La non violenza sulle donne deve ancora essere ricordata e commemorata con una giornata mondiale. Il Vaticano riconduce il problema a una incapacità degli uomini nel riconoscere alle donne l’avvenuta emancipazione. Questo termine, “emancipazione”, è datato e poco rispondente al periodo storico che stiamo attraversando. Molte donne sono già affrancate a livello intellettuale, culturale e lavorativo. Non a caso, a capo dell’Interpol è stata da poco nominata una donna, Mireille Ballestrazzi. La questione si pone semmai a livello sostanziale ovvero nel mancato utilizzo di strumenti adeguati per evitare azioni non politicamente corrette nei loro confronti: dalla negazione delle capacità femminili nell’ambito lavorativo, alla mancanza delle tutele previste per le donne madri, al contrasto delle discriminazioni fondate sull’età, razza, diverse condizioni e status fino ad arrivare alla prevenzione di azioni violente che possono sfociare nel femminicidio. Oggi se ne parla con un’ondata di slogan e incentivazioni al fine di sensibilizzare in merito al problema. Tutto ciò è generato da distorsioni di ordine culturale. E’ evidente una mascolinizzazione della società che tende a considerare gli esseri umani come soggetti neutri o tendenti al “maschile”. Pensiamo alle primarie del PD, su cinque candidati una sola è donna. Sembra un mero calcolo quantitativo ma ciò è sintomatico perché relega la sfera femminile a quota residuale quando la fetta delle votanti donne è nettamente superiore a quella maschile. La circostanza che diverse donne di potere in Italia siano passate attraverso il “beneplacito” di uomini di potere evidenzia una logica deformante e poco emancipatoria. Non è tanto la scelta operata nei confronti di alcune di esse, spesso manchevoli sotto il profilo di adeguata preparazione o cultura ma la questione è il passaggio, l’esame, la prova, il giudizio positivo, l’assenso che deve essere espresso da un uomo su quella donna. Queste logiche sono costanti e diffuse in Italia più di quanto si pensi. Nelle ultime legislature, ed è cosa visibile, le modalità che hanno posto in essere alcune donne sono state rappresentate dall’utilizzo del proprio corpo come arma per poter dispiegare un “transito” verso il potere. Un doppio ostacolo dunque, da un lato la considerazione di una società mascolinizzata o tutt’al più neutra , dall’altro, donne che frenano di fatto le pari opportunità perché utilizzano strategie non contemplate né riconosciute da buona parte del femminile. Questi contrasti che si possono riassumere semplicisticamente nella mancanza di etica offrono mezzi scorretti agli uomini per poter ostracizzare anche quelle donne capaci che incarnano principi di civiltà, legalità, decoro e professionalità e con le quali, altrimenti, dovrebbero confrontarsi. Più comodo il confronto con donne non rappresentative della maggioranza della società o con soli uomini: essi, in genere, trovano sempre un conveniente punto di accordo. Se la storia delle donne insegna che il femminismo è sorpassato da un pezzo e se oggi il femminile si pone come parte e aspetto sostanziali delle differenze all’interno di ogni società, non solo non è possibile restarvi indifferenti ma urge un punto di svolta. E’ necessario rendere esecutive le leggi già approvate, si pensi alla creazione dei Comitati Unici di Garanzia all’interno delle P.A. come anche un riconoscimento di ordine culturale che non obblighi nuove studiose alla riscrittura di ogni Carta, Codice o Regolamento in chiave femminile proprio come Olympe de Gouges aveva fatto a cavallo della Rivoluzione francese con la pubblicazione de la ” Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”.