Matteo Renzi
La musica di De Gregori si porta via anche queste primarie. Renzi ha vinto, anzi ha stravinto. Il sindaco di Firenze si è confermato in ogni gazebo, città, regione. Renzi ha meritato la vittoria sui se e sui ma. Adesso il nuovo segretario, quello con la “c” toscana e la bocca dritta di Rocky dopo l'incontro con Ivan Drago, potrà dare corso alla sua politica. Il resto è solo un nugolo di chiacchiere portate via dal vento. La canzone di De Gregori scorre. Quale? Fate un po voi. Io per l'occasione ho messo su “La Storia siamo Noi”.
Cuperlo, Renzi, Civati
Renzi è il vincitore, la sua immagine va in avanti nel tempo anche se parte da lontano, lontanissimo. Il segretario ha fatto, anche subendola, una lunghissima campagna elettorale, che non si conta nei mesi di quest'ultima corsa contro Cuperlo e Civati, tutt'altro. La corsa di Renzi, ovvero di quello che egli rappresenta, volente o nolente di ciò, parte nel 1994. Il giorno non è proprio tra i più infelici per la sinistra italiana. Una giacca verde, quella di Achille Occhetto (almeno questo è il motivo per gli storici della televisione), ci consegna la vittoria di un pimpante Silvio Berlusconi contro lo stanco apparato della sinistra "all'italiana".
Berlusconi contro Occhetto (1194)
Occhetto perde le elezioni del 1994, si infrange con lui la gioiosa macchina da guerra e l'abitudine a fare politica con le formulette retoriche e con la decenza. Renzi, Matteo Renzi, nel 1994 è solo un ragazzotto quasi ventenne, che non è erroneo definire uno di quelli che pensa alla ruota della fortuna di Mike Bongiorno. Il destino però ha già scelto per lui. Da quella sconfitta, la prima di una lunga serie, indimenticabili a tal proposito le performance di Rutelli e Veltroni, come i tentativi di suicidio collettivo orchestrati da D'Alema, la sinistra, quella da bar e di popolo ha sempre agognato il Berlusconi dalla loro parte.
Nel giochino delle semplificazioni, nel bipolarismo politico, l'uomo troppo onesto per votare da altre parti, e troppo tifoso per perdere sempre, ha sognato uno che avesse la facoltà di vincere piuttosto che di convincere, un Berlusconi di sinistra appunto, con tutta l'assurdità che quest'affermazione porta con se. Ora, sebbene sia ingeneroso dire che Renzi è solo un Berlusconi rosso, è onesto ribadire quello che la gente, parecchia, che lo ha votato, gli chiede di essere. Il popolo delle primarie cerca un leader che gli fornisca le battute per potere dileggiare i grillini al bar la mattina, vuole essere condotta contro chi alla fine di tutto ha un soggetto in cui riconoscersi. Al di là dei programmi ha contato l'idea del nuovo a tutti i costi. Renzi naturalmente è anche altro, è la storia che sfida se stessa. Renzi è l'uomo che capisce cosa non dire alle telecamere di Sky che fanno il pienone di spettatori, salvo poi chiarire le proprie idee liberali nell'intervista di qualche giorno dopo a Repubblica (con un impatto sicuramente meno lacerante).
Renzi è il rottamatore che però rottamerà solo D'Alema (ben gli sta) e la Bindi. In compenso ha già fatto salire a bordo, inutile dire il contrario, gente di Veltroni (Fioroni e Gentiloni tanto per fare qualche nome), lo stesso ex sindaco di Roma ma anche soggetti come La Torre, che non si è mai offeso nell'essere stato definito D'Alemiano. Il sindaco di Firenze è un soggetto così, talento enorme nel comunicare, nell'essere capito, anche quando dice pochino, frutto forse della particolare cadenza. Il sindaco ha una storia di centro e di certo non si irrita quando l'accostamento naturale cade su Tony Blair più che su Berlinguer. Peccato verrebbe da dire che il Pd, che era stato concepito per essere il Partito Comunista più gli altri, si trova invece con tutte le posizioni apicali presiedute da ex democristiani mai pentitisi. La canzone presto finisce, la voce e le note di De Gregori già non ci sono più, ed allora si deve concludere. Tutto si ferma in un attimo di questa seconda Repubblica. Il viso di Prodi? I Baffi di D'Alema? La mirabile nomina del Professor Filippo Taddei nella segreteria del sindaco Fiorentino? No. Per me questa corsa durata diciannove anni, tra geni, talenti e frasi sterili come: “Con Renzi si vince” si ferma e mi fa interrogare su un post della brava Elena Tagliani che argutamente scrive:<<Se per vincere si deve perdere se stessi, che vittoria è?>>
Ivano AsaroIvano Asaro