hanno fatto di Monet un viaggiatore incantato della pittura. Per cui, opere realizzate nelle sue lunghe peregrinazioni in Normandia, a Vétheuil lungo la Senna, sulla costa del Mediterraneo attorno ad Antibes, lungo la valle della Creuse, oppure davanti alla cattedrale di Rouen. O ancora a Londra e Venezia nei primi anni del Novecento. Un alfabeto che fa della natura un miracolo dipinto. Che a Verona s’incontra.
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ORARI E BIGLIETTI
Da lunedì a giovedì: dalle 9.00 alle 19.00 Venerdì e domenica: dalle 9.00 alle 20.00 Sabato dalle 9.00 alle 21.00
Biglietti privati (senza prenotazione)
Intero 12,00 €; ridotto 9,00 € (studenti universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni); ridotto 6,00 € (minorenni 6-17 anni)
Ingresso gratuito
bambini fino a cinque anni compiuti (non in gruppo scolastico), giornalisti con tesserino, accompagnatore di portatore di handicap.