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La campagna di Sassoli
L'esito della campagna di Sassoli spiega molto delle attuali strategie di comunicazione dei candidati. “Sono stati due mesi per me particolarmente impegnativi, e anche di tensione. Nella mia nuova vita questa campagna elettorale era particolarmente importante. A un certo punto ci è piombata addosso la notizia che non sarebbe stato capolista. I dirigenti di partito quando accennavano a lui lo facevano con un che di delicato e pietoso. Ma David ha trasformato una criticità in una splendida opportunità e ha avuto la capacità e la forza di puntare sulle qualità che possiede. Perché Sassoli ha qualità notevolissime: colto, preparato, onesto, attento. Sarebbe stato un sindaco di Roma straordinario”. A parlare in questi termini è Giuseppe Musmarra, giornalista, ex direttore dell'agenzia di stampa Omniroma che da qualche tempo ha cambiato vita e, contando sull'esperienza accumulata nella conoscenza dei fenomeni politici, si è reinventato spin doctor. Musmarra scrive poesie sul tempo umile, ama la letteratura e la musica classica e per Natale è prevista l'uscita del suo primo romanzo: "Il mio è un lavoro molto americano, infatti di italiano non esiste nemmeno il nome o se esiste suona male. Mi piace perché stimola la creatività, l'inventiva. Mi diverte e cerco di farlo nel rispetto di tutti e con il massimo grado di precisione possibile". Specifichiamo: Musmarra si è occupato dell'organizzazione della parte innovativa della campagna di Sassoli, dello slogan, degli spot, dell'impostazione concettuale dei manifesti. E soprattutto ha coordinato un uso dei social considerato rivoluzionario. “Abbiamo lavorato sul problema essenziale: superare il diaframma emotivo tra Sassoli e gli elettori, problema che alle primarie a mio avviso aveva creato notevoli difficoltà nella percezione del candidato. Abbiamo scelto un emozionante rosso nei manifesti, lo stesso rosso che nel Pd nessuno usa più. Sassoli si è molto sciolto, ha suonato il pianoforte, ha illustrato non solo i suoi pregi ma anche i difetti, ha mostrato le sue fragilità, ha parlato della sua famiglia. La sua pagina Facebook si è così trasformata in una sorta di stadio virtuale dove ogni giorno parlava alla sua gente dicendo con grande correttezza solo la verità: in un mese è diventato così un'icona pop. Alcuni post, grazie allo strumento delle condivisioni, sono stati letti da mezzo milione di persone. Ha risposto personalmente a ogni messaggio, ha ringraziato ogni elettore. Su Twitter le sue battute sono finite nella top ten finale di Gazebo. Candidati di spicco e di qualità come Gasbarra e Bettini nelle previsioni della vigilia avrebbero dovuto superarlo agevolmente. Invece i loro voti, sommati, nemmeno arrivano al risultato di David. Il mio personale punto di vista, che esprimo rispettosamente, è che gli altri candidati abbiano avuto un problema di innovazione nella comunicazione. Alla fine hanno cercato di recuperarlo. Ma se è vero che tutto si inventa, purtroppo nulla si improvvisa".
Emozioni, dialogo, sogni, poesia
Gli usi e i costumi delle persone, così come i loro gusti, si trasformano nel tempo. E la capacità di un candidato deve consistere nella corretta individuazione di un mood di dialogo anche grazie all'utilizzo delle tecnologie. “Il tempo delle correnti e degli apparati - osserva Musmarra a tale proposito - resiste ancora nelle province, ma nelle grandi aree urbane sta finendo. Sulla spinta positiva di Renzi va definitivamente tramontando, direi per fortuna, un vecchio modo di fare politica e campagna elettorale. E non capirlo costituisce un madornale errore. Nel caso di Sassoli - prosegue -, siamo stati capaci, tutti e ognuno a proprio modo, di recuperare la sua popolarità di giornalista, quella che aveva nel 2009, altrimenti smarrita. Ma anche il suo volto umano. Gli elettori vogliono emozioni, dialogo, sogni: qualcosa che sia emotivamente coinvolgente. Poesia? Sì, anche poesia. Credo abbia vinto anche per questo. È stata una delle concause, oltre naturalmente a un solida capacità personale, a un robusto impianto tradizionale, alla collaudata professionalità di uno staff straordinario ed eccellente sotto ogni punto di vista, e ai tantissimi chilometri macinati sul territorio, città per città, paese per paese. E nessuno si azzardi a dire che Sassoli ha vinto per merito mio. Sassoli ha vinto per merito suo e del suo staff. Io ho contribuito a una sola cosa: a tirare fuori il Sassoli perfetto. Che in natura esisteva già, solo che lui non lo sapeva".
