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Viaggio in Borgogna: nel cuore del Maconnais

Creato il 19 settembre 2014 da Patrickc

Campagne, boschi, castelli e ottimo vino… prima parte di uno splendido itinerario in Francia. 

Ci sono colline ondulate ricoperte di vigne e foreste, interrotte qua e là da rupi che emergono improvvisamente. E poi, nascosti in questo mare che contiene tutte le sfumature del verde, punteggiato di mucche al pascolo, spuntano castelli, piccoli borghi e casolari isolati. A chi ama il vino la Borgogna evoca bottiglie antiche e costose, cantine secolari e una vaga aura di inaccessibilità. Forse è così, arriveremo anche nelle zone dove vengono prodotti alcuni dei vini più famosi del mondo, ma per ora siamo appena all’inizio del viaggio. Siamo arrivati stamattina da Lione, che dista circa un’ora e osserviamo il panorama da un belvedere di Charnay-les-Macon, nella zona che secondo i manuali da sommelier sarebbe meno ‘nobile’ della Borgogna, ma che mi è già entrata nel cuore. Non è merito solo dei suoi ottimi vini bianchi – come il Pouilly-Fuissé – e dei crémant (l’equivalente dello champagne) dal prezzo onesto, anche se sarebbe già un ottimo motivo: del resto abbiamo trovato questo punto spettacolare proprio mentre andavamo a visitare una cantina, quella tutta al femminile del Domaine Nadine Ferrand. Qui c’è di più, nel Mâconnais, è il panorama che seduce e invita a rallentare, fermarsi, perdersi nelle strade che si infilano fra le dolci alture.

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Vigne a perdita d’occhio (foto di Patrick Colgan, 2014)

Abbiamo preso una chambre d’hote in una vecchia casa rurale splendidamente ristrutturata ad Azé, un paesino che ha due meriti principali, fra i quali non metto le grotte per cui è famoso e che non siamo riusciti a visitare: ospita una buona cantina vinicola dove si possono fare degustaizoni e acquisti (la Cave d’Azé) e, in secondo luogo, perché è quasi esattamente al centro di una porzione di campagna di bellezza incomparabile.

Ecco, prova a tracciare un triangolo di circa 35 chilometri per lato fra le cittadine di Mâcon, Tournus e Cluny e avrai trovato questo spicchio di terra magico in cui sembra di tornare indietro di secoli e pure il flusso del tempo sembra frenare bruscamente. Credevo che una Francia così fosse solo una finzione da film americano. E invece no. Il sogno si spezza solo quando entri nelle città, ed è un brusco risveglio, ma inevitabile: in quel triangolo verde, per dire, non c’è nemmeno un distributore di benzina.

Ecco tre cose da fare (ma ce ne sarebbero molte di più) in questo angolo del sud della Borgogna.

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1) Vedere i castelli del Mâconnais

Il castello di Brancion  (foto di Patrick Colgan, 2014)

Il castello di Brancion (foto di Patrick Colgan, 2014)

Il villaggio di Brancion (foto di Patrick Colgan, 2014 - clicca per ingrandire il panorama!)

Il villaggio di Brancion (foto di Patrick Colgan, 2014 – clicca per ingrandire il panorama!)

E’ difficile rispettare gli itinerari, qui. Perché dietro ogni curva spuntano abbazie, castelli, chiese, borghi e poi cantine e ristoranti sorprendenti in mezzo al nulla (come la Table de Chapaize, per dire). Tutte cose che nella sintetica guida che utilizziamo (la Michelin) spesso nemmeno ci sono, ma che ci invitano a fermarci. Troviamo chiuso lo chateau di Pierreclos circondato da vigne, che dal primo settembre applica l’orario autunnale e apre solo al pomeriggio. Non è un problema perché ripieghiamo sul castello di Brancion, una fortezza medievale che domina dall’alto un borgo e un panorama di boschi che probabilmente non sono cambiati molto negli ultimi sei secoli.

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Tetto originale del XVII secolo splendidamente conservato nella camera della marchesa
(clicca per ingrandire! foto di Patrick Colgan, 2014)

Il castello di Cormatin (foto di Patrick Colgan, 2014)

Il castello di Cormatin (foto di Patrick Colgan, 2014)

Il castello di Cormatin (foto di Patrick Colgan, 2014)

Il castello di Cormatin (foto di Patrick Colgan, 2014)

La vera sorpresa è però il castello di Cormatin. È uno chateau rinascimentale di proprietà privata. Si tratta di un tipo di edificio che in genere amo meno, senza contare che il biglietto è costoso (9,50 euro). Ma la visita è densa di scoperte, grazie soprattutto a un eccellente guida (inclusa nel prezzo). Questo signore poliglotta e ironico che ci accompagna ci mostra decorazioni, dipinti, affreschi e soffitti che si sono conservati perfettamente e hanno scampato le distruzioni seguite alla Rivoluzione; molti particolari sono unici nel loro genere in Francia, come un incredibile soffitto in legno rimasto intatto. La guida risponde a ogni domanda e svela i segreti dei vari quadri contenuti nelle sale del castello. Ogni tanto ci si ferma e dalle ampie finestre ci si perde con lo sguardo nello sconfinato giardino, nel fossato, nei fiori, negli alberi e nel labirinto di siepi. Alla fine della visita, incuriositi, chiediamo alla nostra guida chi è il proprietario. “C’est moi!”, risponde con un sorriso lasciandoci a bocca aperta e sparendo dietro una porta.

