L’iniziativa UDC contro l’immigrazione di massa non va confusa con il legittimo No agli accordi bilaterali e all’estensione della libera circolazione. Il Partito Comunista ha una impostazione critica all’odierna libera circolazione poiché, in realtà, essa non favorisce la libertà di movimento degli esseri umani ma solo la libertà di circolazione dei capitali e la libertà di sfruttamento della manodopera da parte del padronato locale. Tutto ciò non c’entra però assolutamente niente con l’ennesima iniziativa xenofoba avanzata dall’UDC e che andremo a votare prossimamente. L’iniziativa UDC è, infatti, contro l’immigrazione in sé e dunque contro tutti i lavoratori e contro i rifugiati che scappano da situazioni di guerra o di instabilità (spesso causate anche dalla complicità dei nostri governi occidentali).
Ricordo che una delle mie prime battaglie politiche fu contro un’iniziativa xenofoba nel 2001: essa chiedeva di inserire nella Costituzione federale il limite massimo del 18% di stranieri presenti sul territorio svizzero. Se fosse passata avremmo avuto seri problemi dal lato economico, ma anche eticamente non sarebbe stata accettabile. Rileggendo, a oltre dieci anni di distanza, le argomentazioni di quell’iniziativa e paragonandole con le motivazioni della proposta odierna, mi rendo conto di come l’UDC ci ripresenti la solita minestra riscaldata. Questa volta però sostenuta anche dai Verdi ticinesi e da alcuni esponenti PS che fino a ieri erano europeisti sfegatati corresponsabili di questo scempio e che oggi pensano di risolvere qualcosa riscoprendo un nazionalismo anti-straniero e facendo di tutta l’erba un fascio. Questo modo di fare politica irresponsabile non rilancerà l’economia e l’occupazione, ma creerà solo una ulteriore guerra fra poveri, con certi ecologisti e certi socialisti che pensano così di aver dato una spallata al neo-liberismo. Illusioni!
L’iniziativa contro l’immigrazione di massa che voteremo in febbraio si propone infatti di attuare una limitazione fissa al numero di immigrati. Tali tetti massimi mettono in un’unico calderone, ad esempio, i lavoratori immigrati con i rifugiati politici: in pratica, se ne abbiamo “troppi” dei primi (che spesso, peraltro, svolgono professioni abbandonate dagli svizzeri e assumono quindi un ruolo fondamentale per l’economia nazionale), dovremmo rifiutare di concedere asilo a chi scappa da situazioni di crisi umanitaria. Il Partito Comunista e altre associazioni hanno da poco ricordato il 40° del golpe fascista in Cile e i tetti limite imposti inizialmente da Berna per ostacolare chi scappava dalla dittatura di Pinochet: una situazione inaccettabile che se l’iniziativa UDC fosse accolta verrebbe invece legittimata.
Il testo dell’UDC propone inoltre che il diritto al ricongiungimento famigliare possa essere limitato, una misura palesemente disumana: nelle ultime settimane si è parlato lungamente del giovane 17enne del Kosovo Arlind Lokaj, a cui è stata intimata l’espulsione dalla Svizzera dividendolo dalla madre. Questa storia ci dovrebbe far tutti riflettere prima di votare un ulteriore irrigidimento della legge.
Oltre a ciò il numero di operai immigrati deve essere stabilito in base “agli interessi globali dell’economia svizzera” (cioè in base agli interessi di classe del padronato), il che peraltro è in contraddizione con la priorità che l’UDC vorrebbe dare ai cittadini svizzeri… gli imprenditori hanno più volte dimostrato di preferire i frontalieri per poterli sottopagare generando dumping. Questa richiesta non rispetta la dignità dei lavoratori e delle loro famiglie, particolarmente sotto ricatto e privi di reale protezione sindacale.
Mai quanto oggi, insomma, vale la famosa frase di Max Frisch: “abbiamo chiesto braccia, sono arrivati uomini”, il cui senso possiamo declinare concretamente rifiutando l’iniziativa xenofoba “contro l’immigrazione di massa” in votazione il prossimo 9 febbraio.
(questo articolo è stato pubblicato su LaRegione Ticino in data 11 gennaio 2014)