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Auto masochismo di un sognatore illuso ed illusionista

Creato il 27 ottobre 2014 da Postik @postikitalia

Auto masochismo di un sognatore illuso ed illusionista

Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta (Platone, Apologia di Socrate).

Decisi di fermarmi in quel posto alla ricerca di me stesso. Quando l’essere umano decide di sognare è il momento di agire, di ricercare la parte più preziosa del proprio Io. Hitler un giorno si svegliò e pensò: ma chi è il super uomo? E’ da incoscienti pensare che fosse lui, tuttavia il pensiero è di quelli impegnativi.

Solo discostandosi dalla realtà e lasciando che la mente incominci a sognare si può raggiungere la consapevolezza di se stessi.

Come dicevo, mi fermai in quel luogo.

In una località dove nessuno andrebbe.

Cercavo di ritrovare me stesso attraverso le sofferenze del mondo alla ricerca della speranza.

Entrando in questa città martoriata credevo di trovare una realtà devastata: una Sarajevo dei nostri tempi.

Il brivido non tardò ad avvelenarmi la spina dorsale: per la prima volta mi sentivo fiero di essere italiano.

Un intelligente nazionalista, un avventuriero della cosciente sofferenza.

La città era un cantiere a cielo aperto: case e strade costruite dal nulla.

Ad un tratto mentre camminavo provai a girarmi alla mia sinistra e mi accorsi di un edificio quasi completamente distrutto. Sulle pareti poteva essere udito il pianto della sofferenza e della paura; la paura di morire, di perdere ogni cosa, pochi secondi che ti cambiano la vita.

Quelle pareti erano come bucate da proiettili di mortai o da sonore cannonate di un carro armato passato di lì per caso. Lo scempio e la devastazione di una natura che vuole riappropriarsi dei propri spazi perduti: potente ed inflessibile. Non potevo distrarmi, la mia mente non poteva fermarsi a quella visione c’era bisogno di godere di una nuova speranza, di vivere quelle emozioni.

Proseguii il mio cammino avvicinandomi sempre di più al cuore della città. Il sogno e la speranza riflettevano la desolazione, il deserto, l’incoscienza del non esistere.

Ero come avvolto da quel silenzio, ero alla ricerca disperata dell’illusione, della più sensibile delle emozioni: la vita umana. Avevo come la necessità di essere rassicurato da chiunque mi passasse davanti anche solo per un istante. Decisi a quel punto di ricercare disperatamente un contatto umano, un sorriso, uno sguardo.

In quel piccolo deserto c’era lei, una signora di mezza età con uno stupendo sorriso e la sua piccola edicola. E come un generale che chiede al suo subalterno quanti soldati sono sopravvissuti, chiesi con ansia come andavano le cose. Lei mi rispose con un dolce sorriso incoraggiante.

Lei rappresentava la rinascita, l’amore per la propria terra, la speranza.

La sua edicola è ancora lì, lei è ancora lì.

La salutai pronto a tornare alla realtà, alla solitudine.

Quella era una giornata relativamente calda. Tuttavia passeggiando tra i palazzi divisi da una strada non più larga di 15 metri, il mio corpo percepiva degli abbassamenti di temperatura. Ritornavo per alcuni attimi alla mia umanità, alla carnalità del mio corpo. Quel vento freddo proveniva dai palazzi disabitati e silenziosi.

Quel silenzio che avevo perso in un lungo viaggio interrotto dalla ricerca di me stesso.

Cercavo di connettere una qualsiasi linea di pensiero che mi consentisse di interpretare l’addivenire naturale. E quasi udivo una vecchia “canzone kafkiana” di quelle: “sono chiuso in una stanza senza pareti”.

Scorgevo per un attimo l’odore della polvere, quel pulviscolo atmosferico tipico delle case disabitate e sudice. Richiudevo gli occhi per alcuni istanti ed il soffitto annerito mi sembrava un enorme buco nero pronto ad inghiottirmi. Ero pronto a scontare le mie pene, ingabbiato nel super uomo ormai sopraffatto dagli eventi, banalizzato dalla misera esistenza conformista ed utilitaristica, volta al benessere egoistico; di quell’egoismo odioso, sprezzante, che ti rende molto umano e poco super uomo.

La mia natura umana aveva tentato di annichilire la vera natura, quella divina. quella che viene da un luogo che nessuno conosce ma che molti cercano di interpretare.

La necessità di illuminare la mia mente, di tornare al mio passato, alla mia infanzia, a quei momenti dolci ed infiniti. Quelli che puoi vivere solo con l’animo innocente ed incosciente.

E la mia mente sta sognando te.

Sei andato via, lasciandomi solo nel mio umano egoismo disincantato.

Vorrei avere ancora la possibilità di parlarti, di abbracciarti, di sentire la tua umanità.

Avrei voluto essere lì con te, avrei voluto essere non il mediocre super uomo ma quella entità divina.

Avrei voluto prendere tra le mie mani il tuo cuore e riaccenderlo di speranza. Di quella umanità che ho perduto e che ricerco.

A me, però, non resta che cercare di essere un essere umano crudemente migliore e non super.


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