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Verso un Autunno arabo?

Creato il 14 marzo 2012 da Basil7

di Beniamino Franceschini

da IL CENTRO, marzo 2011

Quindici mesi fa, Mohamed Bouazizi, venditore tunisino, si immolò tra le fiamme dopo il sequestro della propria merce: dal gesto prese avvio l’ampia sommatoria di fenomeni definita Primavera araba. In un anno, la macroregione tra il Marocco e l’Iran, fino alla Somalia, ha subito modificazioni profonde, talvolta in modo traumatico: Gheddafi è stato ucciso, Ben Ali, Mubarak e Saleh sono stati costretti ad abbandonare il potere, il trono secolare degli al-Khalifa in Bahrein ha vacillato, in Siria tuttora si combatte. Le dinamiche sono ancora in corso di sviluppo, ma già si propone il dubbio che quanto accada nel mondo arabo non sia una rivoluzione completa, bensì un avvicendamento ai vertici di comando nel quale la discontinuità con i governi precedenti non è caratteristica essenziale. Nonostante i buoni propositi dei protagonisti della Primavera araba – da molti assimilata ai moti liberali ottocenteschi, piuttosto che al crollo del muro di Berlino – spesso il potere non è passato a elementi nuovi, ma è rimasto nelle stesse mani, come nei casi della giunta militare in Egitto, composta per lo più da uomini di Mubarak, e del governo transitorio libico, costituito da ex ministri di Gheddafi.

Dal punto di vista dell’informazione, la sponda settentrionale del Mediterraneo ha preferito ricercare (talvolta forzatamente) le analogie tra i princìpi ispiratori delle rivolte e i valori democratici occidentali, al costo, però, di tralasciare importanti fatti di cronaca, come l’entità dei contrattacchi dei lealisti in Libia. Allo stesso modo, si è posto in secondo piano il ruolo dei movimenti islamisti e la loro pervasività tra le masse stremate, limitando i riferimenti alla reintroduzione della legge shariatica in alcune regioni e liquidando superficialmente la vittoria della Fratellanza musulmana in Egitto.

È innegabile che il 2011 sia stato l’inizio di vasti mutamenti in situazioni eterogenee: anche solo la caduta di capi che parevano invincibili sotto l’impeto delle piazze è di per sé un evento epocale. A dominare adesso è la speranza che le criticità sorte non divengano croniche, compromettendo i princìpi davvero emancipatori dei moltissimi, soprattutto giovani, desiderosi di cambiamento. Tuttavia, per far sì che la Primavera non divenga un Autunno arabo è fondamentale che anche l’Occidente si liberi da reticenza e spirito giustificatorio, ossia che siano abbandonati atteggiamenti di memoria coloniale funzionali più a ottiche ideologizzate di breve periodo, che alla comprensione di complessi fenomeni sociali di carattere internazionale.

Beniamino Franceschini
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