No, questo è troppo. Anche per chi lo considera il principale responsabile del rimbecillimento televisivo di alcune generazioni di italiani, il trattamento che il vecchio attore a fine carriera Silvio Berlusconi sta riservando a se stesso è quasi straziante. Dopo aver incolpato Crozza per la sconfitta ai referendum, ieri ha telefonato a un convegno di italoamericani in Calabria presieduto dal fido onorevole Nucara. «Pronto?». La sua voce tristemente allegra ha echeggiato nella sala sgombra. Se n’erano già andati via tutti. Rimaneva solo un drappello di tecnici addetti allo smontaggio, che lo hanno sentito predicare il suo verbo berluscottimista in un deserto di sedie vuote, fili penzolanti e luci ormai spente. Richiamati precipitosamente dal buffet, il Nucara e un riccone italoamericano sono andati al telefono per ringraziare il vecchio attore e illuderlo che dietro di loro ci fosse un pubblico adorante in ascolto. Lui di rimando ha salutato le sedie ricoperte di panno bianco: «Viva gli Stati Uniti d’America, viva la Calabria, viva l’Italia!» e mentre un tecnico sghignazzava con scarso ritegno, io davanti alla tv ho sentito una stretta al cuore.
Per scongiurare la malinconia che mi procurano le uscite di scena ritardate (ricordo Maradona in campo col panzone) ho aperto l’Antologia di Spoon River in cerca dei versi giusti. «Andatevene dalla stanza se perdete, andatevene quando il vostro tempo è finito. E’ vile sedersi e brancicare le carte, e maledire le perdite con occhi cerchiati, piagnucolando per tentare ancora».
MASSIMO GRAMELLINI