2) Salire sulla Roche de Solutré

Roche de Solutré (foto di Patrick Colgan, 2014)

Roche de Solutré (foto di Patrick Colgan, 2014)

Questo dente di pietra emerso dalle profondità della terra spicca fra le colline ricoperte di viti. Ti dà l’idea di poter sbirciare in questo prezioso terroir che produce vini bianchi – chardonnay – minerali e pieni di carattere, anche se la verità è che questa roccia è emersa proprio perché è diversa da tutto ciò che la circonda. La sua forma fa volare l’immaginazione. Qui nell’800 vennero trovati numerosi reperti preistorici, fra i quali moltissime ossa di cavalli. Per questo si ritenne che fosse un territorio di caccia e ci fu chi si spinse a ipotizzare che gli animali venissero inseguiti e fatti precipitare dalla rupe. L’idea è stata smentita da tutte le ricerche (fra l’altro le ossa dei cavalli non presentavano fratture), ma contribuì a rendere famoso questo posto al quale nell’Ottocento Adrien Arcelin dedicò anche un romanzo ambientato nella preistoria, Solutré. Oggi qui si può visitare l’interessante museo preistorico e salire il facile sentiero di poco più di un chilometro (quaranta minuti, è in salita) che si arrampica fino in cima alla roccia. Il luogo era molto amato da François Mitterand che qui veniva ogni anno, nel giorno di Pentecoste.

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Illustrazione di L. Figuier, 1876 (da Wikipedia)

La Roche de Solutré (foto di Patrick Colgan, 2014)

La Roche de Solutré (foto di Patrick Colgan, 2014)

3) Visitare Macon e l’Abbazia di Cluny che… non c’è

Quando si arriva nelle città si spezza la magia della campagna senza tempo. E non sempre ne vale la pena. Su Tournus, che ha una bella chiesa, abbiamo trovato un’opprimente cappa di tristezza. Negozi e ristoranti chiusi, serrande abbassate, cartelli ‘vendesi’ e pochissime persone in giro. Mâcon è invece una cittadina gradevole, che gravita intorno alla place aux herbes dove non passa inosservata la maison de bois, un’incredibile casa in legno della fine del XV secolo. Poi c’è poco altro. L’ospedale – l’hotel dieu – ospita un’antica farmacia, aperta però, solo nel primo pomeriggio. All’interno sarebbe anche un’interessante cappella affrescata, ma non è visitabile. Insomma, l’accoglienza turistica potrebbe essere un po’ migliore.

Maison de bois, Macon. Al piano terra c'è un bar

Maison de bois, Macon. Al piano terra c’è un bar (foto di Patrick Colgan, 2014)

L'Hotel Dieu di Macon (foto di Patrick Colgan, 2014)

L’Hotel Dieu di Macon (foto di Patrick Colgan, 2014)

E poi c’è Cluny. Tutto qui parla della famosa Abbazia dalla quale originò l’ordine cluniacense, per secoli fu per secoli uno dei centri spirituali (ed economici) più importanti d’Europa. Eppure l’Abbazia non c’è più. Dopo la rivoluzione francese venne infatti statalizzata e venduta a un privato che ne fece una cava di pietra a inizio Ottocento. L’operazione ebbe successo – nonostante le sporadiche, isolate proteste – e della grande chiesa non è così rimasto praticamente nulla. Resta un grande vuoto. Ma a volte i posti che non ci sono più esercitano su di me una presa e un fascino molto maggiore dei luoghi perfettamente conservati o di quelli esageratamente restaurati o ricostruiti. Danno il senso della presenza della storia, dell’effetto dei secoli, che qui si sente in modo potente, se si fa lavorare l’immaginazione.

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Quel che resta dell’antica, enorme, chiesa di Cluny. Alcuni mozziconi di colonne, pezzi di edifici inglobati in altri (foto di Patrick Colgan, 2014)

E dove non arriva l’immaginazione arriva la tecnologia: dentro la ‘nuova’ abbazia viene proiettato un video in 3d che porta dentro l’antica chiesa. E’ molto efficace, ecredo che i greci – che hanno perso in modo simile gran parte del loro patrimonio – potrebbero trarne ispirazione. Concludo con una piccola nota: i ‘biglietti’ per l’abbazia non sono sempre un affare. Nel senso che l’abbazia antica è tutt’uno con la città e quel che resta si visita gratuitamente. I diversi biglietti servono per il video, lo scarno museo (che suggerirei di vedere dopo il video o di saltare) e per salire sulla Tour des fromages. Ma sono acquistabili separatamente. Tutta la visita dura almeno due ore e mezza.

Link collegati

Tutte le informazioni enoiche di base e le indicazioni su come visitare le cantine, degustare e acquistare vino. – Sorsi di Borgogna, istruzioni per l’uso (da Persorsi)


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