Il pensare ai tempi delle superiori mi fa venire in mente tre cose: la musica metal, le saghe fantasy e la mitologia norrena. E le ultime due devo ammettere che si concatenano perfettamente con la prima. Basti pensare ai Blind Guardian che hanno fatto le tolkeniane Lord of the Rings e Mordred's song, oppure gli Spellblast con Eyes of the Void, ispirata alla saga de La Torre Nera di Stephen King. Per quanto riguarda le canzoni di stampo mitologico, le mie preferite erano Valhalla awaits me degli Amon Amarth, Sons of Odin e Sword in the wind dei Manowar, senza contare la suggestiva Valkyrja dei Tyr. Posso quindi dire che le storie su Thor figlio di Odino, degli Uomini delle Orcadi, di berserker, Volsunghi, Hervor l'arcere e via dicendo, mi hanno accompagnato nei bui anni dell'adolescenza. L'approcciarmi a una serie come Vikings era automatico, anche perché le storie di epoca medievaleggiante mi hanno sempre attizzato parecchio, sia visivamente che concettualmente, senza contare che il ritornare su una vecchia passione (legata, per certi versi suo malgrado, alla narrativa fantasy) scatena sempre una nostalgia pari a quando si ascoltano le sigle dei vecchi cartoni che si guardavano da piccoli - paragone un po' misero, ma cercate di capirmi.
Ragnar Lothbrok è un giovane vichingo affamato di conoscenza e ambizione. Disobbedendo agli ordini del suo capo, partirà da solo verso le terre dell'ovest, con un nuovo tipo di barca e di metodologia di navigazione. Ma questo suo gesto è destinato a sconvolgere l'equilibrio naturale e sociale delle cose...
Possiamo ben dire che questa, ormai, è l'era delle serie-tv. Sono ben lontani i tempi in cui Lost esordì sul piccolo schermo, dimostrando che una televisione diversa era ben possibile e iniziando così una delle rivoluzioni culturali più accessibili del nostro tempo. Da lì in poi il concetto di serie televisiva si è evoluto in una maniera inimmaginabile, tanto che oggi possiamo vantare prodotti destinati al piccolo schermo che per qualità e coraggio superano di gran lunga i fratelli maggiori su quello che una volta era il grande telo dei sogni - ma, ironia della sorte, quasi nessuno segue le serie-tv al momento della programmazione del palinsesto, farei notare, tutto avviene in streaming. Ovvio quindi che il canale di Histoty Channel (esatto, proprio quello), abbia pensato di seguire questa nuova serial-mania per piazzare la sua offerta. Ovviamente a tema storico, ovviamente sotto forma di telefilm. E chi pensa a una trashata fatta da gente incompetente che si getta quasi a casaccio su un media che non è di loro competenza, dovrà ricredersi, perché questo Vikings è un prodotto davvero poco ignorabile e che sa farsi davvero valere nonostante delle palesi ingenuità che, pur non intaccando l'elevata qualità finale, non possono comunque essere omesse. Tutto questo per narrare le gesta di Ragnar Lothbrok [il cui cognome significa calzoni villosi, chiamato anche Ragnar Sigurdsson], personaggio la cui veridicità storica è ancor'oggi fonte di discussione fra gli esperti del settore ma al quale era già stato dedicato il film del 1958 I vichinghi, con Ernest Borgnine, Tony Curtis e Kirk Douglas. Il compito di scrivere gli episodi è quindi stato dato a Michael Hirst, già sceneggiatore dei due film sulla regina Elisabetta interpretata da Cate Blanchett e creatore della serie I Tudors, che qui si cimenta ancora una volta nelle epoche storiche che tanto ama, facendo un lavoro dettagliato e di grande ricerca. Infatti non si può negare che usi e costumi delle genti norrene siano state ricreate alle perfezione, con tanto di usanze delle quali non era a conoscenza ma che sanno proiettarti in maniera immediata e semplice in quell'epoca di sangue, miti e onori. Peccato però che se su certe cose sono sì davvero aggiornati, su altre hanno delle palesi ingenuità, oltre che degli escamotage narrativi abbastanza improvvisati che possono far storcere il naso allo spettatore più cacacazzo - come il sottoscritto. Inoltre alcuni punti necessitano degli immancabili spiegoni, perché ovviamente non tutti possono avere i rudimenti basilari su una mitologia così particolare, ma non si spiega come mai certe parti vengano del tutto omesse dell'apposita 'traduzione', come all'inizio, che non può essere ben chiaro per tutti, insieme ad alcune parti - soprattutto nel finale - che vengono messe lì in maniera quasi improvvisa, lasciando un certo scompenso nella narrazione. Per il resto, invece, i nove episodi di questa prima stagione scorrono senza problemi, la narrazione è solida e a differenza della seria ambientata nei Sette Regni al termine di ogni puntata si ha l'impresisone di aver assistito allo svolgersi di un qualcosa di effettivo, che una volta giunti i titoli di coda fa tirare le somme e iniziare l'episodio dopo con un'aspettativa di qualità piuttosto alta. La regia non fa gridare al miracolo, ma i vari tecnici svolgono il loro lavoro con controllo e pacatezza, dando un ritmo sempre sostenuto, favorito poi da una fotografia davvero bella che rischia di offuscare tutto il resto, ma non gli attori, tutti bravissimi, in grado di recitare dei personaggi davvero ben scritti e credibili nella loro evoluzione narrativa.
Forse basta fare un salto su Wikipedia per sapere come le avventure procederanno, ma questo vuol dire anche perdersi lo svolgimento di una serie che sembra promettere molto bene.Voto: ★★★ ½