Potrebbe sembrare strano immaginare una band texana che si dedichi nientemeno che a prog viking black-death metal, un po’ come pensare allo Scandinavian black metal del Kansas degli Stonehaven… però si fa! Specialmente poi se nella band girano nomi come Ciaran e cognomi con Mc…
Ho sentito per la prima volta il feroce prog death metal dei Vex in abbinamento con l’ottimo doom-death metal, nel nome dei Celtic Frost, dei texani redivivi Divine Eve, in occasione dello split del 2010 (parzialmente ri-edito nel 2012). In realtà, ho appreso, i Vex esistono dalla fine degli anni Novanta. Non proprio dei novellini, insomma. Infatti oggi esce il loro settimo lavoro, e secondo album, Memorious, per la label americana Horror Pain Gore Death Productions.
La band è abbastanza apprezzata ma relativamente di nicchia, probabilmente per lo stile ibrido della sua musica. Comunque il successo riscosso sia con gli split che con l’lp un po’ tardivo di debutto Thanatopsis, del 2010, sembra aver dato gas alla produttività dei Vex. Come per lo split e un po’ per Thanatopsis, così anche e ancora di più per Memorious l’abito non fa il monaco, perché la copertina non suggerisce affatto il contenuto: dietro a una sobrietà da band post-metal/dark ambient si nasconde qualcosa di molto più robusto. La band ha visto un significativo cambio di frontman negli ultimi due anni, col nuovo cantante Joe Jackson (al posto di Orlando Logan Perez) che con la sua voce davvero potente e carismatica ha portato qualcosa in più in termini d’impatto. Il resto del gruppo consiste in Bill Edgar al basso, Mike Day alla chitarra ed i fratelli Ciaran ed Owen McCloskey a chitarra e batteria.
Nelle dieci tracce di Memorious i Vex sviluppano il loro stile ibrido che cambia tempi e si sposta da un genere all’altro in modo spesso repentino e vorticoso. Si passa da sfuriate black, death, perfino thrash, grezze, rabbiose, trascinate dal ruggito belluino di Joe e da blastbeat d’ordinanza più riff che sembrano rasoiate, a narrative prog metal condotte da melodie intricate ma che si tingono di candore epico, malinconia nordica o asprezza glaciale a causa dell’aggiunta di elementi folk celtici e viking, come già fatto in Thanatopsis. Nelle scorribande prog, comunque, si può sentire di tutto, anche intervalli acustici (che possono divenire anche una traccia a sé, ad esempio “Away From The Sun) e perfino voce pulita, tra l’altro notevole (in “Those Days Are Gone”).Viene quindi quasi automatico ricordarsi di band come Primordial, Enslaved, Taake, Vintersorg, Amorphis e anche, visto il timbro del growl di Joe Jackson, degli Amon Amarth e degli Edge of Sanity. C’è della gran tecnica dietro ai Vex, oltre alla capacità di comporre death metal potente e melodie non banali. Peccato però per la produzione di bassa qualità: potrà anche aggiungere asprezza “nordica” alle parti black-death, ma in realtà schiaccia i suoni (specialmente quello della batteria) e non valorizza appieno i momenti più tecnici e atmosferici.
Tracklist
01. Terra Soar
02. Carve My Eyes
03. Astride a Grave
04. No Such Thing
05. Spectral Nation
06. Away From the Sun
07. Wasteland (How Long Ago…)
08. Solace In Sleep
09. Those Days are Gone
10. A Drinking Song
email print