Vincenzo Alfieri

Abbiamo intervistato per voi un giovane e promettente attore e regista: Vincenzo Alfieri. Ecco cosa abbiamo scoperto.

Vincenzo raccontaci come hai iniziato la tua avventura artistica?
Molto presto senza dubbio, intorno ai tredici anni, poi a 16 sono venuto a vivere a Roma dove ho iniziato a studiare, seguendo svariati corsi di recitazione. Non mi sono bastati e allora ho deciso di perfezionarmi anche negli Stati Uniti.

Pensi ci sia una differenza tra i metodi nostrani e quelli oltreoceano?
Indubbiamente in Italia c’è una base molto più teatrale, che spesso provoca un sensazione di finzione maggiore. In America la recitazione è molto più spontanea, anche se lì tendono ad inquadrarti subito in una tipologia. Qui, invece, provano a scoprire tutte le tue potenzialità.

Che ricordo hai della tua prima volta su di un set?
Avevo diciotto anni ed è stata una emozione indescrivibile, anche perché il mio primo lavoro era Il cuore altrove, diretto da un maestro come Pupi Avati.

C’è un regista italiano con il quale ti piacerebbe lavorare?
Senza dubbio con Ivan Silvestrini, il regista di Come non detto. Il motivo è semplice: lui è molto giovane ma allo stesso tempo sa padroneggiare con esperienza tutti i possibili tecnicismi della macchina cinema ed, inoltre, è anche molto partecipe al lavoro con gli attori. Li guida, li sostiene, li ama molto.

Un regista straniero, invece?
Sono molto attento al lavoro di David Fincher e di Guy Ritchie. Li trovo geniali e sempre un passo in avanti rispetto agli altri.

Un attore che prenderesti a modello?
Senza dubbio Christian Bale. Adoro il suo modo di recitare e poi la drammaticità dei ruoli che interpreta.

Attori italiani invece?
Ho appena terminato un lavoro con Gianmarco Tognazzi che ritengo bravissimo e poi mi piacerebbe tornare a lavorare con Alessio Boni, con cui girai tempo fa Caravaggio.

Nel tuo curriculum ci sono anche delle web series. Molti critici ritengono questa forma espressiva una sorta di naturale conseguenza alla crisi imperante nel cinema e nella tv. Che puoi dirci a riguardo?
Io non credo che la tv e il cinema italiano stiano attraversando un periodo di crisi, anche sotto un profilo creativo. La web serie è, senza dubbio una nuova forma di espressione artistica e culturale che sfrutta un canale vasto e molteplice come internet. È naturale che per la sua portata, oggi come oggi, la produzione si sia spostata su questo tipo di mezzo di comunicazione. Prima se attori e registi volevano farsi vedere mettevano su uno spettacolo teatrale, oggi preparano una web serie.

Sei attore e regista di una web series che stai finendo di girare, E oggi sono io. Ci puoi parlare di questa esperienza?
Semplice. Avevo una idea che mi stava particolarmente a cuore e, quindi, dopo i vari tentennamenti delle case di produzione ho deciso di fare da me. Con una socia ho aperto una produzione mia e ho iniziato tutta la preparazione classica di un lavoro del genere: casting per attori, valutazione delle maestranze tecniche ecc. Senza dubbio non è un lavoro semplice ma è soddisfacente, poi io sono un perfezionista e quindi per me non c’è terreno migliore per potermi testare.

Cosa vorresti fare in seguito, continuare con la recitazione o tuffarti nella regia?
Voglio continuare a fare quello che mi piace, che mi da serenità e mi fa felice. L’esperienza della web serie avrà senza dubbio un seguito.

Che tipo di personaggio ti piacerebbe interpretare?
Sono affascinato dai personaggi estremi, quelli con risvolti ed implicazioni insolite. Non nego che un tossicodipendente sarebbe una bella sfida. Nel mio ultimo film, Niente può fermarci diretto da Luigi Cecinelli, interpreto la parte di un ragazzo affetto dalla sindrome di Tourette. È stata una bella sfida e anche molto difficile perché ero alle preso non solo con un caso clinico ben specifico ed evidente, ma anche con un personaggio dall’interiorità molto variegata.

Katya Marletta