Il 2014 è stato un anno cruciale per quanto riguarda il ritorno al passato, sia dal punto di vista delle sonorità, sia per quanto riguarda il mercato della musica in generale. Sono innumerevoli le band che si sono affacciate al mainstream riproponendo un sound “old school”, contribuendo così alla ricomparsa di un prodotto che sembrava ormai estinto: il vinile. Grazie all’esigenza di riportare la qualità e la resa dell’analogico da parte degli artisti, il mercato del vinile sembra essere rinato, nonostante fosse considerato di nicchia fino a pochi anni fa.
A provarlo sono i numeri: l’Official Chart Company inglese ha dichiarato un aumento esponenziale delle vendite, il più alto dal ’96, anno in cui What’s The Story, Morning Glory degli Oasis toccò il milione di copie vendute. Nel 2014, dopo diciott’anni, i 33 giri sono tornati alla ribalta grazie a The Endless River dei Pink Floyd (6.000 copie vendute) e a Nothing Has Changed di David Bowie. L’ente britannico ha infatti deciso di divulgare una classifica degli LP: una notizia sorprendente data l’entità del mercato in questione che, nonostante gli enormi ostacoli, ha visto crescere il proprio fatturato da 3 milioni di sterline a 20 milioni nel giro di cinque anni.
Scavalcando l’oceano, la musica non cambia: nel 2014, il numero di 7 pollici venduti sul territorio statunitense ammonta a 8 milioni, registrando un aumento del 49% rispetto al 2013. Non è un caso che sempre più etichette, tra cui molte indipendenti, abbiano quasi debellato il compact disc per far spazio al vinile con relativo codice di download digitale. Ma il margine di crescita, secondo il Wall Street Journal, è destinato a diminuire: “Sugli scaffali dei negozi arrivano nuovi LP ogni settimana, ma i macchinari cigolanti che li hanno forgiati non fanno una messa a punto da decenni” .
Sempre secondo il Wall Street Journal, la crescita del mercato degli LP potrebbe rivelarsi una meteora a causa della poca disponibilità da parte dei produttori: “Negli Stati Uniti una sola azienda fornisce circa il 90 per cento del vinile grezzo necessario per stampare altri dischi”. Sembrerebbe dunque che la ribalta del vinile sia frenata non dalle etichette, bensì da chi ha il compito di stamparli. Ma tra gli appassionati l’attenzione è in continua crescita e la questione non sta passando inosservata.
C’è un gran fermento, soprattutto da parte di chi i dischi li pensa, li ristampa e li distribuisce: Discogs, la ormai ben nota piattaforma di ricerca e compravendita di LP (5 mila di dischi e cd venduti ogni giorno), si è dotata di recente di un nuovo servizio: VinylHub, che permette di trovare negozi fisici in giro per il mondo. Oltre alle sopra citate, spicca anche The Vinyl Factory, riferimento assoluto per tutti gli amanti del vinile, che ha pubblicato una serie di mappe interattive che fotografano la catena di distribuzione mondiale degli LP. Riguardano i luoghi di produzione (le pressing plant), le etichette discografiche e i punti vendita. Stando a queste mappe, risultano esserci solo 40 fabbriche di vinili in tutto il mondo.
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Proprio secondo Vinyl Factory, le sorti del mercato dei dischi in vinile sarà deciso nel corso del 2015, non dagli ascoltatori ma bensì dai produttori: “Quando accosti il numero piuttosto limitato di fabbriche al numero impressionante di label a livello mondiale, è facile intuire quale sia oggi la più grande sfida per la catena di distribuzione del vinile. Molte fabbriche, specie quelle più piccole o remote, non hanno sufficiente capacità tecnica (presse; vasche per il bagno galvanico) e personale per star dietro alla domanda, in special modo per rispettare le consegne durante eventi come il Record Store Day.”
Ryan Raffaelli, assistente dell’Harvard Business School specializzato nelle tecnologie riemergenti, afferma l’esatto contrario: “L’ago della bilancia saranno ancora una volta gli ascoltatori. L’unico modo per fare il salto è avere una domanda sufficiente”. D’altronde si tratta di semplici leggi di mercato, come per tutto il resto. Raffaelli sostiene fermamente che per mantenere vivo l’analogico, il supporto deve arrivare da chi nel vinile crede fermamente.
Nel frattempo, in Italia esiste un solo impianto di produzione: Phono Press, situato alle porte di Milano, si occupa della stampa di tutti i 7″ dello stivale. Il titolare Filippo De Fassi Negrelli, ha dichiarato le seguenti parole in un intervista a Rolling Stone: «All’inizio c’erano ritmi diversi. Ora, effettivamente, c’è un problema nella catena di distribuzione. E non è facilmente risolvibile perché questo settore ha delle fortissime barriere all’ingresso, sia in termini economici che di know how. E poi mancano i macchinari, che in giro non si trovano più».
Stando ai dati che abbiamo raccolto, possiamo dunque affermare che il mercato del vinile è giunto ad una svolta epocale, e il 2015 potrebbe essere l’anno della ribalta, o del totale fallimento: un equilibrio fragile fatto di domanda ed offerta, reso ancora più vacillante da una quasi totale mancanza di mezzi e di investitori. Intanto, sugli scaffali di tutto il mondo, i 33 giri si sono guadagnati uno spazio tale da catturare l’attenzione dell’ascoltatore medio, non tanto per la qualità del suono, bensì per il valore affettivo che un disco può acquisire: un oggetto di culto, quasi un feticcio, la cui estetica e sacralità potrebbe rivelarsi cruciale al fine di una resurrezione definitiva.
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