Il Consiglio dell’Unione europea, riunito a Bruxelles ieri, aveva all’ordine del giorno la delicata situazione egiziana. I Ministri degli Esteri degli Stati Membri ( l’organo ha composizione diverse a seconda del tema in oggetto; è composto pertanto dal Ministro dei Governi nazionali competente per materia) hanno cercato una posizione comune, anche su indicazione dell’Alto Rappresentante Miss Ashton.
Le conclusioni del Consiglio sono un’affermazione dei buoni rapporti che legano le due compagini e un preciso rifiuto di ogni atto di violenza; le efferatezze infatti, a partire da Mercoledì ultimo scorso, si sono fatte più cruente.
Photo credit: Eoghan OLionnain / Foter / CC BY-SA
L’invito lanciato al popolo egiziano consiste nel rifiutare la degenerazione in guerra civile, nel porre le basi per un dialogo democratico; unico presupposto per il futuro fiorire dello Stato Nordafricano. In concreto, l’Ue ha dato mandato all’Alto Rappresentante, di concerto con la Commissione, affinchè la situazione venga monitorata costantemente; a Bruxelles si dicono pronti ad aiutare socio-economicamente la popolazione.
Per ora è escluso l’intervento diretto. Inoltre, il Consiglio ha sospeso la cessione di licenze per equipaggiamenti utili per la repressione. Arrivate le conclusioni, non si sono fatte attendere le critiche. Se da un lato si è potuto apprezzare un summit relativamente tempestivo, dall’altro non si può certo dire che quella dell’Ue sia una prova di forza. D’altronde, la stessa ricerca di una politica comune e non unica, in materia, risulta deleteria. Perché un ordine suoni perentorio ad un partner internazionale, la voce deve essere una e una sola per tutti e ventotto; viceversa, le conclusioni saranno sempre un accurato e faticoso sforzo diplomatico volto a tenere insieme interessi particolari e nazionali, che non cedono nemmeno di fronte ad un’esigenza internazionale.
Qui il documento ufficiale sulle conclusioni del consiglio europeo: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/EN/foraff/138599.pdf
Articolo di Lorenzo Berto
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