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Vicolo del precipizio, Remo Bassini

Creato il 16 novembre 2012 da Serenagobbo @SerenaGobbo

Vicolo del precipizio, Remo Bassini
Ecco: la dimostrazione concreta dell’assunto secondo cui un romanzo deve contenere al suo interno sia verità che non-verità.
Interessante la costruzione, che si sviluppa su due piani:
- In prima persona, Tiziano, ghostwriter, scrive un libro di memorie: la sua gioventù a Cortona, la parlata toscana, i contadini analfabeti che raccontano storie, l’esperienza della prima pubblicazione, i tarli…
- In terza persona, osserviamo Tiziano dall’esterno, al presente: lui che che scrive sul terrazzino, la vicina che lo spia col binocolo, la gatta Giada…
I due piani sono una storia unica: mentre leggi le pagine del manoscritto di Tiziano, non vei l’ora di arrivare a leggere come le scrive, e viceversa. Mi è piaciuta molto questa tecnica, e anche lo stile, diverso da “Bastardo posto”, più solare, quasi, nonostante gli argomenti non sempre lo siano.
Sì, è vero che ci sono anche parti in cui Bassini si “scaglia” (che brutto verbo, magari dopo lo cambio) sul sistema editoriale, come qui:

“Una scrittrice che è pure carina ha più possibilità di una grassa e punto bella; uno scrittore giovane e brillante ha più possibilità di un cinquantenne timido, che magari soffre di attacchi di panico e mai e poi mai andrebbe in tivù; un giornalista ha più possibilità d’essere pubblicato rispetto a un elettricista, un pescivendolo. E vai col liscio, fino ai ragionamenti sulla copertina e su un titolo che, se sono azzeccati, possono fare la fortuna di libri insipidi, addirittura scadenti”.

Ma non prenderei queste parti come perno attorno cui gira la storia, sarebbe limitativo. Qui la storia funziona perchè funzionano i personaggi e i loro luoghi. Perché i “veleni” e i “tarli” possono essere quelli di tutti noi.

Effetti collaterali del libro: dopo averlo letto, per un paio di giorni si parla con la C aspirata e si dice ‘un te fa implora’…



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