Lavorare con persone che si stimano
Facciamo un passo indietro, allora. Quella di Sassoli potremmo definirla una case history. Musmarra aveva cominciato da osservatore la sua nuova attività proprio un anno fa con Sassoli alle primarie. "Sono arrivato lì l'ultima settimana un po’ da osservatore, con la doverosa umiltà di chi si approccia a una cosa nuova. Ma dopo dieci minuti avevo già capito che David avrebbe perso e che Marino, come candidato, era molto capace e moderno. Quell’esperienza però mi è poi servita molto". Parla con Sveva Belviso, ex assessore a Roma nella giunta Alemanno, e insieme impostano la campagna (vincente) per le comunali del 2013. Prima degli eletti nel Pdl con 11.800 voti. Poi è la volta di Elena Artioli per la corsa al Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, l'unica eletta - lei civica e leghista - con una lista associata a Forza Italia. Musmarra chiarisce subito: “Ho due presupposti nella scelta dei candidati con cui lavorare: che rispettino il mio approccio di infedeltà politica. Sono del tutto indipendente dai partiti, non sono arruloabile, voglio lavorare per chi mi pare, a condizione che sia un politico di qualità e che stimo”. Musmarra vive in Alto Adige e spesso lavora da lì: "Potrei starmene anche a Tokyo, con gli strumenti di cui disponiamo oggi”. Anzi, sostiene, “a parte le fasi iniziali di impostazione, dove la mia presenza è importante perché si disegnano le scelte strategiche e si stabiliscono le cose da fare, per il resto preferisco stare lontano dal terreno dello scontro, lontano dai santini, dai bigliettini, dai fattorini, perché aiuta a mantenere la giusta dose di lucidità, che in questa attività reputo fondamentale. Posso scrivere da un maso o seduto su una panchina, o a casa. Posso controllare se a mio avviso si stanno facendo errori e il contatto telefonico è continuo. Posso chiedere quel che mi serve venga fatto, frasi, immagini, comportamenti. Posso litigare, se serve. Con David il rapporto è stato splendido. L’unico vero momento di attrito quando si è ritrovato, senza saperlo, lo slogan della campagna tradotto in dialetto romanesco come copertina Facebook. Ma la cosa aveva un senso, perché ha reso più vicina alla gente l’idea di un’Europa altrimenti fredda e respingente. L'unica cosa certa è che se un politico mi sceglie, sa subito che si mette in casa un rompicoglioni. Nel senso che non mi occupo di solleticare il loro autocompiacimento, ma di contestarlo e se occorre, a fin di bene, di demolirlo”. Musmarra spiega ancora: “Altra condizione essenziale è che il candidato abbia capacità proprie. E io considero Belviso l'unica speranza del centrodestra romano, una donna appassionata, di personalità, di straordinario carattere, unica per capacità di inventiva e di impegno. Artioli a Bolzano è riuscita con caparbietà e contro ogni pronostico a ridimensionare la Biancofiore”.
La débâcle del Movimento 5 StelleMusmarra ammette di non concepire “la figura così di moda del guru ideologo e fidelizzato a un movimento politico, come Casaleggio”. E una delle ragioni per cui i cinquestelle non hanno sfondato alle ultime elezioni, secondo Musmarra, sta nell'eccesso di rabbia: “Tra la rabbia e la speranza vince sempre la seconda, perché la rabbia spaventa e alla lunga non paga”.
Se non conosci i social network, risparmiati la fatica
Abbiamo ancora una domanda. Come descriverebbe Musmarra questa sua “nuova” vita? “Interessante. Non mi occupo - risponde - degli aspetti tradizionali delle campagne, anche perché mi annoiano. Mi occupo di creare consenso in maniera innovativa. E non decido tutto io: di mio non affiggerei mai un solo manifesto, non organizzerei mai una sola cena. Capisco che certe usanze restano perché esiste anche un settore di elettorato che magari preferisce quei linguaggi. Però trovo ormai del tutto anacronistico che le campagne siano solo tradizionali. Molti politici, nella comunicazione e nella concezione stessa della loro attività, sono rimasti all’età della pietra e si accorgono degli elettori solo quando ne hanno bisogno. Se non sapete come funziona un social network, ecco scegliete altro. In fondo un vero politico ha un solo grande segreto: lavorare e sentirsi e comportarsi sempre, ogni giorno, come se fosse in campagna elettorale. Perché poi all'improsvviso la campagna arriva, e generalmente non perdona”.
(anche su T-Mag)
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