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“Viaggio sentimentale in Liguria”, di Giuseppe Conte

Creato il 09 marzo 2011 da Fabry2010

Recensione di Marino Magliani

“Viaggio sentimentale in Liguria”, di Giuseppe Conte

Alla fine del secolo scorso a Giuseppe Conte è stato chiesto di raccontare la Liguria. Il lavoro gli è stato commissionato dal Secolo XIX, i testi del reportage sono apparsi tra l’aprile del 1998 e il 6 agosto del 2001 sulle pagine nazionali.

Senza questa premessa si potrebbe affermare che il libro Viaggio sentimentale in Liguria (ed. Philobiblon 2011, euro 13) sia un progetto letterario che cerchi di costruire la mappatura di una Liguria straordinariamente non olearia, o non ulivaria, ma preferisco il primo. Anche i romanzi liguri che più mi sono piaciuti negli ultimi tempi sono storie di una Liguria non olearia. Parlo de La Ballata della piccola piazza di Elio Lanteri, dove gli ulivi sono quasi del tutto assenti, e di Battitore libero di Riccardo Giordano, straordinario affresco sul colore e il profumo della lavanda che cresce (vi cresceva di più anni fa) nelle terrazze sopra Pietrabruna, in uscita per Philobiblon. Questa è una cosa strana: ossia è strano che un narratore che racconta quasi esclusivamente la Liguria (solo nell’ultimo mio libro sono riuscito a fare un’operazione di disintossicazione, e Lei vi appare a piccole dosi), e quasi esclusivamente la sua fascia ‘ulivata’, smontandola e scuoiandola e lasciandola essiccare e poi odorandola, e studiandone da vicino e lontano ombre e luci, penetrando i suoi rovi per rivederla e scoprirla, perché l’aveva dimenticata, e toccandone le rocce sfarinanti per sentirne il tepore e la ruvidità, e camminandoci per provarne la franante friabilità di mulattiere umide di rugiada; un narratore a cui non interessa altro che questo, e anche quando tra un costone e l’altro individua un colore che assomiglia a quello del mare, ma non crede sia un mare, perché dai suoi posti, lo sa, un mare non si vede, e se si vedesse sarebbe pericoloso guardarlo, può un narratore ossessionato da queste cose di colpo farsi incantare dalle altre vie? Pare di sì. Mi è successo il mese scorso, che sono tornato in Liguria, e dopo le scogliere sui campi alti, e le cespugliose rive di lavanda e i boschi popolati dai cinghiali, dei due narratori, mi sono inoltrato volentieri tra i sassi rotondi e la sabbia delle spiagge che ci racconta Giuseppe Conte, quelle d’inverno, che sono mondane e nello stesso tempo segrete e intime, e poi su per le piazze e di nuovo per i moli di Sanremo, e le strade di Nizza, di Montecarlo (dire che le ultime due non sono Liguria sarebbe come dire che un’isola non è mare) e Ventimiglia, città senza frontiera che ha smesso ferraglie e filtri, e Imperia, decadente rovinata e bellissima, e Genova (“sali lì che vedi Genova”, mi dicevano i vecchi del carruggio) e il Golfo di Rapallo, che sembra davvero rapire, e Spotorno e Lerici, Sarzana, Alassio che dimenticavo. Forse è perché ho veramente capito che anche tutto questo, la costa, con la sua mondanità, la sfacciataggine di posti e di tempi come il Sanremo del Festival, e le acque, anse algose, moli e fortezze del passato, contengono e mi parlano di una luce, quella dell’entroterra, più di quanto non sospettassi. Forse è davvero quel “sali lì che vedi Genova”, questa nuova Liguria, che sento! Si varcano frontiere, nella vita e in letteratura. La frontiera che Calvino ha tracciato in La strada di San Giovanni e che ci consegna la separazione tra la terra severa della campagna e quella ridanciana della spuma di spiaggia, Conte l’ha trovata laggiù, esattamente tra i posti chic e quelli del quotidiano. Mi pare di vederlo, nel suo reportage, soffermarsi a pensare che a D.H. Lawrence sarebbe piaciuta la strada che gli hanno dedicato a Spotorno, “stretta, scavata nella roccia, con cactus, vecchie palme, nasturzi che scoppiano improvvisamente dalla pietra”, e guardare tornando ai suoi miti, ai suoi amori letterari, all’amicizia, grande, con Mario Soldati. E poi emozionarsi davanti alla casetta tutta giallina e tegole rosse, una scatoletta “come la disegnerebbe un bambino delle elementari”, dove abitò Camillo Sbarbaro. E poi di nuovo D.H. Lawrence a Fiascherino e la Tellaro di Montale, con il giardino della villa da cui ci si poteva tuffare direttamente tra le onde. Liguria sentimentale è la biografia di una regione, ora nostalgica, ora divertente, ora severa.
“A pochi passi…” dalla sfacciataggine si trovano (ci dice l’intelligente introduzione di Domenico Astengo) “silenzio, quiete e solitudine”. Ecco la frontiera di Giuseppe Conte. Anche nel tempo, Liguria di un passato molto prossimo (come non leggere attraverso le sue pagine l’avvertimento del Poeta), inizio di quel Far West che ha ‘portificato’ le coste. Una frontiera che non esiste più, perché ci sono frontiere che si passano solo una volta.

Il volume è impreziosito da Mare in tempesta, acquaforte di Marco Cassini; Mare di Bordighera di Sergio “Ciacio” Biancheri; Cattedrale di Ventimiglia, acquaforte, di Enzo Maiolino; Case di Cervo, acquaforte e acquatinta, di Bernardo Asplanato; Ulivi sul golfo, acquaforte, Emanuele Rambaldi; Nel porto di Genova, Stefano Biandrati, acquatinta; Punta Mesco, Andrea Musso, puntasecca; Riomaggiore, Stefano Biandrati, acquaforte – acquatinta.

In copertina: Riviera, Paola Ginepri, acquaforte. La postfazione è di Alessandro Cassinis.



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