Non è come fare i cittadini di professione, privilegio e onere di un settimo degli abitanti dell’Atene classica. La parola democrazia deriva dalla loro lingua, e non abbiamo ereditato altro che la parola, fortunatamente, dato che sei cittadini su sette non potevano nemmeno sognarsi di sentirsi uguali agli altri: erano donne e schiavi costrette le une ad accudire la casa in condizione di inferiorità rispetto all’uomo, mentre gli altri dovevano addossarsi lavori pesanti, usuranti e umilianti. Era il dominio di un ceto più che una democrazia degli uguali e dei liberi, legata al rispetto dei diritti degli esseri umani, come si può teorizzare oggi. Non c’è motivo di mitizzare quell’Atene per le cui leggi Socrate preferì morire, accettando la condanna a morte, che fuggire. I cittadini allora si prendevano carico di partecipare all’elaborazione della vita pubblica della città, di partecipare alle spese per le Forze Armate (diremmo oggi), perché la città erano loro loro, i cittadini formati dalla città, che consisteva nella loro coesione e partecipazione, nel loro impegno, che certo escludeva donne e schiavi.
E’ cambiato tutto rispetto ad oggi: e i cittadini hanno bisogno di democrazia come dell’aria per respirare, anche perché hanno bisogno di aria pulita da respirare, di lavoro che renda possibile vivere coprendo le spese, di legalità e dignità. Tornano domande radicali che toccano ognuno e c’è bisogno di coraggio di sperimentare forme nuove, di rimettere in discussione le istituzioni che non hanno funzionato, le forme e gli strumenti falliti, di ritrovare il rapporto con i cittadini stremati dal lavoro, dai loro problemi, dalla crisi economica. E in provincia di Cremona alcune liste hanno dato premiate forme di impegno civile che meritano di essere seguite, perché passo passo sta maturando uno stile diverso. Torna il bisogno, come in tutti i tempi, di ridefinire i termini fondamentali della convivenza sociale, di esercitare i diritti, di farli valere quando sono calpestati, e l’economia distrugge il lavoro e il territorio.
Si può provare finalmente a costruire qualcosa di meglio e di nuovo. Mariagrazia Bonfante, con Salviamo il Paesaggio, con i collaboratori del gruppo Amali e altri ancora, come il Comitato acqua pubblica del Cremonese, ha fatto percepire una svolta.
Ed ecco un consiglio comunale all’aperto, nella piazza principale del paese. Il capogruppo dell’opposizione signor Balconi protesta: “La sede istituzionale non è la piazza – ha dichiarato – noi dell’opposizione non ci presenteremo più se convocati qui in piazza: i luoghi istituzionali non sono questi. Inutile appellarsi alle barriere architettoniche, il Comune è a disposizione. Non siamo qui per festeggiare”. Il ruolo dell’opposizione è controllare, vigilare, criticare ed eccola già pronta.
Il sindaco Mariagrazia Bonfante, che ieri ha giurato in piazza di rispettare la Costituzione, ha però ricevuto nuove richieste di allestire il consiglio comunale all’aperto, in piazza, e probabilmente lo rifarà anche perché le norme lo consentono. La sede istituzionale è il municipio, ma il sindaco, come ha precisato il segretario comunale, altra donna, ha la possibilità di convocare il consiglio comunale in altri luoghi.
Di uscire dai palazzi c’è bisogno. I cittadini stentano a presentarsi ai servizi sociali, per esempio. Alcuni si vergognano, come succede regolarmente ovunque. Le sedi ufficiali possono mettere a disagio chi non è abituato a frequentarle. Una piazza, un luogo aperto, è tutta un’altra cosa. E’ una scelta di un nuovo rapporto più informale e diretto con i cittadini. Il Comune va in piazza.
Finalmente più partecipazione, più controllo, più critica alla luce del sole, più trasparenza. Le stanze chiuse non sono belle. A Bordolano il sindaco, nella precedente consiliatura, ha fatto comunicazioni al di fuori dell’ordine del giorno, senza stesura a verbale. Una consigliere d’opposizione, Luisa Pea, è stata apostrofata in modo inelegante e inappropriato, il sindaco, come alcuni consiglieri di maggioranza, si è permesso di fare dichiarazioni poco comprensibili in presenza di un progetto d’impatto ambientale notevole come uno stoccaggio di gas metano. Basta ascoltare una delle conferenze di Maria Rita D’Orsogna, docente all’università della California.